28 dicembre 2024

«Flora», progetto di Duo Kaos e Arca

Roma, Teatro Vascello
27 dicembre 2024

«SEMINA UN PENSIERO E RACCOGLI UN’AZIONE»

Debutta con lo spettacolo Flora, la seconda edizione del Festival Ops!, rassegna di circo contemporaneo realizzata in collaborazione con lo Stabile di Innovazione Circense, che trova nel palcoscenico del Vascello un valido ausilio per la divulgazione del circo contemporaneo. La kermesse si terrà dal 2 al 7 gennaio prossimi all’Auditorium, Parco della Musica, ma il teatro di Monteverde, regno di Manuela Kustermann, ospiterà (dal 2 al 6) anche l’ultima performance del Circo El Grito, «Luz de luna». Vedere una platea festante di bambini, tra i 6 e 10 anni, a uno spettacolo serale è uno scenario insolito che riempie chiunque di buon umore, ma il sospetto di aver frainteso lo spirito dell’esibizione coglie impreparato più di un adulto e soprattutto il sottoscritto. Eppure non è così!

27 dicembre 2024

«39 scalini» di Patrick Barlow

Roma, Spazio Diamante
26 dicembre 2024

IL REGISTA SI PERDE NELLA NEBBIA DELLA CONFUSIONE

Il romanzo di John Bucham, pubblicato nel 1915 a puntate su un rotocalco dell’epoca, è un thriller che per la sua perizia di scrittura ha affascinato il maestro del giallo, Alfred Hitchcock, tanto da indurlo nel 1935 a farne un film. Sia l’uno che l’altro sono opere costruite sul filo della perfezione, dense di particolari significativi e non, ma mai nulla slitta fuori stile: né le virgole (nel romanzo), né le pause o toni della recitazione (nel film). Al primo lungometraggio, divenuto un cult, seguirono altri remake, ma quel che a noi interessa è la trascrizione per il palcoscenico che ne fece Patrick Barlow e che debuttò a Leeds nel 2005 con l’ineccepibile regia di Maria Aitken. La caratteristica della versione teatrale dei 39 scalini (The thirty-nine steps) è che, alla tipica trepidazione del thriller, questa preferisce il godimento della comicità sollecitato da attori impegnati in un gioco quasi surreale che soltanto il teatro sa offrire. Tuttavia, come per il giallo gli indizi devono essere seminati con estrema precisione, nel comico gli effetti si devono susseguire con impeccabile rigore (nei toni, nei movimenti, nei gesti e nell’ordine in scena) altrimenti lo spettatore viene distratto e la vis si disperde nel buio della platea.

22 dicembre 2024

«Cose che so essere vere» di Andrew Bovell

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
21 dicembre 2024

UN INELUTTABILE NAUFRAGIO D’AMORE

Nella costruzione della mia intima «biblioteca interna» (rubo l’espressione a Peter Stein), cominciata in maniera del tutto involontaria sin dall’infanzia, alcune opere teatrali hanno col tempo acquisito senso e valore molto più di altre: e non sto ora a spiegare né il per come né il perché. Tra queste ci sono «Natale in casa Cupiello» e «Il giardino dei ciliegi»; e quando ho approfondito lo studio su Cechov, immediatamente mi sono reso conto di quanto Eduardo fosse il più cechoviano dei drammaturghi nostrani e quanto Cechov fosse il più napoletano degli scrittori russi. Le indagini sulla famiglia che i due hanno saputo portare in palcoscenico hanno molti punti in comune. Anche Ibsen e Pirandello, per citare altri nomi eccelsi, hanno analizzato i rapporti familiari, ma il loro modo di accostarsi all’argomento è meno viscerale, oserei dire meno napoletano. Tra russi e partenopei – e non sono io a scoprirlo – ci sono molte affinità emotive e dopo aver visto, con gli occhi velati di lacrime, questo straordinario testo di Andrew Bovell sarei tentato di accostare al binomio, che ormai mi appartiene, anche gli australiani. Ma forse è solo un azzardo dovuto all’emozione della prima ora.

20 dicembre 2024

«L’avaro» di Molière

Roma, Teatro Quirino
19 dicembre 2024

SARAVO PORTA IN SCENA LA COMMEDIA DEI CONTRASTI

Di ogni spettacolo, quel che resta più impresso nella mente e nella sensibilità degli spettatori, solitamente sono i primi due minuti e gli ultimi due. Pertanto, se si dovessero prendere in considerazione soltanto questi brevissimi estratti della regia che Luigi Saravo ha creato sulla nuova versione dell’Avaro di Molière, tradotta da Letizia Russo, resterebbe da esaminare prima la sgradevolezza di una recitazione falsata dai microfoni e poi la festosità degli applausi di una platea attenta e coinvolta. Tuttavia questi non sono gli unici momenti contrastanti di quest’allestimento che delle antitesi e delle contraddizioni ne ha fatto addirittura il punto di forza.

13 dicembre 2024

«Macbeth Circus Show» di Vanacore/De Feo

Roma, Teatro Lo Spazio
12 dicembre 2024

I GENERALI DI DUNCAN INTERPRETATI DA STANLIO E OLLIO

L’idea di portare la rappresentazione del potere all’interno di un mondo circense ha un suo valore, sia artistico che intellettuale. L’idea, o forse meglio, il desiderio di cercare ispirazioni nelle fantasie del miglior Fellini, ma anche nelle malinconie di Chaplin, è comprensibile, tant’è naturale rivolgersi a quel passato con il quale molti di noi hanno convissuto per decenni. Tuttavia, costruire l’immagine dello spettacolo affidandosi a un’iconografia che rievoca clamorosamente l’espressionismo un po’ grottesco del cinema muto avrebbe dovuto essere il campanello d’allarme. Gianni De Feo, che, prima di essere un bravo attore e un ottimo cantante, è un uomo di teatro verace, un animale da palcoscenico indipendente come pochi ce ne sono in Italia, sembra aver pensato a Macbeth Circus Show partendo da un concetto visivo ben preciso che ha saputo trasferire perfettamente nell’operato di Roberto Rinaldi, il quale s’è ingegnato per trovare, tra scena e costumi, un equilibrio semplice ed efficace per accostare le atmosfere cinematografiche di un tempo alla leggerezza delle favole o addirittura all’impalpabilità dei sogni.

