30 novembre 2024

«Una commedia all’Almodóvar» di Emilio Carballido

Roma, Off/Off Theatre
29 novembre 2024

PEDRO, ¿DÓNDE ESTÁS?

So bene che la verità il più delle volte non è carezzevole, ma occorre dirla; e continuerò a dirla, anche se a malincuore, altrimenti si rischia di diventare come quei tanti critici da social che osannano o disprezzano per partito preso senza argomentare il loro parere, giudicando soltanto quel che si vede, senza capire quel che c’è dietro. Quindi, piuttosto che commentare a fondo il «testo esilarante a firma di Emilio Carballido, autore messicano famoso in tutto il mondo e presentato per la prima volta in Italia» (come recita la nota di presentazione), mi attengo alla descrizione di quel che è accaduto durante la recita, affinché si comprenda meglio che per andare in scena occorre una squadra compatta e affiatata. Pensare di recitare un ruolo mentre si costruisce una regia, badare alle luci mentre si ipotizza un cambio di scena è un impegno rischiosissimo che inevitabilmente porta a inciampare nella più impensabile sciocchezza che si materializza per incanto, come per magia.

29 novembre 2024

«Giurato numero 2» di Clint Eastwood

Roma, Cinema Eden
28 novembre 2024

NULLA È COME APPARE. NEMMENO L’ETÀ

Appena terminata la proiezione di Giurato numero 2, quel subdolo pensiero sorto nel buio della sala, che è un chiaro paradosso, provocato dall’inquadratura di un particolare, prende consistenza cominciando a diventare un sospetto quasi realistico: allora, dare sfogo anche alle più improbabili domande diventa una necessità per liberarsi di un assurdo impeto di goliardia. Non è la prima volta che mi sorprende questo irrisorio delirio dopo aver visto una pellicola di Clint Eastwood, perfetta nella realizzazione: dalla sceneggiatura alle inquadrature, dalla fotografia al montaggio. Sì, è vero, si nota che la mano del regista è un po’ vecchio stampo, rispetto agli scatenati registi delle ultime generazioni, ma la limpidezza del racconto è di tale avvincente risolutezza che un pizzico di elegante stagionatura giova alla comprensione della storia e dei caratteri dei personaggi, ergo al piacere di vedere un bel film. Quindi quel pensiero ironico, quel delirio inverosimile, che somiglia a una boutade, diventa un’impellente dichiarazione di stima per chi ha cominciato a far cinema settant’anni fa.

28 novembre 2024

«Il cavaliere inesistente» di Italo Calvino

Roma, Teatro India
27 novembre 2024

QUATTRO BRAVE ATTRICI PER LA RESISTENZA DEL TEATRO

È davvero strano che uno spettacolo prodotto dal Teatro di Roma, e rappresentato in uno spazio gestito dallo Stabile, non sia annunciato in loco (in biglietteria o al bar di fronte all’ingresso delle sale) né con un manifesto, né con una locandina, e nemmeno con una brochure, come fosse la perfetta presentazione dello «spettacolo inesistente». Resta, purtroppo, sempre una spiacevole sensazione di approssimazione quando un allestimento viene abbandonato all’anonimato. Il supporto offerto dal sito internet dell’ente teatrale non giustifica la mancanza d’informazione per il pubblico: neanche il titolo s’è potuto leggere prima di entrare in sala, figuriamoci i nomi degli attori! Eppure, malgrado il temerario presagio, influenzato certamente dal titolo tendenzioso, lo spettacolo, con l’impalpabile fede tipica degli eroi dell’araldica trilogia calviniana, e con gli eterei fumi che già scivolavano sul suolo del palcoscenico, stava per materializzarsi davanti a una platea gremita di giovanissimi spettatori.

