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30 aprile 2023

Pre-Code: «Employees’ entrance» di Roy Del Ruth

Roma, Palazzo delle Esposizioni
29 aprile 2023

LA RIVOLUZIONE SOCIALE DELLE FLAPPER GIRLS

Sullo sfondo di Employees’ entrance (traduzione letterale, ingresso dipendenti; anche se in Italia fu presentato col titolo di «Guerra bianca») ci sono due importanti avvenimenti, uno storico e l’altro sociale. Roy Del Ruth, o forse sarebbe meglio indicare David Boehm, autore della commedia da cui il film è stato tratto, con grande abilità riesce a raccontare un’intrigante storia senza mai perdere di vista né le tensioni provocate dalla Grande depressione, argomento che resta costantemente in agguato pur non travalicando il soggetto cinematografico, né il fenomeno dell’emancipazione femminile che contrasta fortemente con l’atteggiamento maschilista di Kurt Anderson, il protagonista, un insolente arrampicatore magnificamente interpretato da Warren William. Il quale si prende la libertà di dire, incrociando Polly (la deliziosa Alice White): «Scusa, non ti avevo riconosciuta con i vestiti addosso».

29 aprile 2023

Pre-Code: «Little Cesar» di Mervyn LeRoy

Roma, Palazzo delle Esposizioni
28 aprile 2023

LEROY PORTA SUL GRANDE SCHERMO IL PRIMO BOSS CON LE GHETTE

Terza pellicola firmata da Mervyn LeRoy presentata al cinema Pre-Code, Little Caesar, più che un «Piccolo Cesare» è un piccolo capolavoro: non soltanto perché apre la serie dei film ispirati alla figura di Al Capone (di cui già abbiamo visto in apertura di rassegna «Scarface, lo sfregiato» di Howard Hawks), ma anche per l’avvincente trama che si sviluppa con ritmo serrato e mai ovvio, e soprattutto per la magnifica interpretazione di Edward G. Robinson, un ometto basso e tarchiato, con muso da ceffo poco affidabile e sguardo da duro. Molti lo ricorderanno ne «La donna del ritratto» di Fritz Lang, o nello «Straniero» al fianco di Orson Welles. L’attore, già esperto di personaggi dediti al banditismo americano dei ruggenti anni Venti, qui è nelle vesti del boss dei boss, l’unico che riuscì a mettere a soqquadro un’intera città e a tenere sotto scacco i capi delle bande rivali e la polizia di Chicago. L’inizio è molto simile a quello di «Scarface» (che è dell’anno successivo) e mostra un giovane dal grilletto facile deciso a tentare la scalata nell’ambiente della mala. Con lui c’è il suo migliore amico Joe (Douglas Fairbanks Jr., figlio del mitico Douglas, primo Zorro del cinema, primo D’Artagnan, primo Robin Hood, primo Ladro di Bagdad), bellissimo, elegante nei modi, delicato, amante della danza e delle donne, che lo segue nei primi colpi, ma poi, innamoratosi e soddisfatto del proprio lavoro di ballerino, lo abbandona.

28 aprile 2023

«Spose» di Fabio Bussotti

Roma, Teatro Off/Off
27 aprile 2023

ELIZA E MARCELA, SPOSATE NEL 1901. E MAI SEPARATE

Quando Eliza Loriga e Marcela Gràcia convolarono a nozze, l’8 febbraio 1901, in terra basca, Jorge Louis Borges aveva meno di un anno. Eppure il racconto del matrimonio del secolo, scritto da Fabio Bussotti, sembra aver origine proprio dalla penna di Borges, il quale, nei primi anni Venti, soggiornò più volte in Spagna, collaborando, in giovanissima età, per alcune riviste letterarie. La storia è narrata dalle protagoniste che accettano di farsi intervistare da un giornalista, uno che «pare un cretino» arrivato da Buenos Aires, ma che in realtà, già a 20 anni, era uno degli uomini più colti del secolo. Borges è lì, di fronte a loro, forse in mezzo al pubblico; e grazie a lui, noi veniamo a sapere che per la prima volta nel millennio scorso furono celebrate nozze tra persone dello stesso sesso.

