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29 ottobre 2025

«Re Chicchinella» di Emma Dante (da G. B. Basile)

© Masiar Pasquali

Roma, Teatro Argentina
28 ottobre 2025

LA DANZA DELL’IRONIA INTORNO ALLE DOGLIE DI CARLO III

Nella prefazione al Pentamerone (ed. 1925), Benedetto Croce scrive: «L’Italia possiede nel Cunto de li cunti del Basile il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari. … Eppure l’Italia è come se non possedesse quel libro, perché scritto in un antico e non facile dialetto.» Ed è vero, la raccolta secentesca delle fiabe di Giambattista Basile, fino all’inizio del XX secolo, è stata presa in considerazione soltanto all’estero, dove i lettori potevano godere delle traduzioni eseguite nella loro lingua: i fratelli Grimm ne beneficiarono non poco. Soltanto da qualche decennio circolano anche da noi traduzioni in un napoletano più comprensibile e facile da leggere. Cosicché, dopo la memorabile rappresentazione de La gatta Cenerentola di De Simone (1976), le storie del Pentamerone, che nelle intenzioni dell’autore voleva emulare, in nuce, l’esperienza letteraria del Boccaccio, hanno cominciato a circolare più agevolmente, tanto da indurre registi di cinema e di teatro ad abbeverarsi a questa copiosa fonte.

27 ottobre 2025

«Idillio. Leopardi e la luna», di Luigi Moretti

«Idillio. Leopardi e la luna», di Luigi Moretti

Roma, Teatro Tordinona
26 ottobre 2025

NEL «CANTO DEL PASTORE ERRANTE», TUTTA LA RABBIA DEL POETA

«Cara Luna, io so che tu puoi parlare e rispondere…» Si tratta dell’incipit del Dialogo della Terra e della Luna che fa parte delle Operette morali, e sul quale si avvolge l’Idillio ideato da Luigi Moretti: un intrattenimento in versi e prosa sulla poetica lunare di Giacomo Leopardi; un’analisi appassionata sul profondo rapporto di studio e amore, di mistero e devozione tra Leopardi e la luna; ma soprattutto, un intimo dialogo costruito con le parole del poeta recanatese, e con quel suo «potere di comunicare – attraverso l’immaginifica luna, scrive Calvino – una sensazione di levità, di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo».

26 ottobre 2025

«Eigengrau», di Penelope Skinner (regia, F. Le Pera)

«Eigengrau», di Penelope Skinner, regia di F. Le Pera

Roma, Teatro Belli
25 ottobre 2025

QUEL GRIGIORE CHE SI ADAGIA SULLA FIDUCIA DELLA GIOVENTÙ

Eigengrau è il colore delle nuove generazioni, che meglio s’intona al loro modo di esprimersi, di divertirsi, di colorare le loro emozioni. In tedesco significa «grigio proprio», ed è una tonalità appena più chiara dell’oscurità, quella nella quale vivono tanti ragazzi. Penelope Skinner (mi è già capitato di vedere l’allestimento di qualche suo lavoro) è autrice inglese molto attenta ai giovani: non ha ancora 50 anni, ma osserva con occhio scrupoloso l’esistenza e il modus vivendi di chi è cresciuto dopo di lei. In «Eigengrau» presenta quattro personaggi: Mark, Chessie, Rose e Tom, due uomini e due donne. Ognuno rappresenta un differente carattere, ognuno si porta dentro qualche silenzioso trauma infantile, ognuno espone timidamente le proprie paure. Il risultato è che, quando si trovano uno di fronte all’altro, ciascuno pensa alla propria difesa, ma nessuno sa come condurre il gioco. E quando accade che bisogna sferrare un attacco per cominciare una relazione, amichevole o amorosa, non esiste altra possibilità che il disastro.

25 ottobre 2025

«Frankenstein_dipstych», by Motus

Roma, Teatro Vascello
24 ottobre 2025

«CHE TERRIBILE NOTTE!»