27 novembre 2024

«Re Lear», Shakespeare/Lavia

Roma, Teatro Argentina
26 novembre 2024

LA TRAGEDIA DI UN RE INADEGUATO AL MONDO REALE

Quando, nel 1972, dopo quattro anni d’assenza dal «suo» teatro, Giorgio Strehler riprese la direzione della sala di via Rovello, portando in scena la tragedia shakespeariana, volle annunciare pubblicamente il ritorno al Piccolo facendo affiggere nelle vetrine esterne al foyer cinque locandine dove si poteva leggere a grandi caratteri: «Strehler prova Re Lear»: cosicché chiunque passasse per la via, poteva sapere che il re era tornato nel suo regno e che mai avrebbe abdicato. In quella ormai storica edizione c’erano, tra gli altri, Tino Carraro (Lear), Renato De Carmine (Gloster), Ottavia Piccolo (Cordelia e il Matto), Ivana Monti (Regan), Giuseppe Pambieri (Edmund) e, naturalmente, Gabriele Lavia (Edgar). Il quale, nelle note di regia del suo spettacolo – in scena all’Argentina fino al 22 dicembre – scrive che «il destino mi ha riportato a Re Lear, anche se avevo deciso di non farlo. Evidentemente Giorgio Strehler ha sentito e mi ha teso questa trappola».

23 novembre 2024

«Cattivi», uno spettacolo di Gennaro Duccilli

Roma, Teatro Vittoria
22 novembre 2024

«C’È UNA DIVINA PROVVIDENZA ANCHE NELLA CADUTA DI UN PASSERO»

Nell’aprile del 2023, non avendo mai sentito parlare di Gennaro Duccilli, fui attirato da un «Caligola» di Camus, testo intellettuale abbastanza impegnativo e incappai nell’allestimento più improbabile che si potesse immaginare con tanto di sfilata carnascialesca. Lasciai il teatro Ghione abbastanza irritato e nella recensione preferii glissare sui particolari della messa in scena per parlar d’altro. Quest’anno, forte della passata esperienza, ben cosciente di quel che avrei rischiato, mi sono recato al teatro Vittoria, disposto perfino a essere smentito dal nome in cartellone che non avevo dimenticato: avrei voluto che i miei sospetti fossero demoliti, invece, Duccilli, rimasto fedele ai suoi principi, è andato ben al di là di ogni aspettativa. Con l’idea di portare in palcoscenico i Cattivi più famosi della letteratura, non solo teatrale, avrebbe potuto maneggiare un materiale stimolante per uno spettacolo denso di significati e carico di effetti caustici, purtroppo però bisogna che l’artista si convinca di non aver raggiunto l’obbiettivo.

22 novembre 2024

«Trappola per topi» di Agatha Christie

Roma, Teatro Quirino
20 novembre 2024

LA NEVROTICA LOCANDA DEL CACCIATORE SPAVENTA ANCHE I BEATLES

La notizia felice è che, ancor prima di debuttare, Trappola per topi già ha fatto registrare al botteghino del Quirino il tutto esaurito (o quasi) fino all’ultima replica (1° dicembre). Agatha Christie è un nome che in teatro certamente gode di un ampio richiamo di pubblico; il giallo poliziesco, da qualche anno, suscita anche in palcoscenico – per intrigo e leggerezza – notevole curiosità; ma né la fama dell’autrice, né l’attrazione del genere investigativo attirano più del volto televisivo. La televisione costruisce il divo, il bello, il magnifico, l’imperturbabile, l’indiscusso prodigio: a prescindere! Obbiettivamente riempire le platee è davvero diventato un prodigio. Ettore Bassi ci è riuscito, non si sa se grazie al Maresciallo Rocca, o a Un posto al sole, o al poliziotto Rex. Certamente non per il Sergente Trotter del palcoscenico, di cui l’eco è ancora soffusa.

21 novembre 2024

«Fuori uso» di Costanza Di Quattro

Roma, Teatro de’ Servi
20 novembre 2024

PORTATE I RAGAZZI A TEATRO

Soltanto avendo una visione generale, frequentando le platee tutti i giorni e a tutte le ore, si cominciano a delineare i contorni del fantasma, spesso nascosto, del male del teatro italiano: il Ministero della Cultura (chiamato affettuosamente Mic) che appare e scompare, proprio come uno dei pirati di Stevenson. Il Mic è un’entità burocratica sempre presente quando deve riscuotere, assai sfuggente quando serve il suo aiuto: spesso sembra non esserci mai stato, ma invece, anche in maniera invisibile, s’introduce negli ambienti teatrali più fragili, dove trova terreno assai morbido per infiltrarsi con i suoi famelici tentacoli. Quando servono soldi per sostenere imprese valide, sparisce; quando c’è da promuovere uno spettacolo interessante, si dilegua e demanda; quando si tratta di riaprire un teatro, dorme o sonnecchia sotto le coltri dell’ambiguità tra «pubblico e «privato».