27 aprile 2023

Pre-Code: «Night nurse» di William A. Wellman

Roma, Palazzo delle Esposizioni
26 aprile 2023

STANWYCK, OTTIMA DETECTIVE IN UN FILM MEDIOCRE

Per la prima volta, dopo 12 film visti alla Rassegna del Cinema Pre-Code, si lascia il Palazzo delle Esposizioni, con molte perplessità sulla proiezione. Night nurse (letteralmente, l’infermiera di notte, anche se Italia uscì col titolo «L’angelo bianco»), nonostante mostri una delle migliori interpretazioni della giovane Barbara Stanwyck, appare nel complesso molto slegato e disordinato: composto, infatti, da due storie separate che faticano a equilibrarsi l’una con l’altra. Tratto dall’omonimo romanzo di Grace Perkins, la pellicola diretta da William A. Wellman mantiene la struttura di una pièce teatrale scritta in due atti ben distinti, sia per scena che per trama.

25 aprile 2023

«Il sol dell’avvenire», di Nanni Moretti

Roma, Sala Caravaggio
24 aprile 2023

TOGLIATTI RISCRITTO DA «GIOVANNI» PIACE DI PIÙ

«La storia non si fa con i se», ossia anteponendo condizioni ipotetiche alla cronaca dei fatti, ma non si fa nemmeno con le speranze, come invece è accaduto spesso nell’Italia del Dopoguerra, e non si fa neanche con le false illusioni come si tentò prima del Secondo conflitto. Nanni Moretti, però, sa bene che lui non è un professore e non sta scrivendo un libro di storia, ma sta girando un film, dove la sceneggiatura, non essendo un saggio di Hegel, ha il vantaggio di poter essere modificata in ogni momento, seguendo capricci e umori dell’autore. Soltanto con queste premesse, che un cineasta ben conosce, è possibile comprendere quanto sia lecito nell’arte cinematografica cambiare il corso della storia e illudersi di farla più bella, o forse migliore.

24 aprile 2023

Pre-Code: «Gold diggers of 1933» di Mervyn LeRoy

Roma, Palazzo delle Esposizioni
23 aprile 2023

LE MAGIE DI BERKELEY INCANTANO IL MONDO

Mervyn LeRoy firma la terza pellicola della serie dedicata alle gold diggers. Anticamente tale espressione inglese fu coniata per indicare i cercatori d’oro, ma verso la fine del XIX secolo fu presa in prestito ai giacimenti dell’ovest per essere adottata alle ragazze che sposando un uomo ricco trovavano la loro personale miniera d’oro. Per traslazione (e nemmeno troppa) il vocabolo fu comunemente associato alle ballerine degli spettacoli di rivista, delle commedie musicali, di quel genere teatrale leggero e godereccio frequentato da ricchi signori attempati in cerca di facili avventure. Questo è quel che si diceva un tempo, quando obbiettivamente molte fanciulle, dopo un’infanzia disagiata e faticosa, raggiungevano la città e attraverso il palcoscenico riuscivano a ribaltare (non per questo, però, il proscenio si chiama anche ribalta!) la malasorte in fortuna.

22 aprile 2023

«La sorella di Gesucristo» di Oscar de Summa

Roma, Teatro Basilica
21 aprile 2023

VA IN SCENA IL RADIODRAMMA DI MARIA

Una ragazza, la sorella di Gesucristo, prende in mano una pistola e attraversa il paese per andare a sparare l’uomo che la sera precedente, il Venerdì Santo della Passione, l’ha violentata. Lei si chiama Maria, ed è la sorella del giovane che, durante la processione che precede la Pasqua, porta la Croce in spalla. In effetti abbiamo detto già tutto e anche i contrasti narrativi già dovrebbero essere abbastanza chiari. Ciò che arricchisce la storia, scritta e rappresentata da Oscar de Summa, è condimento. Maria, infatti, da quando prende l’arma a quando spara, non pronuncia mai una parola: sempre chiusa nel suo dolore, nella sua angoscia, nella sua decisione di vendicare la violenza subita con altra violenza. La marcia di Maria, fredda e concentrata, è inarrestabile e lei non si cura di quel che le accade intorno, degli atteggiamenti dei suoi compaesani (siamo ad Erchie, piccolo centro nella piana tra Taranto, Brindisi e Lecce) che potrebbero pure non esistere, e per lei non esiste nessun altro che il suo aguzzino e la Smith & Wesson che impugna, carica di proiettili.