Nelle esili cantinelle, il mondo artigianale del teatro

Rubo direttamente a Frankenstein la battuta per titolare questa esperienza vissuta al Vascello che ho raggiunto per assistere al dittico dedicato al mostro ideato da Mary Shelley e messo in scena, per Romaeuropa Festival, dalla compagnia Motus di Daniela Nicolò & Enrico Casagrande. In Frankenstein_dipstych si riflettono l’uno nell’altro due spettacoli: alla storia d’amore (love story), tra la scrittrice e la sua creatura, s’oppone il capitolo dell’odio (history of hate) perché l’orrore alimenta l’odio; e quando il mostro scopre l’orrore su se stesso tutto e tutti diventano bersagli di odio. Parola oggi abusata come sinonimo bellico che sta per distruzione, mentre invece letterariamente l’odio sarebbe la non creazione, ossia il contrario dell’opera di uno scrittore. E questo vuol essere il senso del dittico: l’opera dello scrittore è creazione, quindi amore; e la creatura nata dalla penna d’amore non morirà mai. Ma ogni creatura, pur se nasce innocente, viene messa alla prova dal mondo malvagio e così il bene dell’infanzia e il calore degli affetti si trasformano in odio.

24 ottobre 2025

«Anno Omega», di Maria Letizia Avato (regia, M. Belocchi)

«Anno Omega», di Maria Letizia Avato

Roma, Teatro di Documenti
23 ottobre 2025

FELICE DI POTER DIRE LA VERITÀ A DIO

Marco Belocchi sceglie la sala del teatro dei Documenti per rappresentare i due brevi atti unici di Maria Letizia Avato, entrambi tratti da racconti della stessa autrice, e legati a un unico tema, indicato nel sottotitolo: Quando tutto ebbe inizio. Il tutto si riferisce alla vita, prendendo spunto dalla creazione di Dio, e cercando di tornare alle origini di un Amore puro, «necessario come il pane» (dice il poeta), e protetto dalla benedizione della Poesia. Ma siccome dalla settimana dedicata alla Genesi, secondo la tradizione biblica, ogni cosa è già avvenuta, prima di tornare al punto di partenza, occorre chiudere questo ciclo vitale che ci compete, perché evidentemente è sfuggito dalle mani del Creatore e il male regna ormai ovunque: così Anno Omega segna il momento della fine. Dio, nel libro dell’Apocalisse, si definisce l’alfa e l’omega, prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, ossia il principio e la fine.

23 ottobre 2025

«L’importanza di chiamarsi Ernesto», di Oscar Wilde (regia, G. Gleijeses)

«L’importanza di chiamarsi Ernesto», di Oscar Wilde (regia, G. Gleijeses)

Roma, Teatro Sala Umberto
22 ottobre 2025

«TUTTO FUMO E NIENTE ARROSTO», DISSE G. B. SHAW

Geppy Gleijeses ricorda nelle note di regia che L’importanza di chiamarsi Ernesto è stata definita da critici autorevoli «la commedia perfetta». Giusto rammentarlo, perché The importance of being earnest è opera talmente perfetta che sarebbe prudente non rappresentarla. Fa parte di quel gruppo di commedie intoccabili, che per loro naturale immobilità letteraria e intellettuale rischiano di muffire nella soffitta di un museo. Allora ha fatto bene Gleijeses a riprenderla con l’intenzione di scuoterla con nuova vitalità e restituirle il movimento frizzante del palcoscenico. In verità, già venticinque anni fa egli stesso interpretò il ruolo di John Worthing, sotto la direzione di Mario Missiroli e sempre con Lucia Poli nelle vesti di Lady Bracknell. Era il 2000, periodo complicato per il sottoscritto poter andare a teatro, pertanto non riuscii a vedere quell’edizione.