12 dicembre 2024

«Divagazioni e delizie» di John Gay

Roma, Teatro Parioli
11 dicembre 2024

DI OSCAR WILDE NON RESTA NIENT’ALTRO CHE CENERE

Se il De Profundis è una sorta di monologo drammatico che interroga costantemente il silenzio a protezione del sentimento d’amore, e dalla scoperta del dolore procede alla scoperta della consolazione, l’assemblage (come lo definì Romolo Valli che lo portò in scena per la prima volta in Italia nel 1979, con la regia di Giorgio De Lullo) dell’americano John Gay, in memoria di Oscar Wilde, è, della lunga lettera scritta in carcere, la trascrizione riflessa in uno specchio: dalla leggerezza delle spiritosissime ed innocue boutade, infatti, giunge all’esemplificazione della crudeltà del sistema carcerario e alla rappresentazione del dolore estremo, quello che precede la morte. Divagazioni e delizie è il testo di una pubblica confessione, durante la quale l’intima coscienza di un uomo, incapace di portar rancore, interroga le sue debolezze: è l’ammissione spietata di una delle personalità più geniali dell’era moderna, colui che fu in grado di scandalizzare un’epoca con una sola frase, e che ora riconosce il fallimento della sua brillante intelligenza, constata di essere caduto in solitudine per il tradimento delle amicizie, confessa il tracollo finanziario, la malattia, e poi «… mia moglie è morta, mia madre è morta, la mia opera è finita». Di Oscar Wilde non resta che «Cenere. Nient’altro che cenere».

11 dicembre 2024

«Faust» di Leonardo Manzan e Rocco Placidi

Roma, Teatro Vascello
10 dicembre 2024

C’ERA UNA VOLTA UN TEATRO CHE FECE UN PATTO COL DIAVOLO

Verrebbe subito da dire che l’operazione di Leonardo Manzan è un’ottima novità teatrale, la migliore finora vista durante la prima parte di questa stagione: una conferenza pubblica sul Faust di Goethe, piena di arguta inventiva, di gustose trovate (ma talvolta decisamente disgustose!) e di sorprese teatrali. «La sinossi del dramma – è scritto nelle note – si potrebbe riassumere in una riga: c’era una volta un uomo che fece un patto col diavolo». Similmente, condensando il senso della messa in scena di Manzan, si potrebbe dire: c’era una volta un teatro che fece un patto col diavolo. Per gli autori (è giusto nominare anche Rocco Placidi) il Faust è il teatro, con tutte le sue difficoltà e contraddizioni, con le sue esuberanze e le sue finzioni che possono essere verosimili e false, serie e giocose, equivoche e dirette.

09 dicembre 2024

«La stella di San Lorenzo» di Gianni Clementi

Roma, Teatro Roma
8 dicembre 2024

«CADEVANO LE BOMBE COME NEVE
IL 19 LUGLIO A SAN LORENZO»

«Cadevano le bombe come neve / il 19 luglio a San Lorenzo…», cantava, già 42 anni fa, Francesco De Gregori quando volle ricordare, alla sua maniera, il tragico bombardamento che rase al suolo il quartiere romano, nel 1943. In poche ore vennero sganciate dagli aerei alleati più di 4.000 bombe: interi palazzi tra via dei Volsci, via dei Reti e via dei Latini crollarono seppellendo migliaia di vittime. Alla fine si contarono oltre 3.000 cadaveri, soprattutto donne, anziani e bambini. La maggior parte degli uomini stavano al fronte. Qualcuno addirittura era stato spedito in Russia: come Alfredo, il marito della sora Agnese, protagonista della delicatissima commedia di Gianni Clementi in scena al teatro Roma, fino al 15 dicembre.

07 dicembre 2024

«Franciscus» di e con Simone Cristicchi

Roma, Teatro Quirino
6 dicembre 2024

SANTITÀ, IERI SERA IL QUIRINO ERA STRACOLMO…

Per una volta giochiamo anche noi a far la finzione, come solitamente accade a qualunque interprete della scena, e fingiamo di scrivere a papa Francesco, non già perché sia il primo pontefice che ha scelto di battezzarsi sul trono di Pietro con il nome del santo d’Assisi, ma perché la messinscena sulla vita del «poverello rivoluzionario» ci riguarda molto da vicino; e lui, il Papa, pastore di un gregge che pare si stia disgregando, ha tutto il diritto di essere informato. Adesso, però, come si comincia una lettera al Papa… va be’, proviamo!

06 dicembre 2024

«Figli delle stelle» di e con Daniele Gonciaruk

Roma, Teatro Quirino
5 dicembre 2024

SQUILLA IL CELLULARE: «PRONTO, SONO ALBERT EINSTEIN»

Il «professor» Gonciaruk non deve dispiacersi se al termine della sua performance mi son permesso di osservare che m’era parso d’aver assistito più a una lezione scientifica e astronomica piuttosto che a una rappresentazione teatrale, attività certamente più consona alle abitudini professionali di Daniele Gonciaruk. Il primo, infatti, ad aver dato l’impronta iconografica di una seduta accademica è proprio lui, da regista della messa in scena, portando sul palco tutto l’occorrente per una lectio magistralis: schermo per le proiezioni, video per seguire una precisa scaletta, microfono, materiale didattico e finanche gli assistenti sempre pronti a sostenerlo con effetti speciali o per supplire a quei dispettosi imprevisti che talvolta accadono quando si improvvisa un’impegnativa esibizione.