21 aprile 2023

«Guardare il soffitto» di Giulia Francia

Roma, Fortezza est
20 aprile 2023

LE PERSONALITÀ DI GIULIA

A un certo punto del monologo, anche alla stessa Giulia Francia, forse più nelle vesti di interprete che di autrice, viene il sospetto che la sua performance possa essere «uno spettacolino». Troppo breve, troppo veloce: caratteristiche che non sempre giovano, soprattutto se si accompagnano a una regia piuttosto scarna (che non vuol dire essenziale). E siccome, parla per bocca di un personaggio, il quale non avrebbe motivo di raccontar frottole alla mano che ha scritto il testo, lo dice chiaramente davanti al pubblico testimone della ramanzina, come se volesse fare una tiratina d’orecchie alla scrittrice, avendo avuto la sensazione che, magari, essa avrebbe potuto scrivere qualcosa in più, per regalare maggiore soddisfazione agli spettatori, per appagare l’orgoglio dell’attrice e per far vivere più a lungo il suo personaggio di donna sola e infelice, ma simpatica e soprattutto intelligente e spiritosa.

20 aprile 2023

Pre-Code: «I am a fugitive from a chain gang» di Mervyn LeRoy

Roma, Palazzo delle Esposizioni
19 aprile 2023

EVASO DALLA CRUDELE INCIVILTÀ DELLE ISTITUZIONI

Io sono un evaso è il titolo con il quale la pellicola fu distribuita in Italia nel 1934, ed è la traduzione letterale della prima parte dell’originale: I am a fugitive from a chain gang, film imperdibile. Giustamente la casa di distribuzione nostrana ha preferito omettere il seguito per semplificare lo strillo di richiamo di un titolo e perché da noi la «gang della catena» non esisteva e soltanto in pochi all’epoca potevano immaginare cosa significasse fuggire dalla chain gang. Con questa espressione gergale si usava indicare quel gruppo di carcerati, i quali erano uniti tra loro da una grossa catena che scorreva in un anello di ferro che ciascun prigioniero aveva attaccato ai tredici anelli fissati alle cavigliere. Così erano condannati ai lavori forzati i galeotti negli Stati Uniti d’America ad inizio secolo: costantemente legati a gruppi formati da circa venti persone, anche di notte per dormire, di mattina per mangiare, per salire poi sui camion e raggiungere le cave di pietra. Soltanto lì venivano «liberati» e controllati a vista da guardie dal grilletto facile, e comunque mantenevano sempre le caviglie ancorate fra loro, condizione che li costringeva a camminare a piccoli passi. Nel 1932, quando il film uscì negli Usa, erano già molti gli stati che avevano abolito questo tipo di detenzione, ma ancora al sud le carceri praticavano simile sconcertante metodo punitivo.

19 aprile 2023

«Così è (se vi pare)» di Luigi Pirandello

Pino Micol e Milena Vukotic

Roma, Teatro Quirino
18 aprile 2023

LA VERITÀ OSSERVATA DAL CANNOCCHIALE DI FILENO

All’aprirsi della tela, una registrazione sonora introduce il pubblico nella «stanza della tortura», quella dove Luigi Pirandello, ogni domenica mattina, per cinque ore, dava udienza ai personaggi delle sue future novelle. È la voce di Geppy Gleijeses (qui in veste di regista) che legge alcuni passi della Tragedia di un personaggio, novella tra le più conosciute dello scrittore siciliano, la stessa che annuncia la nascita dei Sei personaggi. La breve introduzione serve a rinfrescare la memoria del pubblico sulla filosofia del lontano di cui un certo dottor Fileno (uno dei tanti personaggi che approfittano della sopportazione di Pirandello per perorare la sua causa ed essere quindi rappresentato e reso immortale grazie alle capacità dello scrittore) si dice esserne l’autore. La filosofia del lontano non è altro che l’astuzia di riuscire a spiare la vita attraverso il foro di un cannocchiale rivoltato: ossia dalla parte della lente più grande, in modo che tutto il visibile appaia lontanissimo, cioè distante nel tempo, che sia esso passato o futuro. Un escamotage, pirandelliano, per non vivere il presente nel momento stesso in cui consiste, ma un trucco per poterne osservare meglio o le cause o gli effetti.