22 ottobre 2025

«Le cose che t’ho imparato», di Carlo Picchiotti (regia, S. Prestinari)

«Le cose che t’ho imparato», di Carlo Picchiotti (regia, S. Prestinari)

Roma, Teatro Cometa Off
21 ottobre 2025

IL REALISMO CRUDELE DI UNA GRICIA DIETRO LE SBARRE

Oltre alla regia, Siddharta Prestinari firma anche l’adattamento di un testo che sembra essere stato scritto appositamente per le caratteristiche d’attore (e le abitudini culinarie) di Stefano Ambrogi: quindi non ci è dato sapere quanto il vestito cucito su misura sia quello originario di Carlo Picchiotti o se, appunto, l’abito è stato adattato per l’occasione. Il risultato comunque è che taglio e stile trovano sull’interpretazione di Ambrogi la quasi perfetta rifinitura (e sul quasi esporrò in seguito). Ineccepibile conflittualità, invece, si legge dalla rivalità dei due personaggi che danno vita a Le cose che t’ho imparato, una storia dall’aria trucida che si svolge nei pochi metri quadrati della cella di un penitenziario di massima sicurezza. All’anziano ergastolano burbero e prepotente, ma con un bagaglio pieno di avversità vissute, si contrappone la sprovveduta inesperienza del giovane archeologo, interpretato da Ermenegildo Marciante, finito in cella in attesa di giudizio.

18 ottobre 2025

«Con l’acqua alla gola», di F. Benedetto (regia, G. Eleonori)

«Con l’acqua alla gola», di F. Benedetto (regia, G. Eleonori)

Roma, Teatro Trastevere
17 ottobre 2025

E NON ERA NEMMENO YOGURT!

A volte succede che le poche note che si leggono sui comunicati – quelle solitamente scritte dalla compagnia – e che si piccano di accendere un bagliore di curiosità nello spettatore, spieghino perfettamente quel che accade sulla scena. Con l’acqua alla gola è così presentato: «Un appartamento invaso da scatole di yogurt scaduti e illuminato solo dal bagliore di un frigorifero: è qui che prende vita una commedia nera e surreale, in cui i confini tra ironia e disperazione si sfumano fino ad annegare su sé stessi. Sul palco, i giovani attori, forti di un affiatamento travolgente, trascinano lo spettatore in un viaggio che alterna ironia feroce e visioni apocalittiche, fino a un epilogo in cui il quotidiano si trasforma in rivelazione.» Dunque, che cosa accade in questo appartamento invaso da contenitori di yogurt? Sinceramente il suggerimento – l’aiutino, direbbe qualcuno – che gli artefici ci offrono, non chiarisce molto. Oltre al titolo, il giovane autore Francesco Benedetto avverte la necessità di aggiungere un sottotitolo, Sulla punta della lingua: evidentemente anche a lui è sorto qualche dubbio sulla comprensione della presentazione del suo progetto.

17 ottobre 2025

«Ad A.», scritto e diretto da Sara Esposito

«Ad A.», scritto e diretto da Sara Esposito

Roma, Spazio Diamante
16 ottobre 2025

LA LIBERTÀ VISTA DAL PIANETA ALZHEIMER

In teatro ormai aprire il sipario su uno spettacolo senza la scenografia è all’ordine del giorno: d’altronde, si sa, la scena ha un costo e per risparmiare se ne fa a meno. Più raro è cominciare uno spettacolo che prevede una scena e, per un disguido, invece, questa non c’è. Allora gli attori si caricano di un peso psicologico insolito, ingombrante, indisponente, che diventa una preoccupazione insopportabile durante la recita, perché pensano ovviamente che l’allestimento sia incompleto, temono che i movimenti provati possano diventare un impaccio, addirittura ridicoli; insomma, in simili occasioni, forse sarebbe stato meglio non prevederla proprio una scenografia, sarebbe stato opportuno, addirittura logico, rimandare il debutto.