«Amore cointestato» di Enoch Marrella

Roma, Teatro Biblioteca Quarticciolo
5 dicembre 2024

E QUANDO MENO TE L’ASPETTI, ARRIVA IL REDPILLATO

La nota di presentazione dichiara: «Approda a Roma al Teatro Biblioteca Quarticciolo il 5 dicembre, nell’ambito dei Premi Tuttoteatro.com, Amore cointestato – La corazza emotiva – Primo movimento, uno spettacolo redpillato e multimediale di Enoch Marrella, prodotto da Tuttoteatro.com». E inoltre: «Spettacolo sovratitolato per le persone sorde e ipoudenti». Dunque, una rappresentazione piena di iniziative. E non è finita: tra i crediti si legge anche che ci sono un artwork, un sound design e un visual designer.

04 dicembre 2024

«Il giardino dei ciliegi», Cechov/Lidi

Roma, Teatro Vascello
3 dicembre 2024

CECHOV NEL GIARDINO DEI PAZZI

Quando la commedia finisce e l’ambiente circostante riprende le sue forme e i suoi rumori, si ha la sensazione di essere un marziano che per la prima volta guarda il nostro pianeta, osserva come sono fatti gli umani, ascolta i suoni che essi emettono; insomma, un sano stordimento cerca di attutire il violento ritorno alla realtà. Il viaggio non è durato molto – un’ora e quaranta è un tempo più che accettabile per una scappata in una landa sconosciuta: ci avevano avvertiti che sarebbe stata la nuova esplorazione del «Giardino dei ciliegi», ma se di giardino si tratta – e ne avrei qualche dubbio – temo sia stata più una traslazione temporanea nel giardino dei pazzi.

02 dicembre 2024

«Meno di due» di Francesco Lagi

Roma, Teatro India
1° dicembre 2024

«ABBIAMO TUTTI L’ODORE DI CANI ABBANDONATI»

Ripetitive e soffuse note di una famosa canzone napoletana (che poi si riascolta anche al finale) accolgono il pubblico in sala, predisponendolo a una storia di strazianti tormenti d’amore: lui, l’innamorato, soffre perché lei è core ‘ngrato. Ma nel poetico ricamo drammaturgico di Francesco Lagi, questo preludio, in verità, sembrerebbe un po’ forzato, eppure, a ben guardare, lei non è del tutto immune da lievi peccati d’omissione. Meno di due è un tenerissimo acquerello sentimentale tra un uomo e una donna, persone perbene, forse troppo perbene, dove i colori più accesi sono quelli delle reciproche premure, di una mutua delicatezza e della scambievole incertezza: sensazioni dell’uno e dell’altro che, però, diventano silenziose inquietudini.

01 dicembre 2024

«Un giorno come un altro» di Giacomo Ciarrapico

Roma, Spazio Diamante
30 novembre 2024

LE URNE VERGINI DI MARCO E RANUCCIO

«Italia dove sei?», urla disperato Ranuccio, scrutatore in un seggio elettorale, in una zona decentrata della Capitale, quando viene a sapere che l’affluenza nazionale non raggiunge nemmeno il due per cento. Addirittura le «sue» urne, quelle che sono sotto il suo irreprensibile controllo, sono ancora vergini: neanche un’anima ha varcato la soglia del seggio 4607. Ma per noi, che vediamo la scena dall’esterno, gran parte dell’Italia è lì, davanti ai nostri occhi, rappresentata dai due personaggi tirati fuori dal manuale del migliore umorismo nostrano, descritti mirabilmente da Giacomo Ciarrapico: sono Ranuccio Fava e Marco Fioretti. Il primo appare subito timido e complessato, eccessivamente rigoroso, un burocrate nell’animo, fedele all’impegno preso, severo con il mondo e con se stesso; l’altro è l’esatto contrario, estroverso, irriverente ma simpatico, dal sorriso sfrontato ma mai aggressivo e dall’atteggiamento tipico di chi vive di espedienti al limite della legalità.

30 novembre 2024

«Una commedia all’Almodóvar» di Emilio Carballido

Roma, Off/Off Theatre
29 novembre 2024

PEDRO, ¿DÓNDE ESTÁS?

So bene che la verità il più delle volte non è carezzevole, ma occorre dirla; e continuerò a dirla, anche se a malincuore, altrimenti si rischia di diventare come quei tanti critici da social che osannano o disprezzano per partito preso senza argomentare il loro parere, giudicando soltanto quel che si vede, senza capire quel che c’è dietro. Quindi, piuttosto che commentare a fondo il «testo esilarante a firma di Emilio Carballido, autore messicano famoso in tutto il mondo e presentato per la prima volta in Italia» (come recita la nota di presentazione), mi attengo alla descrizione di quel che è accaduto durante la recita, affinché si comprenda meglio che per andare in scena occorre una squadra compatta e affiatata. Pensare di recitare un ruolo mentre si costruisce una regia, badare alle luci mentre si ipotizza un cambio di scena è un impegno rischiosissimo che inevitabilmente porta a inciampare nella più impensabile sciocchezza che si materializza per incanto, come per magia.

29 novembre 2024

«Giurato numero 2» di Clint Eastwood

Roma, Cinema Eden
28 novembre 2024

NULLA È COME APPARE. NEMMENO L’ETÀ

Appena terminata la proiezione di Giurato numero 2, quel subdolo pensiero sorto nel buio della sala, che è un chiaro paradosso, provocato dall’inquadratura di un particolare, prende consistenza cominciando a diventare un sospetto quasi realistico: allora, dare sfogo anche alle più improbabili domande diventa una necessità per liberarsi di un assurdo impeto di goliardia. Non è la prima volta che mi sorprende questo irrisorio delirio dopo aver visto una pellicola di Clint Eastwood, perfetta nella realizzazione: dalla sceneggiatura alle inquadrature, dalla fotografia al montaggio. Sì, è vero, si nota che la mano del regista è un po’ vecchio stampo, rispetto agli scatenati registi delle ultime generazioni, ma la limpidezza del racconto è di tale avvincente risolutezza che un pizzico di elegante stagionatura giova alla comprensione della storia e dei caratteri dei personaggi, ergo al piacere di vedere un bel film. Quindi quel pensiero ironico, quel delirio inverosimile, che somiglia a una boutade, diventa un’impellente dichiarazione di stima per chi ha cominciato a far cinema settant’anni fa.