18 aprile 2023

Pre-Code: «The bitter tea of general Yen» di Frank Capra

Roma, Palazzo delle Esposizioni
16 aprile 2023

IL GENERALE SFIDA LA BANDIERA AMERICANA

Quando Frank Capra chiamò Barbara Stanwyck, per il ruolo di Megan Davis in The bitter tea of general Yen (L’amaro tè del generale Yen), era già la terza volta che regista e attrice lavoravano insieme, eppure la partecipazione di una delle star più affermate e acclamate dal pubblico di tutto il mondo non parve destare troppi entusiasmi, tant’è che i due si ritrovarono successivamente soltanto sul set di «John Doe» nel 1941. La pellicola sulla storia del generale Yen non ebbe grandissimo riscontro al botteghino e fu presto accantonata. Fu riscoperta e valorizzata molti anni dopo. Ciò accadde perché commercialmente all’epoca si puntò sul fascino e sulla popolarità della protagonista che invece deluse le aspettative di milioni di spettatori. D’altronde l’industria cinematografica, ancora oggi, funziona così!

17 aprile 2023

Pre-Code: «Blonde crazy» di Roy Del Ruth

Roma, Palazzo delle Esposizioni
15 aprile 2023

PER AGGIRARE LA CENSURA MEGLIO IL FURTO COL SORRISO

Blonde crazy del 1931 non è soltanto una «bionda pazza», ma una deliziosa mademoiselle (Anne) astuta, intelligente, simpatica, onesta malgrado si accompagni a un ragazzaccio scapestrato (Bert), abilissimo nel recuperare cinquemila dollari in un pomeriggio, ma incapace di afferrare il momento propizio per dichiarare il suo sentimento alla bionda. Lui è James Cagney, cameriere d’albergo con velleità di truffatore, lei è Joan Blondell, bionda di nome (nome d’arte, naturalmente) e di fatto. L’azione si svolge sempre nell’albergo principale delle varie città dove i protagonisti agiscono per mettere a segno i loro colpi truffaldini ai danni dei malcapitati. Quando però si ritrovano di fronte a un furfante di professione le cose cambiano. Costui, Dan, un elegantissimo Louis Calhern, con cappello a cilindro e altra bionda al seguito (sono gli anni in cui Jean Harlow impazza), con la scusa di voler addestrare l’ex bell-boy ancora alle prime armi, lo ripulisce di tutti i suoi risparmi. Bert è un imbroglione volenteroso, ma anche troppo impegnato a corteggiare le bionde, e si lascia facilmente abbindolare. Anne, invece, da integerrima mademoiselle, va con prudenza trasformandosi in arguta socia d’affari (loschi), sfoderando anche un codice etico di tutto rispetto: truffare sì, ma rubare mai! E visto che ora il suo amico si trova in difficoltà organizza lei, per lui, una vendetta ai danni di Dan coi controfiocchi. È bionda, sì, ma anche pazza, e pazza nel senso migliore, per cui capisce che fare gli occhi dolci a un astuto vegliardo sarà l’arma migliore per farlo abboccare all’amo.