20 novembre 2024

«La scortecata» di Emma Dante

Roma, Teatro Vascello
19 novembre 2024

PRIMA GIAMBATTISTA BASILE E POI ROBERTO DE SIMONE

«Quando si dice Lo cunto de li cunti si vuol dire il primo e il più grande di tutti i racconti (così come si dice “il Cantico dei Cantici” e “il Re dei Re”)», lo scriveva Raffaele La Capria nel 1995 sul Corriere della Sera in occasione della pubblicazione delle favole del Basile tradotte da Ruggero Guarini per Adelphi. La raccolta del Pentamerone ha una struttura simile a quella ideata dal Boccaccio, ma si conclude in cinque giornate e non in dieci. Fu data alle stampe la prima volta nel 1637, e tradotta, già all’epoca, in più lingue in Europa; per lo stile e l’inventiva c’è chi incautamente paragonò l’opera al capolavoro di Rabelais; certamente in seguito offrì molti spunti alle novelle di Perrault e dei fratelli Grimm. Fu considerato dalla critica postuma uno dei più grandi monumenti letterari della cultura popolare. Leggiamone un piccolo brano, estratto proprio dalla favola La vecchia scortecata che Emma Dante ha tradotto e adattato per la scena con il titolo La scortecata.

19 novembre 2024

«Se mi conosci…» di Vincenzo Mastropirro

Il libro di poesie

Roma, 18 novembre 2024


«LA SEPARAZIONE È IL PRINCIPALE ATTO DI DOLORE DELLA VITA»

Chiedo scusa all’autore della silloge se mi permetto di cominciare questo soliloquio sul suo volume da una sensazione assolutamente personale. Scopo della poesia è proprio il tentativo di entrare nelle pieghe della sensibilità altrui: così è accaduto e così l’ho fatta mia. D’altronde, il titolo della raccolta diventa un richiamo per ricordare la madre di Vincenzo Mastropirro, che mai mi ha conosciuto, ma che invece il sottoscritto è riuscito a gustare, pur se a distanza, grazie alle brevi frasi che il figlio scriveva sul suo profilo Facebook, riportando piccoli aneddoti carichi di saggezza popolare, di lapidarie sentenze tanto colorite d’affetto quanto spietate nel giudizio. Trascrivo dalla postfazione di Angela De Leo che, a differenza di me, conosceva Ninetta, donna «coraggiosa, battagliera e volitiva con cui il figlio era solito battibeccare in duetti dispettosi d’amore, ricamo di note tenerissime.»

18 novembre 2024

«Barbablù» di Hattie Naylor

Roma, Teatro Belli
17 novembre 2024
Per la rassegna Trend
Nuove frontiere della scena britannica

CON L’ESTASI DELLA SUBORDINAZIONE CALA IL SIPARIO SU TREND XXIII

Al termine della performance, tra gli applausi di una platea affettuosa, Edoardo Frullini, oltre ai canonici ringraziamenti, ha raccontato un breve episodio, accaduto sabato sera, che introduce bene il discorso su questo barboso Barbablù. Una signora all’ingresso ha chiesto cosa si rappresentasse, e il protagonista, che in quel momento arrivava al Belli, ha illustrato brevemente il racconto scritto da Hattie Naylor. L’altra, un po’ contrariata, ha espresso il desiderio di voler vedere in palcoscenico storie più leggere e non di violenza, ma l’attore ha ribattuto dicendo che è compito di un certo genere teatrale far luce su questioni, anche scomode, che affliggono la quotidianità di tutti. Quindi, teatro sociale. Teatro che, come in questo caso, s’impegna a far conoscere storie talvolta vere, talvolta inventate che ricalcano episodi della realtà. Nello specifico, dunque, trattandosi del personaggio di una famosa favola noir di Charles Perrault, si parla ovviamente di femminicidio: e – concordo con Frullini – il teatro spesso ha il dovere di affrontare temi scottanti per portarli alla ribalta, denunciando, contestando, accusando. Principio verissimo e sacrosanto.