28 novembre 2024

«Il cavaliere inesistente» di Italo Calvino

Roma, Teatro India
27 novembre 2024

QUATTRO BRAVE ATTRICI PER LA RESISTENZA DEL TEATRO

È davvero strano che uno spettacolo prodotto dal Teatro di Roma, e rappresentato in uno spazio gestito dallo Stabile, non sia annunciato in loco (in biglietteria o al bar di fronte all’ingresso delle sale) né con un manifesto, né con una locandina, e nemmeno con una brochure, come fosse la perfetta presentazione dello «spettacolo inesistente». Resta, purtroppo, sempre una spiacevole sensazione di approssimazione quando un allestimento viene abbandonato all’anonimato. Il supporto offerto dal sito internet dell’ente teatrale non giustifica la mancanza d’informazione per il pubblico: neanche il titolo s’è potuto leggere prima di entrare in sala, figuriamoci i nomi degli attori! Eppure, malgrado il temerario presagio, influenzato certamente dal titolo tendenzioso, lo spettacolo, con l’impalpabile fede tipica degli eroi dell’araldica trilogia calviniana, e con gli eterei fumi che già scivolavano sul suolo del palcoscenico, stava per materializzarsi davanti a una platea gremita di giovanissimi spettatori.

27 novembre 2024

«Re Lear», Shakespeare/Lavia

Roma, Teatro Argentina
26 novembre 2024

LA TRAGEDIA DI UN RE INADEGUATO AL MONDO REALE

Quando, nel 1972, dopo quattro anni d’assenza dal «suo» teatro, Giorgio Strehler riprese la direzione della sala di via Rovello, portando in scena la tragedia shakespeariana, volle annunciare pubblicamente il ritorno al Piccolo facendo affiggere nelle vetrine esterne al foyer cinque locandine dove si poteva leggere a grandi caratteri: «Strehler prova Re Lear»: cosicché chiunque passasse per la via, poteva sapere che il re era tornato nel suo regno e che mai avrebbe abdicato. In quella ormai storica edizione c’erano, tra gli altri, Tino Carraro (Lear), Renato De Carmine (Gloster), Ottavia Piccolo (Cordelia e il Matto), Ivana Monti (Regan), Giuseppe Pambieri (Edmund) e, naturalmente, Gabriele Lavia (Edgar). Il quale, nelle note di regia del suo spettacolo – in scena all’Argentina fino al 22 dicembre – scrive che «il destino mi ha riportato a Re Lear, anche se avevo deciso di non farlo. Evidentemente Giorgio Strehler ha sentito e mi ha teso questa trappola».

23 novembre 2024

«Cattivi», uno spettacolo di Gennaro Duccilli

Roma, Teatro Vittoria
22 novembre 2024

«C’È UNA DIVINA PROVVIDENZA ANCHE NELLA CADUTA DI UN PASSERO»

Nell’aprile del 2023, non avendo mai sentito parlare di Gennaro Duccilli, fui attirato da un «Caligola» di Camus, testo intellettuale abbastanza impegnativo e incappai nell’allestimento più improbabile che si potesse immaginare con tanto di sfilata carnascialesca. Lasciai il teatro Ghione abbastanza irritato e nella recensione preferii glissare sui particolari della messa in scena per parlar d’altro. Quest’anno, forte della passata esperienza, ben cosciente di quel che avrei rischiato, mi sono recato al teatro Vittoria, disposto perfino a essere smentito dal nome in cartellone che non avevo dimenticato: avrei voluto che i miei sospetti fossero demoliti, invece, Duccilli, rimasto fedele ai suoi principi, è andato ben al di là di ogni aspettativa. Con l’idea di portare in palcoscenico i Cattivi più famosi della letteratura, non solo teatrale, avrebbe potuto maneggiare un materiale stimolante per uno spettacolo denso di significati e carico di effetti caustici, purtroppo però bisogna che l’artista si convinca di non aver raggiunto l’obbiettivo.

22 novembre 2024

«Trappola per topi» di Agatha Christie

Roma, Teatro Quirino
20 novembre 2024

LA NEVROTICA LOCANDA DEL CACCIATORE SPAVENTA ANCHE I BEATLES

La notizia felice è che, ancor prima di debuttare, Trappola per topi già ha fatto registrare al botteghino del Quirino il tutto esaurito (o quasi) fino all’ultima replica (1° dicembre). Agatha Christie è un nome che in teatro certamente gode di un ampio richiamo di pubblico; il giallo poliziesco, da qualche anno, suscita anche in palcoscenico – per intrigo e leggerezza – notevole curiosità; ma né la fama dell’autrice, né l’attrazione del genere investigativo attirano più del volto televisivo. La televisione costruisce il divo, il bello, il magnifico, l’imperturbabile, l’indiscusso prodigio: a prescindere! Obbiettivamente riempire le platee è davvero diventato un prodigio. Ettore Bassi ci è riuscito, non si sa se grazie al Maresciallo Rocca, o a Un posto al sole, o al poliziotto Rex. Certamente non per il Sergente Trotter del palcoscenico, di cui l’eco è ancora soffusa.

21 novembre 2024

«Fuori uso» di Costanza Di Quattro

Roma, Teatro de’ Servi
20 novembre 2024

PORTATE I RAGAZZI A TEATRO

Soltanto avendo una visione generale, frequentando le platee tutti i giorni e a tutte le ore, si cominciano a delineare i contorni del fantasma, spesso nascosto, del male del teatro italiano: il Ministero della Cultura (chiamato affettuosamente Mic) che appare e scompare, proprio come uno dei pirati di Stevenson. Il Mic è un’entità burocratica sempre presente quando deve riscuotere, assai sfuggente quando serve il suo aiuto: spesso sembra non esserci mai stato, ma invece, anche in maniera invisibile, s’introduce negli ambienti teatrali più fragili, dove trova terreno assai morbido per infiltrarsi con i suoi famelici tentacoli. Quando servono soldi per sostenere imprese valide, sparisce; quando c’è da promuovere uno spettacolo interessante, si dilegua e demanda; quando si tratta di riaprire un teatro, dorme o sonnecchia sotto le coltri dell’ambiguità tra «pubblico e «privato».