15 aprile 2023

Pre-Code: «Red dust» di Victor Fleming

Roma, Palazzo delle Esposizioni
14 aprile 2023

L’ELEGANZA DI ADRIAN NELLA FORESTA TROPICALE ESALTA LA MAGIA DEL CINEMA

Un signore amico, scomparso ormai da tempo, tra i suoi ricordi più assidui, amava associare i momenti di maggior spensieratezza adolescenziale, a quando sua madre, poco prima della mezzanotte, lo sollecitava ad uscire per andare a vedere l’ultimo spettacolo alla Sala Aurora, un cinema di Napoli, a Chiaia. Era il periodo immediatamente precedente alle tensioni politiche che poco dopo avrebbero portato l’Italia alla Seconda guerra mondiale. Andare a cinema – diceva – significava sognare, significava scoprire quel mondo di cui tanto si parlava ma che soltanto pochissimi avevano visto realmente. E ad ogni proiezione, quel brillante cosmo in bianco e nero si apriva su uno scenario diverso, ma i sogni si ripetevano pressoché identici. Attraverso quei film, uomini e donne conoscevano la nuova eleganza del saper vestire: gli uni anche come tagliarsi i capelli; le altre, le acconciature stravaganti, i cappellini frivoli. I ragazzi più grandi rubavano agli attori di Hollywood degli anni Trenta le movenze e gli atteggiamenti che avrebbero arricchito il loro bagaglio da dongiovanni. Dallo schermo qualcuno più sfacciato apprendeva la posizione più «appassionata» per abbracciare e baciare una ragazza. E le giovani fanciulle sostituivano le smorfie nostrane con quelle delle dive. Insomma, a quell’epoca, un film rappresentava molto di più del semplice svago proposto con la domanda: «Andiamo al cinema?».

14 aprile 2023

«Caligola» di Albert Camus

L’essere e il... ventaglio!

Roma, Teatro Ghione
13 aprile 2023

L’ESISTENZIALISMO DI DUCCILLI TRA I VENTAGLI COLORATI

Carmelo Bene aveva 22 anni quando interpretò il personaggio di Caligola scritto da Albert Camus. Era il 1959 e (racconta nella sua biografia) per ottenere i diritti di rappresentazione dovette incontrare personalmente l’autore che aveva ritirato la commedia dopo aver visto una disastrosa rappresentazione nel 1947, interpretata niente di meno che da Renzo Ricci e diretta dal venticinquenne Giorgio Strehler che recitava nella parte di Scipione. Pare che Camus, non riconoscendo in quell’allestimento le intenzioni di scrittura, si fosse talmente infuriato da togliere ogni autorizzazione; persino a Laurence Olivier che aveva richiesto il copione proprio in quello stesso periodo.

13 aprile 2023

Pre-Code: «Afraid to talk» di Edward L. Cahn

Roma, Palazzo delle Esposizioni
12 aprile 2023

IL «SISTEMA» IMPONE IL SILENZIO

Non c’è notizia di una versione tradotta in italiano di Afraid to talk, e allora avventuriamoci in un semplice gioco di traduzione, molto indicativo per comprendere l’operazione cinematografica. Nel nostro idioma il titolo della pellicola di Edward L. Cahn sarebbe «paura di parlare» (neanche tanto male, e sembrerebbe perfino inedito!), un timore che però nel film è appena accennato, ma se voltiamo in italiano anche il titolo della commedia di Albert Maltz e George Sklar, da cui il lungometraggio è tratto, allora tutto torna: letteralmente «Marry-go-round» significa «la giostra»: nel linguaggio che meglio s’adatta all’ambientazione del dramma si dovrebbe preferire il termine «il sistema», parola comune ai clan della malavita. Quindi se si tratta di un sistema assai sporco, si capisce bene perché qualcuno abbia paura di parlare e preferisce il silenzio.

12 aprile 2023

Pre-Code: «Freaks» di Tod Browning

Roma, Palazzo delle Esposizioni
11 aprile 2023

GLI «SCARAFAGGI» CHE ESIBIRONO LE LORO MOSTRUOSITÀ

In meno di un anno Tod Browning, dalle stelle, cadde nelle stalle, anzi molto più giù. Nel 1931 diresse Bela Lugosi in «Dracula», cult dell’horror, che in poche settimane s’impose per un lungo periodo nelle classifiche degli incassi al botteghino; non solo, fu anche, sin da subito, osannato dalla critica. Il conte dai canini succhiasangue, mostro mantellato delle tenebre, colui che ha terrorizzato generazioni di adolescenti (e anche di molti adulti), nato dalla penna di Bram Stoker, divenne un’icona cinematografica grazie all’estro del suo regista. Alla MGM compresero che le storie che avevano come protagonisti i mostri potevano essere molto vantaggiose, e concessero a Browning il nulla osta per girare una seconda pellicola dove altri mostri si sarebbero esibiti in un circo. Questi però, benché fossero anche loro personaggi di un racconto («Spurs» di Tod Robbins), non erano creazioni della fantasia di un autore, ma esseri reali e il romanzo era soltanto il pretesto per ricavarne una trama.

