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31 marzo 2023

I film del Pre-Code al Palazzo delle Esposizioni

Roma, Palazzo delle Esposizioni
30 marzo 2023

UNA RASSEGNA SUL CINEMA USA «SENZA CENSURA» TRA IL 1930 E IL 1934

I famosi anni Trenta, intorno ai quali tanto si è favoleggiato, vuoi per la moda rivoluzionata, vuoi per il nuovo cinema che ha cominciato a spopolare, vuoi per una primissima idea di globalizzazione (ancora pacifica) che vedeva le distanze del pianeta accorciate dai voli aerei che divenivano sempre più frequenti e accessibili, non sono poi – come il termine fa pensare – gli anni che corrono dal 1930 al 1940, ma sono, per quanto riguarda l’eleganza degli abiti alla moda dei vari Adrian, Banton, Dior, quelli che vanno dal ’29 al ’36; per il cinema – il primo grande cinema di Hollywood esportato in quasi tutto il mondo – quelli che vanno dal ’28 al ‘34. Lasciando ora da parte la moda, che in questo tema entra come appendice al successo cinematografico delle dive della celluloide (da Greta Garbo a Marlene Dietrich, da Jean Harlow a Norma Shearer) concentriamoci sulla settima arte.

29 marzo 2023

«Amori e sapori nelle cucine del principe» di Roberto Cavosi

Roma, Teatro Quirino
28 marzo 2023

SI ALLUDE AL GATTOPARDO LITIGANDO SUI FAGIOLI

Due giorni fa mi è stato chiesto, da persona addetta ai lavori, quale criterio ci fosse per giudicare uno spettacolo. Pirandellianamente si potrebbe rispondere che i criteri sono uno, nessuno e centomila; tanto che il sottoscritto non saprebbe individuare né un barometro del buon gusto, né un metro di recitazione e nemmeno un contagocce per le sfumature registiche; una sola cosa è certa: mai l’ipotetico criterio di tizio per valutare un allestimento potrebbe essere simile a quello di caio. Ogni spettacolo, suppongo, andrebbe esaminato a sé, a cominciare dalla locandina che è la carta d’identità di ogni rappresentazione: e se il nome della produzione corrisponde a quello di un Teatro che annoveri la parola Stabile, o se l’egida si indentifica in un ente pubblico, magari Regionale (attenzione alle maiuscole), allora certamente il giudizio sarà più severo rispetto a uno spettacolo la cui produzione è sconosciuta oppur precaria. Sarà anche diverso il rigore del critico se la recita si svolge in un locale cosiddetto off, piuttosto che in un teatro tradizionale.

25 marzo 2023

«Le Nuvole» di Aristofane

Roma, Teatro Arcobaleno
24 marzo 2023

DA SEMPRE LA SATIRA SOCIALE È UN’ESIGENZA

Ha ragione Vincenzo Zingaro quando, nelle note di regia, accosta il mondo scenico di Aristofane a quello fumettistico di Walt Disney, sottolineando le affinità tra i personaggi dell’antica commedia attica e quelli dei cartoni animati. Probabilmente il paragone nasce perché il modo di rappresentare la realtà, nella maniera più verosimile e schietta e semplice e quindi comprensibile a tutti, è quella di parlare la lingua del popolo, usando le stesse boutade, le medesime volgarità, le ovvie scempiaggini. Tuttavia sul palcoscenico, che sia esso antico o moderno, ogni lazzo, ogni percossa, ogni scurrile oscenità ha bisogno di personaggi teatralmente surreali che possano giustificare simili esibizioni, esattamente come accade nei cartoon. Anzi, nello specifico viene in mente, il capolavoro di Zemeckis, «Chi ha incastrato Roger Rabbit», pellicola in cui il coniglio vive in perfetta simbiosi tra la realtà degli umani e la fantasia del fumetto.

23 marzo 2023

«Il soccombente» di Thomas Bernhard


Roma, Teatro Vascello
22 marzo 2023

VARIAZIONI TEATRALI PER PIANOFORTE E SUICIDIO

Può un’esecuzione al pianoforte uccidere una persona? Può una parola colpire a morte un amico? Ad ascoltare il racconto di Thomas Bernhard, una simile tragedia è possibile. L’opera musicale in questione è la BWV 988 di Johann S. Bach, conosciuta meglio col nome di Variazioni Goldberg; la parola è Il soccombente utilizzata come fosse un soprannome, che dà il titolo al romanzo-monologo (Adelphi, 1983), ridotto per il palcoscenico da Ruggero Cappuccio. In scena, una piramide luminosa, ispirata alla tomba di Maria Cristina d’Austria, fa da cornice funebre a un pianoforte a coda, simbolo del più alto valore artistico. Attorno tre personaggi, anzi forse uno soltanto, un narratore che racconta una storia, assai contorta e densa di sfumature psicologiche, di tre amici che insieme hanno condiviso un corso per pianoforte tenuto da Vladimir Horowitz a Salisburgo: uno è lui, unico sopravvissuto, l’altro è Wertheimer, il soccombente, e il terzo è Glenn Gould, il più eccelso virtuoso della tastiera del secolo scorso. Continueranno a frequentarsi anche in seguito e trascorreranno periodi insieme, a casa di Gould abituato a convivere ormai solo con Bach.