20 novembre 2024

«La scortecata» di Emma Dante

Roma, Teatro Vascello
19 novembre 2024

PRIMA GIAMBATTISTA BASILE E POI ROBERTO DE SIMONE

«Quando si dice Lo cunto de li cunti si vuol dire il primo e il più grande di tutti i racconti (così come si dice “il Cantico dei Cantici” e “il Re dei Re”)», lo scriveva Raffaele La Capria nel 1995 sul Corriere della Sera in occasione della pubblicazione delle favole del Basile tradotte da Ruggero Guarini per Adelphi. La raccolta del Pentamerone ha una struttura simile a quella ideata dal Boccaccio, ma si conclude in cinque giornate e non in dieci. Fu data alle stampe la prima volta nel 1637, e tradotta, già all’epoca, in più lingue in Europa; per lo stile e l’inventiva c’è chi incautamente paragonò l’opera al capolavoro di Rabelais; certamente in seguito offrì molti spunti alle novelle di Perrault e dei fratelli Grimm. Fu considerato dalla critica postuma uno dei più grandi monumenti letterari della cultura popolare. Leggiamone un piccolo brano, estratto proprio dalla favola La vecchia scortecata che Emma Dante ha tradotto e adattato per la scena con il titolo La scortecata.

19 novembre 2024

«Se mi conosci…» di Vincenzo Mastropirro

Il libro di poesie

Roma, 18 novembre 2024


«LA SEPARAZIONE È IL PRINCIPALE ATTO DI DOLORE DELLA VITA»

Chiedo scusa all’autore della silloge se mi permetto di cominciare questo soliloquio sul suo volume da una sensazione assolutamente personale. Scopo della poesia è proprio il tentativo di entrare nelle pieghe della sensibilità altrui: così è accaduto e così l’ho fatta mia. D’altronde, il titolo della raccolta diventa un richiamo per ricordare la madre di Vincenzo Mastropirro, che mai mi ha conosciuto, ma che invece il sottoscritto è riuscito a gustare, pur se a distanza, grazie alle brevi frasi che il figlio scriveva sul suo profilo Facebook, riportando piccoli aneddoti carichi di saggezza popolare, di lapidarie sentenze tanto colorite d’affetto quanto spietate nel giudizio. Trascrivo dalla postfazione di Angela De Leo che, a differenza di me, conosceva Ninetta, donna «coraggiosa, battagliera e volitiva con cui il figlio era solito battibeccare in duetti dispettosi d’amore, ricamo di note tenerissime.»

18 novembre 2024

«Barbablù» di Hattie Naylor

Roma, Teatro Belli
17 novembre 2024
Per la rassegna Trend
Nuove frontiere della scena britannica

CON L’ESTASI DELLA SUBORDINAZIONE CALA IL SIPARIO SU TREND XXIII

Al termine della performance, tra gli applausi di una platea affettuosa, Edoardo Frullini, oltre ai canonici ringraziamenti, ha raccontato un breve episodio, accaduto sabato sera, che introduce bene il discorso su questo barboso Barbablù. Una signora all’ingresso ha chiesto cosa si rappresentasse, e il protagonista, che in quel momento arrivava al Belli, ha illustrato brevemente il racconto scritto da Hattie Naylor. L’altra, un po’ contrariata, ha espresso il desiderio di voler vedere in palcoscenico storie più leggere e non di violenza, ma l’attore ha ribattuto dicendo che è compito di un certo genere teatrale far luce su questioni, anche scomode, che affliggono la quotidianità di tutti. Quindi, teatro sociale. Teatro che, come in questo caso, s’impegna a far conoscere storie talvolta vere, talvolta inventate che ricalcano episodi della realtà. Nello specifico, dunque, trattandosi del personaggio di una famosa favola noir di Charles Perrault, si parla ovviamente di femminicidio: e – concordo con Frullini – il teatro spesso ha il dovere di affrontare temi scottanti per portarli alla ribalta, denunciando, contestando, accusando. Principio verissimo e sacrosanto.

16 novembre 2024

«Cyrano de Bergerac» di Edmond Rostand

Roma, Teatro Cometa Off
15 novembre 2024

LA COMETA NON S’ADDICE ALLA COMMEDIA EROICA

Operazione impossibile quella di allestire una «Commedia eroica in cinque atti in versi» nello spazio concentrato del Cometa Off. Certamente nell’adattamento di Matteo Fasanella è contemplata una riduzione, ma si tratta di una riduzione del testo che non corrisponde a una riduzione delle gesta ardimentose dei famosi cadetti di Guascogna. Fasanella, in un luogo simile, avrebbe dovuto presentare il suo Cyrano de Bergerac, come una commedia «da camera» per un quintetto poetico, invece, ha lasciato inalterato l’entusiasmo irrefrenabile dei moschettieri per il «gioco dello stocco»: arte irrappresentabile in pochi metri quadrati, laddove lo spirito dell’opera originale andava completamente rimaneggiata.

15 novembre 2024

«Aspettando Re Lear» di Tommaso Mattei

Roma, Teatro Quirino
14 novembre 2024

UN REBUS CHE SUONA COME UN CONCERTO DODECAFONICO

Desidero subito tranquillizzare i miei venticinque lettori, forse ventisette: al termine dello spettacolo un’emozione arriva; difficile capire bene quale sia, ma arriva; non si tratta di forte commozione né di folgorante entusiasmo, eppure il testo di Tommaso Mattei, benché assomigli a un vero e proprio rebus, riesce a toccare le corde emotive degli spettatori, dopo aver scandagliato il rapporto tra padri e figli. E se non tutti sono padri, certamente tutti siamo figli. Altra certezza è che gli attori sono di ottima levatura. Arianna Primavera, nel doppio ruolo di Matto/Cordelia (come Ottavia Piccolo con Strehler, oltre cinquant’anni fa) è la più brava. Non se la prendano i protagonisti, ma interpretare contemporaneamente due parti, essere figlia e parlare con le battute strampalate del Fool e viceversa, dar vita a due personalità nello stesso istante senza alterare né toni né gestualità e riuscire ad equilibrare due diversi caratteri in un unico animo, be’, considerata la giovane età dell’attrice… Chapeau!