11 aprile 2023

Fondazione Franco Zeffirelli

Franco Zeffirelli con Maria Callas (© Gettyimages)
Firenze,
7 aprile 2023

IL GENIO DI FRANCO ZEFFIRELLI IN UN MUSEO NEL CUORE DELLA SUA FIRENZE

Passando davanti a un abito indossato da Maria Callas e scivolando accanto a una fotografia che ritrae il Maestro con Laurence Olivier, dopo essersi soffermato a leggere i nomi di Anna Magnani, Elizabeth Taylor, Jeremy Irons, e infinite stelle del firmamento dello spettacolo del Novecento, il visitatore non può non incantarsi all’improvviso di fronte al ritratto di Gesù. Un olio, 60x46, del volto di Cristo martoriato dalla corona di spine con una tunica color granata, sguardo che s’allunga oltre la vita. Il quadro è esposto nella sala dedicata al «Gesù di Nazareth», pellicola del 1977, ma le pennellate assai cupe e piene di dolcezza lasciate sul cartoncino non raccontano il film, non fanno parte dei bozzetti di scena, né suggeriscono inquadrature della macchina da presa. Fermano piuttosto l’idea che, nel suo immaginario artistico, Franco Zeffirelli aveva di Cristo. Una profonda visione della vita che forse riserva «interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete», come il poeta ci insegna.

06 aprile 2023

Pre-Code: «She done him wrong» di Lowell Sherman

Roma, Palazzo delle Esposizioni
5 aprile 2023

«UN RAGAZZO TANTO DOTATO DOVREBBE TENERSI SEMPRE IN ESERCIZIO»

Arriva in carrozza con un cappello sormontato da un cespuglio di piume, sotto il quale sfoggia uno sguardo fiero da diva ammaliatrice; anche il parasole chic sembra essere proporzionato alle sue forme. Fasciata in un vestito di velo contornato di raso nero che esalta le curve dei fianchi, con passo deciso, da altera generalessa, ma certamente un po’ sciantosa, le si legge negli occhi che avrebbe un gran desiderio di sfogare la sua esuberante femminilità con la classica «mossa» delle canzonettiste partenopee della sua epoca, ma si trattiene, Mae West: non scende a patti con le «cattive abitudini» portate dagli emigranti italiani che ai primi del Novecento partivano da Santa Lucia per sbarcare a Brooklyn; lei, nata in quel quartiere, resta americana dalla testa ai piedi, ricoperta di diamanti, biondissima, eppure forse da quelle influenze nostrane sembra aver assimilato la spudoratezza della battuta sagace. In She done him wrong (titolo che significa «Lei gli ha fatto del male», ma che in Italia è stato cambiato in «Lady Lou», dal nome del personaggio principale), pellicola del 1933, appena alla sua seconda apparizione cinematografica, sembra prendere di petto (ne ha la quantità e la qualità per poterlo fare con nonchalance!) le regole dettate da Will H. Hays per beffarsi delle imminenti rigidità moralistiche sin dalla prima frase.

05 aprile 2023

«The matinee idol», di Frank Capra

Roma, Palazzo delle Esposizioni
4 aprile 2024

BESSIE E DON COINVOLTI DAGLI EQUIVOCI E DAL BUON GUSTO

Prima che in sala le luci si siano spente, Emanuele Rauco, critico cinematografico, tra le altre primizie, ha informato il pubblico che Il teatro di Minnie, o «L’idolo delle matinée» (traduzione letterale dell’originale The matinée idol) fa parte di un ciclo precedente alle più note pellicole girate da Frank Capra; riconoscibile qui soltanto per determinati aspetti: il ritmo, per esempio. In effetti è vero, ma quel che risulta ancora più evidente, rispetto ai più famosi capolavori (Accadde una notte, La vita è meravigliosa, Arsenico e vecchi merletti) è l’arte della delicatezza, la leggerezza del garbo, la squisitezza costante del buon gusto. Sarà forse perché è privo di parole e l’attenzione dello spettatore è tutta concentrata sul senso della vista? Può darsi. Soltanto in qualche opera di Chaplin si nota la stessa raffinata gentilezza nel manovrare la macchina da presa e nel dirigere gli attori.