22 marzo 2023

«Il giardino dei ciliegi» di Anton Cechov

Roma, Sala Umberto
21 marzo 2023

FIRS, IL GRANDE ASSENTE

Tra le poche indicazioni che Anton Cechov scrive a proposito del Giardino dei ciliegi ce n’è una fondamentale, addirittura ripetuta dall’autore, il quale insiste nel considerare il suo ultimo lavoro teatrale (terminato nel 1903) una «commedia»; e tanto la sentiva ricca di spunti comici e umoristici da rifiutare ogni responsabilità nella messa in scena, cupa e malinconica, che Stanislavskij diresse per la prima rappresentazione del 17 gennaio 1904 al Teatro d’Arte di Mosca. L’ormai storica diatriba tra autore e regista si concluse, sei mesi dopo, per la scomparsa di Cechov, senza che nessuno dei due si fosse persuaso delle idee dell’altro. A noi resta, quindi, una doppia verità: con «Il giardino dei ciliegi» o ci si commuove o si ride; o forse i sentimenti si mescolano tra di loro durante le varie scene che si susseguono e che hanno come protagonisti personaggi assai buffi, che lo stesso autore descrive con sarcasmo e leggerezza. Eccetto due di loro: da una parte il vecchio Firs, servitore devoto, ormai antico, nato e cresciuto come servo della gleba, e dall’altro Trofimov, il giovane eterno studente, nato libero (ossia dopo il 1861, quando gli schiavi furono emancipati da Alessandro II), che detiene in sé la speranza della primavera sociale, della nuova vita, e dell’avvenire progressista («Dobbiamo soltanto lavorare», dice, per ottenere la vera indipendenza).

05 marzo 2023

«Aperitivi e colazioni» di Lucilla Lupaioli

Roma, Teatro Off/Off
4 marzo 2023

LE TENERE ANGOSCE DI UNA MADRE

C’era una volta una mamma che amava talmente tanto suo figlio che non riusciva a vedere nemmeno le sue paure. Un peccato di superbia, come le suggerisce la coscienza, che perseguita la povera madre ogni giorno di più, costringendola a vivere in una continua angoscia anche ora che quel «bambino» ha 18 anni e trascorre la giornata in camera, chiuso nel suo mondo immateriale, come un orso nella sua tana, da dove traspare soltanto rabbia e malumore. La delicatissima favola di Lucilla Lupaioli, ispirata alla novella giapponese «L’orso della luna crescente» ma con chiare influenze shakespeariane, pennella le inquiete ossessioni di una madre che vede crescere suo figlio sempre più distante da lei. E soffre, povera donna: soffre per lui e soffre soprattutto per gli errori che ha commesso da quando suo figlio è nato. Ma – e questo è il punto – di quali errori si tratta?

04 marzo 2023

«Il Turandot», da Carlo Gozzi

Roma, Teatro le Salette
3 marzo 2023

UNA FAVOLA EN TRAVESTI E A MEZZO BUSTO

La caratteristica principale dei componimenti di Carlo Gozzi (1720-1806, aristocratico scrittore veneziano, contemporaneo di Goldoni) è un sentimento di biasimo nei confronti di tutto ciò che è vero, autentico. Per Gozzi l’opera teatrale ha il compito di prendere gli spettatori per mano e portarli nel mondo delle favole, pieno naturalmente di colori e di effetti abbaglianti. Si racconta, infatti, che per l’allestimento delle sue rappresentazioni venivano ingaggiati abili fuochisti, incantatori e prestigiatori: tutti al servizio della meraviglia. Viene il sospetto che lo stesso Gozzi fosse cosciente della rozza arte dei suoi versi e dell’aridità della sua prosa. I soggetti delle commedie sono tutti ripresi dal teatro secentesco spagnolo e dalle favole narrate nel volume delle Mille e una notte. Proprio come la «Turandot» che Stefano Maria Palmitessa ha rispolverato in chiave assai grottesca trasformando il titolo al maschile: Il Turandot. E ovviamente nel ruolo protagonista è impegnato, en travesti, un giovane Pinco Pallino.