14 novembre 2024

«Venere nemica» di Drusilla Foer e Giancarlo Marinelli

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
13 novembre 2024

A DOMANDA RISPONDE UN SILENZIO

Il meglio di sé Drusilla Foer lo offre agli applausi finali, quando ferma il tripudio del pubblico della prima per ringraziare a voce i suoi collaboratori. Allora vien fuori subito il suo animo schietto e sincero: la sua naturale generosità, la sua verve da showgirl giocosa e affascinante, la sua intelligente ironia e la sua amabile simpatia. Virtù innate e dirompenti della diva transgender, che non aspettavano altro di essere liberate dalle maglie di un copione che, per più di un’ora, l’ha costretta ad essere quella che non è. Malgrado sia stata proprio lei, insieme a Giancarlo Marinelli, ad aver scritto il testo, ispirato alla favola di Apuleio «Amore e Psiche», la Venere che ha creato con le sue stesse mani, diventa la prima nemica.

13 novembre 2024

«Lo scrittojo di Pirandello» di Roberto Gandini e Roberto Scarpetti

Roma, Teatro India
13 novembre 2024

PER LE SCUOLE SI GIOCA ALL’ENRICO IV CON FILENO E LA FIGLIASTRA

Chi va a teatro ogni sera, o quasi, da anni, difficilmente riesce a essere spettatore anche alle recite della mattina: sia per una questione d’orario, sia perché (rimescolo nei ricordi), soprattutto sono rappresentazioni assai rumorose, essendo frequentate solitamente da studenti in «gita» scolastica. Tuttavia, per Luigi Pirandello un’eccezione si fa. Attirato dal titolo, e in particolar modo dalla parola scrittojo, proprio con quella vocale addolcita, tipica di Pirandello, nonostante arrivassi da poche ore di sonno, sono andato a vedere lo spettacolo di Roberto Gandini, convinto di assistere a una commedia disturbata da una comitiva di studenti scalmanati.

«Vorrei una voce» di Tindaro Granata

Roma, Sala Umberto
12 novembre 2024

QUALCHE COSA DI SICURO IO FARÒ… SOGNERÒ

Il sottotitolo avverte con chiarezza: «Tindaro Granata con le canzoni di Mina». Sembra uno scherzo, quasi un paradosso, finanche si sospetta una presa in giro: non per mancanza di fiducia nei confronti del protagonista che potrebbe avere una gran voce, un talento canoro insospettabile, ma per una ovvia questione di permessi, diritti e concessioni. La curiosità, quindi, s’impenna e si corre alla Sala Umberto per scoprire cosa si nasconde dietro lo strillo del manifesto che suona tra il sibillino e il canzonatorio. Oltretutto «Vorrei una voce» è un verso di un famoso brano cantato dalla Tigre di Cremona. Dunque, com’è possibile che Tindaro Granata possa portare in scena le canzoni di Mina?

12 novembre 2024

«Parthenope» di Paolo Sorrentino

Roma, cinema Savoy
12 novembre 2024

LA GRANDE BELLEZZA CHE NON SALVERÀ NAPOLI E NEMMENO IL MONDO

A chi mi ha chiesto se l’ultima opera di Paolo Sorrentino mi sia piaciuta o meno, ho risposto che lei, l’attrice protagonista, è talmente bella che il mio giudizio sul film non interessa più neanche a me. Due ore e mezzo per vedere il film e quattro ore almeno per disintossicarmi da tanta bellezza per riuscire a riveder le stelle. Una bellezza che non salverà il mondo nemmeno quando c’erano i bambini, ma anzi lo graverà, e non poco, di infelicità, di spleen, di appucundria, perché giunge dalle acque di quel golfo popolato dalle sirene, creature mitologiche che rapirono con il canto e con lo sguardo i loro spasimanti affogandoli nelle profondità marine. Una bellezza talmente ossessiva e malinconica da rimanere avviluppati nell’infelicità di Parthenope. D’altronde «è impossibile essere felici nella città più bella del mondo», dove Dio è l’unico a non amare il mare, perché quel mare è un tenace feudo del mito. Mito antico che risale al viaggio di Ulisse, ma anche mito moderno che si concentra nel sorriso di Celeste Dalla Porta.

11 novembre 2024

«Regine di cartone» di Marina Pizzi

Roma, Teatro Marconi
10 novembre 2024

GINA, TONTA E RUVIDA COME MASCIA, OLGA E IRINA

Durante la lunga pedalata che dal teatro mi ha accompagnato fino a casa, lo sguardo ha incrociato almeno tre situazioni simili a quella appena vista in palcoscenico. Clochard distesi in terra in mezzo ai cartoni: uno completamente nascosto per ripararsi dall’umidità; un altro arruffato e con la barba lunga, sguardo perso nella solitudine, la miseria nelle mani; infine, una donna, scialle strappato che le pendeva sulle spalle, indaffarata nel nulla a recuperare stoffe per passare la notte tra le nevrosi di uno stato d’animo tarato dall’inquietudine. Nessuno discuteva con un compagno. Nessuno citava passi di Medea. Nessuno allargava le braccia nel tentativo di stringere quelle di un altro. Soltanto la donna borbottava da sola sotto il porticato di una piazza del centro.