04 aprile 2023

Pre-Code: «Trouble in paradise» di Ernst Lubitsch

Roma, Palazzo delle Esposizioni
2 aprile 2023

UN SOFISTICATO PARADISO DISEGNATO DA LUBITSCH E BANTON

Un raffinato intrigo di abilissimi ladri, in una cornice molto ricca ed elegantissima nella quale «quelli dell’alta società non vanno mai in galera». È la frase incriminata: quella su cui poi, nel 1934, s’è abbattuta la mannaia della censura firmata Hays. Se da noi in ogni tribunale è evidenziato il motto «la legge è uguale per tutti», a Washington, sul palazzo della Corte suprema degli Stati Uniti, è inciso «Equal justice under law» che esprime, grosso modo, lo stesso concetto. Ma – guarda caso – questa scritta fu aggiunta nel 1932, lo stesso anno dell’uscita del film che Ernst Lubitsch girò appena comprese che il Codice Hays avrebbe coperto ancor di più le alleanze tra potere giudiziario e potere economico. Certamente non è stata un’opera cinematografica che ha convinto il presidente della Corte suprema Charles Evans Hughes e il giudice Willis Van Devanter ad approvare l’iscrizione, ma sia la pellicola che l’epigrafe sono il frutto di un radicale cambiamento del clima sociale; una neanche troppo soffusa ribellione popolare (ricordiamoci del crollo di Wall Street dell’ottobre 1929 e delle successive tensioni cittadine) che a Hollywood fu recepita come un’occasione da prendere al volo per sottolineare le ingiustizie commesse dalle autorità, mentre a Washington gli stessi trambusti venivano avvertiti come un pericolo a cui porre almeno un apparente rimedio.

03 aprile 2023

Pre-Code: «Scarface» di Howard Hawks

Roma, Palazzo delle Esposizioni
30 marzo 2023

LA DENUNCIA è CHIARA: «SCARFACE» È AL CAPONE

Al nome di Scarface, nel nostro immaginario cinefilo, s’accende immediatamente la luce su Al Pacino e su Brian De Palma che, con la sceneggiatura di Oliver Stone, realizzarono una delle pellicole più acclamate del secondo Novecento (1983, per la precisione). Così molti di noi identificarono i connotati di uno dei più riusciti e temibili criminali cinematografici: di origini cubane, gestiva senza scrupoli il traffico di stupefacenti in una Miami diventata la piazza di riferimento per il cartello sudamericano della droga.

01 aprile 2023

«La pace non è mai un’opzione» di Emanuele Aldrovandi

Sara Putignano e Marco Quaglia

Roma, Teatro Argot
31 marzo 2023

LA PACE È SOLTANTO UN OPTIONAL PER GLI AMANTI DEL LITIGIO

Bella sorpresa all’Argot: La pace non è mai un’opzione è, tra quelli visti, uno degli spettacoli più interessanti e brillanti della stagione. Ottimamente interpretato, confezionato da una regia semplice e impeccabile, ma soprattutto sorretto dal sagace testo di Emanuele Aldrovandi che sembra aver seguito «indicazioni» e «suggerimenti» di tutti coloro che oggi conservano la pazienza di dividere il proprio letto con la persona che si ama. Che sia essa una compagnia a lungo termine o a più breve scadenza, fa lo stesso: il tempo non cambia le dinamiche del rapporto conflittuale che si instaura. Sicuramente, però, la «toccata e fuga» resta la miglior opportunità per non rovinare la magia di un incontro. Tuttavia quasi tutti noi siamo portati a reiterare i nostri errori, pertanto, si spera sempre che «stavolta andrà bene».