16 novembre 2024

«Cyrano de Bergerac» di Edmond Rostand

Roma, Teatro Cometa Off
15 novembre 2024

LA COMETA NON S’ADDICE ALLA COMMEDIA EROICA

Operazione impossibile quella di allestire una «Commedia eroica in cinque atti in versi» nello spazio concentrato del Cometa Off. Certamente nell’adattamento di Matteo Fasanella è contemplata una riduzione, ma si tratta di una riduzione del testo che non corrisponde a una riduzione delle gesta ardimentose dei famosi cadetti di Guascogna. Fasanella, in un luogo simile, avrebbe dovuto presentare il suo Cyrano de Bergerac, come una commedia «da camera» per un quintetto poetico, invece, ha lasciato inalterato l’entusiasmo irrefrenabile dei moschettieri per il «gioco dello stocco»: arte irrappresentabile in pochi metri quadrati, laddove lo spirito dell’opera originale andava completamente rimaneggiata.

15 novembre 2024

«Aspettando Re Lear» di Tommaso Mattei

Roma, Teatro Quirino
14 novembre 2024

UN REBUS CHE SUONA COME UN CONCERTO DODECAFONICO

Desidero subito tranquillizzare i miei venticinque lettori, forse ventisette: al termine dello spettacolo un’emozione arriva; difficile capire bene quale sia, ma arriva; non si tratta di forte commozione né di folgorante entusiasmo, eppure il testo di Tommaso Mattei, benché assomigli a un vero e proprio rebus, riesce a toccare le corde emotive degli spettatori, dopo aver scandagliato il rapporto tra padri e figli. E se non tutti sono padri, certamente tutti siamo figli. Altra certezza è che gli attori sono di ottima levatura. Arianna Primavera, nel doppio ruolo di Matto/Cordelia (come Ottavia Piccolo con Strehler, oltre cinquant’anni fa) è la più brava. Non se la prendano i protagonisti, ma interpretare contemporaneamente due parti, essere figlia e parlare con le battute strampalate del Fool e viceversa, dar vita a due personalità nello stesso istante senza alterare né toni né gestualità e riuscire ad equilibrare due diversi caratteri in un unico animo, be’, considerata la giovane età dell’attrice… Chapeau!

14 novembre 2024

«Venere nemica» di Drusilla Foer e Giancarlo Marinelli

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
13 novembre 2024

A DOMANDA RISPONDE UN SILENZIO

Il meglio di sé Drusilla Foer lo offre agli applausi finali, quando ferma il tripudio del pubblico della prima per ringraziare a voce i suoi collaboratori. Allora vien fuori subito il suo animo schietto e sincero: la sua naturale generosità, la sua verve da showgirl giocosa e affascinante, la sua intelligente ironia e la sua amabile simpatia. Virtù innate e dirompenti della diva transgender, che non aspettavano altro di essere liberate dalle maglie di un copione che, per più di un’ora, l’ha costretta ad essere quella che non è. Malgrado sia stata proprio lei, insieme a Giancarlo Marinelli, ad aver scritto il testo, ispirato alla favola di Apuleio «Amore e Psiche», la Venere che ha creato con le sue stesse mani, diventa la prima nemica.

13 novembre 2024

«Lo scrittojo di Pirandello» di Roberto Gandini e Roberto Scarpetti

Roma, Teatro India
13 novembre 2024

PER LE SCUOLE SI GIOCA ALL’ENRICO IV CON FILENO E LA FIGLIASTRA

Chi va a teatro ogni sera, o quasi, da anni, difficilmente riesce a essere spettatore anche alle recite della mattina: sia per una questione d’orario, sia perché (rimescolo nei ricordi), soprattutto sono rappresentazioni assai rumorose, essendo frequentate solitamente da studenti in «gita» scolastica. Tuttavia, per Luigi Pirandello un’eccezione si fa. Attirato dal titolo, e in particolar modo dalla parola scrittojo, proprio con quella vocale addolcita, tipica di Pirandello, nonostante arrivassi da poche ore di sonno, sono andato a vedere lo spettacolo di Roberto Gandini, convinto di assistere a una commedia disturbata da una comitiva di studenti scalmanati.