10 novembre 2024

«Amelia e Sophie. Le aviatrici» di Anna Ceravolo

Roma, Teatro di Documenti
9 novembre 2024

LE PRIME DONNE VOLANTI VITTIME DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

In quest’epoca, sentimentalmente arida e romanticamente arsa, sono tanti gli autori drammatici che sentono la necessità di adeguarsi a un incosciente standard sociale che sembra obbligarli a esaltare il valore della donna attraverso peregrinazioni letterarie che nulla hanno a che fare con il linguaggio teatrale. Voglio dire che pur prendendo a pretesto storie vere, interessanti, con protagoniste donne di indiscusso e ardimentoso valore, queste scritture vengono trattate usando un cliché narrativo senz’anima, quindi senza alcuna personalità, senza un adeguato stile individuale. Tante volte accade in una redazione che un giornalista sia invitato a seguire la cronaca di un evento di cui ha scarsa padronanza: il risultato è che le parole vengono ugualmente scritte e, una dopo l’altra, formano certamente un articolo, talvolta persino comprensibile, ma che mai soddisferà il lettore, perché privo di quei particolari gustosi, captati dall’occhio più esperto e smaliziato, capaci di catturare l’attenzione e di accendere la curiosità di chi legge.

27 ottobre 2024

«Giulia mia cara! Giorgio» di Maria Mauti

Festa del Cinema di Roma
Maxxi
24 ottobre 2024

L’ONORE DELL’ULTIMA PAROLA ALLA PREDILETTA

Presentato al Rome Film Fest il documentario su Strehler, protagonista Giulia Lazzarini

Nel 1994, durante un viaggio all’estero, Giorgio Strehler scriveva a Giulia Lazzarini: «… vorrei che fossi tu a darmi l’ultima parola». Si trattava di una richiesta del regista all’attrice su una questione professionale, ma dopo aver visto il documentario di Maria Mauti, che dal volume epistolare curato da Stella Casiraghi («Lettere sul teatro», Archinto 2003) è riuscita a estrapolarne il senso formativo del mestiere e a tradurlo in immagini con la voce della stessa Lazzarini, quel «… vorrei che fossi tu a darmi l’ultima parola» torna all’orecchio come una frase testamentaria. La sensazione nasce, senza alcuna forzatura, anzi con estrema naturalezza, per aver visto e compreso il rapporto profondo tra maestro e allieva. Lui, il padre mentore; lei, la figlia fedele. Non è un caso che il filmato della Mauti porti nel titolo il sentimento di una unione indissolubile Giulia mia cara! Giorgio.

26 ottobre 2024

«Margherita tra le stelle» di Marco Usai

Roma, Fortezza Est
25 ottobre 2024

UNA REGIA SUGGERITA DAL CARATTERE BRIOSO DELLA HACK

Ci sono spettacoli che nella loro semplicità trovano un equilibrio perfetto tra la scrittura e l’interpretazione, tanto da radunare, nella platea gremita della Fortezza Est a ridosso della Casilina, un pubblico sia di adulti che di giovanissimi. Un simile equilibrio in scena non è mai casuale, ma merito dell’attenta regia di Marco Usai che cura la realizzazione di un suo testo apparentemente «sgangherato», cioè composto da singoli episodi sciolti, che però, ricuciti insieme, restituiscono integra la vita di Margherita Hack, geniale astrofisica morta nel 2013 all’età di 91 primavere (era nata nel 1922 a Firenze), fino al 1964, anno in cui conquistò la direzione dell’Osservatorio di Trieste.

25 ottobre 2024

Premio Rossellini, XVI edizione

Festa del Cinema di Roma
Parco della Musica
Spazio Lazio Terra di Cinema
25 ottobre 2024

CORTOMETRAGGI: PREMIATA LA MEMORIA PER L’ECCIDIO DI CALVI DELL’UMBRIA

Per il quarto anno consecutivo s’è svolta all’Auditorium, nel bel mezzo del gran circo della Festa del Cinema, la premiazione delle sceneggiature del Premio Roberto Rossellini 2024, giunto alla XVI edizione e dedicato ai cortometraggi. In collaborazione con la Festa del Cinema di Roma, presso lo Spazio Lazio Terra di Cinema della Regione Lazio, in meno di un’ora, guidati dall’eleganza di Francesco Verdinelli che ha condotto l’evento al ritmo sostenuto di uno swing, sono stati presentati i tre filmati vincitori: medaglia d’oro a Per non dimenticare di Zoe Perfetti e Vincenzo Merlo; l’argento è stato assegnato a Scusa di Giulio Novelli; bronzo per Trentasei Sensei! di Leonardo Gaspa, Elisa Angeli e Matteo Franchetti.

«Riccardo III» di William Shakespeare

Roma, Teatro India
24 ottobre 2024

CON KUBRICK NELLA STANZA DELLA TORTURA

Non credo di sbagliare se azzardo che lo studio di Luca Ariano e di Pietro Faiella sul Riccardo III di Shakespeare, proposto al teatro India fino al 10 novembre, sia un adattamento idealmente suggerito da Kubrick, se non addirittura da Burgess. Lo scrittore, infatti, titolò il suo romanzo più famoso ispirandosi a una espressione tipica dello slang londinese, Clockwork orange, riferita a colui che è (o che pare) «sballato come un’arancia a orologeria»: come se il suo cervello fosse composto da tanti spicchi, non collegati l’uno all’altro, e con la capacità di funzionare uno alla volta, alternandosi grazie a un ipotetico congegno a tempo. È «l’Arancia meccanica», frutto seducente e succoso, apparentemente ripieno di dolcezze, ma che invece riveste una natura imprevedibile e bacata. «L’inganno si nasconde in un supplizio così suadente», dice, infatti, la regina madre al figlio appena incoronato.