15 ottobre 2025

«The prudes» di Anthony Neilson (regia, G. Fogacci)

«The prudes» di Anthony Neilson (regia, G. Fogacci)

Roma, Teatro Cometa Off
14 ottobre 2025

UN GUSTOSO TENTATIVO DI SCANDALIZZARE I MORALISTI

The prudes in inglese significa i moralisti, i puritani, coloro che non vedono di buon occhio gli argomenti osé. Tuttavia, nel testo dello scozzese Anthony Neilson, al di là dello sviluppo della trama, si intuisce, con una sostenuta evidenza, l’intenzione di una sfida, direi una contestazione, nei confronti del teatro di narrazione, che altro non è che un attore solo che si esibisce con un monologo in proscenio. Un monologo solitamente banale che spesso porta alla ribalta argomenti «di facili costumi», dove volentieri si parla di sesso, talvolta anche spinto, ma mai esibito, per catturare la curiosità del pubblico crasso (quello televisivo) che ama lasciarsi scandalizzare dalla battuta volgarotta: in questo modo il mattatore conquisterà abilmente valanghe di applausi, riscuotendo immediati consensi. Osserviamo, invece – sottintende l’autore – come reagiscono gli spettatori quando si trovano di fronte a una coppia che in palcoscenico, davanti agli occhi dei tanti prudes che siedono in teatro, vuole ritrovare il desiderio sessuale degli anni migliori, vuole riprovare l’emozione di quell’esuberanza giovanile ormai da tempo sopita.

07 ottobre 2025

«Edipo a Colono», di Sofocle (A. Evangelisti)

«Edipo a Colono», di Sofocle

Roma, Teatro Ateneo
6 ottobre 2025

FINALMENTE UN CORO AFFOLLATO PUÒ ESPRIMERE L’ANIMA DELLA TRAGEDIA

Sono lontani i tempi in cui si poteva assistere alla rappresentazione di una tragedia greca allestita come se fosse appena stata scritta dal suo autore: senza idee originali e senza stravolgimenti, senza proiezioni e senza automobili o motociclette che arrivano dalle quinte, senza jeans strappati e senza cappotti neri, senza parrucche cotonate e senza calze a rete. La tragedia autentica, così com’è stata ideata, portata sulla scena di un teatro moderno, tolta dal suo antico spazio dove nacque qualche millennio fa e riproposta tale e quale, con una traduzione esatta, resa scorrevole, e con qualche taglio opportuno, e rappresentata con fedeltà letteraria e semplicità teatrale.

06 ottobre 2025

«Supernova», scritto e diretto da Mario De Masi

«Supernova», scritto e diretto da Mario De Masi

Roma, Teatro India
5 settembre 2025

‘E FIGLIE SE ‘MPARANO CU LL’UOCCHIE!

La stagione teatrale è appena cominciata ed è già un continuo rincorrere l’ultima replica degli spettacoli in programma per cercare di non rimanere indietro con le visioni. Il teatro, che una volta era molto faticoso per attori e tecnici, quando le compagnie attraversano l’Italia in lungo e in largo e i debutti si susseguivano ogni giorno, talvolta senza nemmeno la pausa del riposo, ora che le tournée sono in ribasso, diventa un’ardua impresa più per l’assiduo spettatore stakanovista che per gli addetti ai lavori. Il Teatro di Roma, propone, in apertura all’India, Supernova, scritto e diretto da Mario De Masi, con un cast di tre bravi attori e una eccellente drammatica danzatrice e coreografa di origine russa, Lia Guisein-Zadé. Occorre partire dal titolo per capire il ciclo evolutivo della «follia» di un autore partenopeo che vede il nucleo, affettivo e carcerario, della famiglia girare intorno alla figura materna che paragona all’effetto cosmico più possente e splendente. «La supernova – sintetizza la nota riportata sul programma – è un’esplosione stellare provocata da una stella che ne ingloba un’altra più piccola, dando luogo a una reazione violentissima e luminosissima che dura per un certo tempo. La materia prodotta dall’esplosione si disperde nell’universo dando vita a nuove stelle, mentre il nucleo collassa su sé stesso e crea un buco nero».