«Vorrei una voce» di Tindaro Granata

Roma, Sala Umberto
12 novembre 2024

QUALCHE COSA DI SICURO IO FARÒ… SOGNERÒ

Il sottotitolo avverte con chiarezza: «Tindaro Granata con le canzoni di Mina». Sembra uno scherzo, quasi un paradosso, finanche si sospetta una presa in giro: non per mancanza di fiducia nei confronti del protagonista che potrebbe avere una gran voce, un talento canoro insospettabile, ma per una ovvia questione di permessi, diritti e concessioni. La curiosità, quindi, s’impenna e si corre alla Sala Umberto per scoprire cosa si nasconde dietro lo strillo del manifesto che suona tra il sibillino e il canzonatorio. Oltretutto «Vorrei una voce» è un verso di un famoso brano cantato dalla Tigre di Cremona. Dunque, com’è possibile che Tindaro Granata possa portare in scena le canzoni di Mina?

12 novembre 2024

«Parthenope» di Paolo Sorrentino

Roma, cinema Savoy
12 novembre 2024

LA GRANDE BELLEZZA CHE NON SALVERÀ NAPOLI E NEMMENO IL MONDO

A chi mi ha chiesto se l’ultima opera di Paolo Sorrentino mi sia piaciuta o meno, ho risposto che lei, l’attrice protagonista, è talmente bella che il mio giudizio sul film non interessa più neanche a me. Due ore e mezzo per vedere il film e quattro ore almeno per disintossicarmi da tanta bellezza per riuscire a riveder le stelle. Una bellezza che non salverà il mondo nemmeno quando c’erano i bambini, ma anzi lo graverà, e non poco, di infelicità, di spleen, di appucundria, perché giunge dalle acque di quel golfo popolato dalle sirene, creature mitologiche che rapirono con il canto e con lo sguardo i loro spasimanti affogandoli nelle profondità marine. Una bellezza talmente ossessiva e malinconica da rimanere avviluppati nell’infelicità di Parthenope. D’altronde «è impossibile essere felici nella città più bella del mondo», dove Dio è l’unico a non amare il mare, perché quel mare è un tenace feudo del mito. Mito antico che risale al viaggio di Ulisse, ma anche mito moderno che si concentra nel sorriso di Celeste Dalla Porta.

11 novembre 2024

«Regine di cartone» di Marina Pizzi

Roma, Teatro Marconi
10 novembre 2024

GINA, TONTA E RUVIDA COME MASCIA, OLGA E IRINA

Durante la lunga pedalata che dal teatro mi ha accompagnato fino a casa, lo sguardo ha incrociato almeno tre situazioni simili a quella appena vista in palcoscenico. Clochard distesi in terra in mezzo ai cartoni: uno completamente nascosto per ripararsi dall’umidità; un altro arruffato e con la barba lunga, sguardo perso nella solitudine, la miseria nelle mani; infine, una donna, scialle strappato che le pendeva sulle spalle, indaffarata nel nulla a recuperare stoffe per passare la notte tra le nevrosi di uno stato d’animo tarato dall’inquietudine. Nessuno discuteva con un compagno. Nessuno citava passi di Medea. Nessuno allargava le braccia nel tentativo di stringere quelle di un altro. Soltanto la donna borbottava da sola sotto il porticato di una piazza del centro.

10 novembre 2024

«Amelia e Sophie. Le aviatrici» di Anna Ceravolo

Roma, Teatro di Documenti
9 novembre 2024

LE PRIME DONNE VOLANTI VITTIME DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

In quest’epoca, sentimentalmente arida e romanticamente arsa, sono tanti gli autori drammatici che sentono la necessità di adeguarsi a un incosciente standard sociale che sembra obbligarli a esaltare il valore della donna attraverso peregrinazioni letterarie che nulla hanno a che fare con il linguaggio teatrale. Voglio dire che pur prendendo a pretesto storie vere, interessanti, con protagoniste donne di indiscusso e ardimentoso valore, queste scritture vengono trattate usando un cliché narrativo senz’anima, quindi senza alcuna personalità, senza un adeguato stile individuale. Tante volte accade in una redazione che un giornalista sia invitato a seguire la cronaca di un evento di cui ha scarsa padronanza: il risultato è che le parole vengono ugualmente scritte e, una dopo l’altra, formano certamente un articolo, talvolta persino comprensibile, ma che mai soddisferà il lettore, perché privo di quei particolari gustosi, captati dall’occhio più esperto e smaliziato, capaci di catturare l’attenzione e di accendere la curiosità di chi legge.

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