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03 dicembre 2025

«Metadietro» di Flavia Mastrella e Antonio Rezza

Daniele Cavaioli e Antonio Rezza (© Flavia Mastrella)

Roma, Teatro Vascello
2 dicembre 2025

IMMIGRAZIONE: «BENEDETTO COLUI CHE VIENE, A PATTO CHE QUALCUNO SE NE VA»

In una pausa, tra la frenetica valanga di battute, allusioni, iperboli e assurdità, dalla platea qualcuno intona un «Bravo» con timbro tenorile, fermo e robusto. Antonio Rezza immediatamente ribatte con decisione: «Lo so», prima di raggiungere l’uscita in quinta, dove viene aiutato a indossare velocemente un’attrezzatura d’astronauta per la successiva piroetta comica. Eppure, non appagato, durante il travestimento, portando bene la voce, aggiunge: «Secondo te, aspettavo te stasera per scoprirlo!» Non c’è nulla di male che un artista sia cosciente della sua bravura: ci sono attori che hanno la necessità di sentirsi bravi per andare in scena con la giusta determinazione; altri che ne possono fare a meno; i più insicuri possono risultare i migliori e viceversa. Non ci sono regole, né, per fortuna, si pagano sovrattasse (per ora) sul talento e nemmeno sull’esibizione del talento, autentico o presunto che sia. Ma quell’ostentazione urlata da fuori palco, come a riempire un vuoto scenico, m’è parsa o finta o di cattivo gusto. O entrambe le cose.

01 dicembre 2025

«Mi manca Van Gogh», di e con Francesca Astrei

Roma, Teatro India
30 novembre 2025

«COME SARANNO QUEI CORVI?»

Lei fa la guida in un museo: ci mette passione, studio e tanta energia per tenere a bada un gruppo d’immaginari visitatori irrequieti, un po’ sfrontati, un po’ maleducati. Di fronte a un quadro di Van Gogh, anch’esso fantasioso, Francesca (ma il nome è quello dell’interprete) dichiara la sua predilezione per il pittore olandese, si percepisce una debolezza che le tocca l’animo, mentre le impertinenze dei turisti la distraggono, la offendono, le fanno male. Lei reagisce con ironia davanti al tizio che usa incautamente il cellulare durante la spiegazione storica e artistica di una tela, redarguisce la signora che sgranocchia patatine. E, da una dizione perfettamente italiana e professionale, scivola su accenti più dialettali per frenare gli eccessi caustici, per smorzare la rabbia con la simpatia, per cercare di entrare in confidenza con la truppa irrispettosa e recuperare la loro attenzione. Opta per la cadenza napoletana – anche se l’attrice è nata a Roma – ma preferisce la parlata periferica, quella vesuviana resa famosa dalle incertezze lessicali di Massimo Troisi. Sfrutta l’empatia del comico di «Ricomincio da tre», senza però calcare la mano, appena appena, giusto per aprire un varco comico, prima della virata.