05 ottobre 2025

«Candido» di Rossi/Beddini

Roma, Spazio Diamante
4 ottobre 2025

VENTOTTO PERSONAGGI CON LA STESSA VOCE E UN INUTILE MICROFONO

Non faccio a tempo a uscire da un teatro, dove mi lamento della locandina, per entrare in un altro che invece contrappone un capolavoro del marketing. Non vorrei sembrare ripetitivo, ma l’importanza della locandina è determinante: non certo per la buona riuscita di uno spettacolo, ma per predisporre l’animo dello spettatore, per incuriosirlo, per allettarlo, per consolarlo e a volte anche per adescarlo: com’è successo per questo Candido che non ha nulla né di Voltaire né di G. B. Shaw che ne scrisse una famosa versione al femminile. Il personaggio interpretato da Michele Savoia conserva il carattere gaio, innocente, fresco di genuinità, ma non pretende di emulare il suo omonimo predecessore. Il richiamo in locandina si espande con varie voci: la prima è «… e altri 28 personaggi», e poi «produzione musicale», ma soprattutto quando leggo «coreografie» la mia curiosità prende il sopravvento. In scena è annunciato un solo attore, a me sconosciuto, dall’aspetto assai giovanile: sarebbe davvero un peccato – penso – perdersi un simile talento, uno che balla, canta e capace di interpretare circa trenta personaggi. Mica è poco!

02 ottobre 2025

«Titus» (Shakespeare); adattamento e regia, Davide Sacco

Roma, Teatro Quirino
1° ottobre 2025

NON È PRUDENTE FAR ENTRARE I VINTI IN CASA PROPRIA

Premessa. La recensione è corredata di un’immagine insolita (e provocatoria) per mancanza di altre fotografie decenti da pubblicare: una sola sul sito del Quirino e a bassissima risoluzione (non utilizzabile), e altre poche, rintracciate sul web, che ritraggono solo primi piani insignificanti. Inoltre è vergognoso che chi vuole occuparsi della fatica degli attori debba andare a elemosinare, a notte inoltrata, tramite conoscenze, la distribuzione delle parti, soltanto perché non si vuol stampare una locandina con personaggi e interpreti e quindi rendere gli attori riconoscibili. Queste difficoltà sono il segno evidente che in teatro nessuno ha più voglia di lavorare con professionalità, decoro e rispetto: soprattutto non si pensa più al bene degli attori. Unico obbiettivo oggi è risparmiare il più possibile: ma il teatro è un mestiere faticoso e non accattonaggio. Caro Coppolino, se fai salire tua figlia in palcoscenico, hai il dovere (da produttore e da padre) di darle un’identità; se non la rendi riconoscibile al pubblico, hai cancellato tua figlia. Ci vuole la locandina con la distribuzione del cast: è indispensabile per essere un buon produttore. E penso che, in qualche modo, possa giovare anche al genitore!

A Davide Sacco che nel sottotitolo chiede apertamente Why don’t you stop the show? (perché non volete fermare lo show?) rispondo: perché fuori c’è aria di guerra e preferisco la guerra finta in palcoscenico, preferisco l’odio fittizio dei personaggi inventati da un grande autore, anziché attraversare la strada – come realmente è accaduto al termine dello spettacolo – e trovare un muro di polizia, in divisa antisommossa, schierato, a mezzanotte, a difesa di Palazzo Chigi per paura di attacchi sovversivi ai danni della sede del governo. Tralasciamo i motivi che possono essere tanto giusti quanto sbagliati, ma credo sia sufficiente questa apocalittica visione notturna per far luce sullo spaccato cruento e crudele ideato da Shakespeare e rielaborato da Sacco. Il «Tito Andronico» è certamente la tragedia più sanguinaria del Bardo, e la riscrittura non ne ha risparmiato nemmeno una goccia, se non la carneficina dei molti personaggi soppressi dal testo originale.