03 marzo 2023

«Il gabbiano» di Anton Cechov

 

Roma, Teatro Vascello
2 marzo 2023

LEONARDO LIDI PORTA IN PANCHINA UN GABBIANO SENZ’ANIMA

Le rappresentazioni teatrali dell’ultimo decennio ci hanno abituato a godere sempre meno della scenografia. La scelta di togliere prima il mobilio, poi i fondali, poi le quinte, fino a ridurre all’osso la messa in scena è conseguenza della miseria in cui versa il teatro. Obbiettivamente avere una scenografia significa accollarsi parecchi costi: per idearla, per costruirla, per trasportarla e per montarla e smontarla da un teatro all’altro. Motivo, questo, che spinge le produzioni anche a non stampare più le locandine, cosicché nelle piccole brochure (quando ci sono!) si viene a sapere chi è il regista, chi è il datore luci, chi è l’assistente, ma il nome del protagonista si confonde in un elenco di attori quasi mai individuabili. E che fatica, ieri sera, riuscire a reperire la sacrosanta distribuzione con la lista degli interpreti accanto ai personaggi!

02 marzo 2023

«Metropolis», di Fritz Lang

Roma, Teatro Ghione
1° marzo 2023

LA MUSICA DEI TREETOPS SPOSA L’ESPRESSIONISMO TEDESCO DI LANG

Il regista che aveva sopravvalutato il genere umano

Intorno al 1920, nella Germania impoverita dalla sconfitta della Grande Guerra, «Urschrei» fu il grido anarchico che annunciava un nuovo movimento artistico pronto a rompere gli schemi della tradizione per risollevare lo spirito della nazione, l’Espressionismo: forma d’arte che mirava ad allontanarsi dalla realtà, a staccarsi dalle cose terrene perché tutt’intorno v’erano soltanto macerie. Prima della parentesi bellica, però, il mondo artistico europeo s’era lasciato influenzare dal progresso meccanico in enorme fermento. Le emozioni che provocava nella gente l’invenzione dell’aeroplano (1906) spinse gli artisti di tutto il mondo a guardare il cielo con maggior confidenza. Da noi, in Italia, il Futurismo s’era impossessato, già da un decennio, delle ambizioni di molti megalomani. Così, subito dopo la Grande Guerra, che bloccò le industrie e l’economia delle nazioni più facoltose, nel vecchio Continente riprese immediato il desiderio di far volare la mente e la fantasia, ma soprattutto lo spirito verso un futuro lontano. Negli Stati Uniti, invece, c’era qualcuno che, da quelle innovative forme artistiche (il volo verso il cielo promosso dal Futurismo italiano, e il distacco dalle cose terrene dell’Espressionismo tedesco) già ne stava ricavando i frutti: a Manhattan si stavano costruendo i primi grattacieli. Il signor W. P. Chrysler nel 1921 aveva già in tasca alcuni progetti per il suo personale building più alto del mondo. Da noi, la visione di queste opere avveniristiche, all’epoca, ce le poteva offrire soltanto il pennello metafisico di De Chirico.

01 marzo 2023

«Festen» di T. Vinterberg, M. Rukov & B. H. Hansen

Roma, Sala Umberto
28 febbraio 2023

FESTEN, UN FILM IN PALCOSCENICO

Nel 1998 Festen, film del regista danese Thomas Vinterberg, vinse tra gli altri il Premio della Giuria al Festival di Cannes diventando in breve una delle pellicole più discusse di quel periodo grazie a una sceneggiatura che tocca e scardina l’argomento principe della nostra società: la famiglia. Alla festa per il sessantesimo compleanno di Helge Kligenfeldt, magnate delle acciaierie, Christian, il figlio maggiore, invitato dal genitore a fare un discorso, confessa pubblicamente, bicchiere alla mano, di essere stato vittima insieme con sua sorella di ripetuti e costanti abusi da parte del padre. L’orrore accadeva quando i due fratelli gemelli erano appena adolescenti, e si perpetuava anche di fronte agli occhi della madre silente. Da qui prende il via una vera e propria tragedia che, pur sfiorando a volte il grottesco, fende, con la decisione di un colpo d’ascia, i tabù più scomodi e drammatici del nostro tempo: il potere di un padre padrone esercitato sull’intero clan familiare, dove molti sanno ma nessuno parla. I due fratelli minori, gli unici che davvero non conoscono la verità, dopo aver ascoltato le parole di Christian, si ergono a paladini dell’onore paterno fino a quando una prova schiacciante ribalterà il loro verdetto.