24 ottobre 2024

«Fonès» di Francesca Muoio e Luca Trezza

Roma, Spazio Diamante
23 ottobre 2024

RITRATTI DI VITA NAPOLETANA IN VIA PRENESTINA 230

Alla presentazione del cartellone del nuovo spazio teatrale di via Prenestina, il 12 giugno scorso, questo fu uno degli spettacoli che più mi incuriosì. Le poche parole dei protagonisti che illustrarono la loro opera coinvolsero subito la mia curiosità partenopea. L’attesa e l’interesse crescente nei confronti della realizzazione scenica di Francesca Muoio e Luca Trezza ha fiaccato sul nascere l’improvvisa pigrizia che, alla vista di un forte acquazzone abbattutosi sulla capitale e alle sconfortanti notizie del traffico impazzito che paralizzava la città, stava lievitando minacciosamente. Dunque le aspettative erano alte. Forse troppo. Tant’è che quando mi accingevo a prendere posto in sala, ho notato con un pizzico di delusione la non-scena: a terra, verso il fondo, una serie di abiti (e qualche accessorio) erano perfettamente allineati di fronte al pubblico. Tra i differenti «mucchietti» ho riconosciuto un giubbotto maschile imbottito, una parrucca bruna, vari occhiali e un bastone. A uno sguardo più generico e più napoletano ho realizzato che si trattassero d’ ‘e pezze ‘nterra per i travestimenti. E devo ammettere che non mi sono sbagliato.

23 ottobre 2024

«1984», da George Orwell

Roma, Teatro Quirino
22 ottobre 2024

«IL GRANDE FRATELLO VI Dà IL BENVENUTO IN TEATRO»

Poco prima che le luci di sala si spegnessero, una registrazione ha avvertito che il Grande fratello dava agli spettatori il benvenuto in teatro, come se non bastasse quello televisivo! Per fortuna si trattava di un GF di differente spessore intellettuale, il quale raccomandava di non impressionarci delle scene di violenza (fittizia) o delle macchie di sangue (finto) che si sarebbero viste durante lo spettacolo, nulla di peggio di quel che accade ogni giorno per strada. L’annuncio così terminava: «Spegnete i telefoni cellulari: il Grande fratello vi spia. Non fate i furbi». Naturalmente non tutti hanno spento il cellulare, e non per furbizia, ma per strafottenza: s’era già capito che il GF spiava soltanto i suoi cittadini (rappresentati dagli attori sul palco) i quali per due volte, nella prima scena, sono stati costretti a consegnarli alle autorità, ma quando poi in platea è squillato un cellulare, l’allarme del GF purtroppo è rimasto silenzioso.

22 ottobre 2024

«Meat» di Gillian Greer

Roma, Teatro Belli
21 ottobre 2024
Per la rassegna Trend
Nuove frontiere della scena britannica

L’IRLANDESE SI PERDE CON IL CONTORNO!

Se a poco più di 30 anni uno scrittore è sempre in erba, Gillian Greer è ancora una giovanissima irlandese già abbastanza indispettita dalle esasperazioni del politically correct. Nata nel 1991, ha intrapreso la carriera letteraria e teatrale, frequentando il Soho Theatre di Londra, ma resta una donna di grezzo sangue irlandese e non inglese («… che è tutta un’altra cosa!», diceva un amico conosciuto nei libri). La sua carne è primordiale come la sua terra. Meat, commedia presentata al Belli, fino a mercoledì, per la rassegna Trend, infatti, è il frutto drammaturgico – se ho capito bene – della sua spontaneità d’animo che vuol tradurre con la verità della parola. Equivale, per allegoria, in maniera più moderna, concreta e provocatoria, a quel modo di dire che nei nostri Vangeli è ripetuto due volte: In verità, in verità vi dico… che quel che la Greer scrive riflette l’onestà del suo spirito artistico e ribelle.

21 ottobre 2024

«Trachinie» di Sofocle

Roma, Teatro di Documenti
20 ottobre 2024

«NON HANNO SENSO NÉ VENDETTA, NÉ RANCORE»

Pagliaro porta la maestosità dei versi di Sofocle nelle antiche grotte di Testaccio

Affrontare l’antica tragedia, senza poter usufruire della vastità e del fascino storico che la struttura di un teatro greco conserva da diversi millenni, è impresa assai delicata. I tre grandi autori tragici scrissero per un pubblico che affollava immensi spalti all’aperto, e oggi la rappresentazione di un’opera classica al chiuso pone, a qualunque regista, alcune questioni che soltanto una sensibile versatilità d’interpretazione può risolvere. Walter Pagliaro, dopo aver portato Trachinie a Siracusa (nella scena dov’è nata la tragedia), tenta di comprimere la maestosità dei versi di Sofocle nelle antiche grotte di Testaccio: spazi sotterranei, cunicoli angusti, una volta molto bassa sopra le teste degli spettatori che, invece di assiepare le gradinate, sono seduti su rigide panche poste intorno alla scena su tre lati. Insomma, un luogo concepito architettonicamente con teorie opposte a quelle del classico teatro di Epidauro, dove la gente si alzava, camminava, chiacchierava. Dunque, una vera e propria sfida.

20 ottobre 2024

«A volte Maria, a volte la pioggia» di Daniele Parisi

Roma, Spazio Diamante
19 ottobre 2024

«AL CENTRO O INTORNO AL CENTRO?»

Dispiace sempre quando l’esibizione di un attore, «piccola» che sia, non abbia all’ingresso del teatro nemmeno una brochure di presentazione, dove sono riportate le notizie fondamentali. Soltanto un manifesto esposto nella vetrina esterna ne annunciava la rappresentazione: meno male che i nostri cellulari possono fotografare, altrimenti non avrei ricordato né il titolo e forse neanche il nome del protagonista. Capisco che A volte Maria, a volte la pioggia sia stato programmato all’ultimo momento al posto di «Inviloop» dello stesso autore, ma non offrire al pubblico le informazioni base su quel che sta andando a vedere è atteggiamento poco professionale. Ripeto: dispiace e non capisco di chi sia la responsabilità di tanta improvvisazione.

19 ottobre 2024

«Polmoni» di Duncan MacMillan

Roma, Spazio Diamante
18 ottobre 2024

UN TESTO CHE IMPONE UNA RECITAZIONE ULTRAVELOCE

Per un attimo m’è sembrato di vedere tutte le Tragedie in due battute di Achille Campanile correre sul Frecciarossa! La sensazione è nata perché, per recitare il testo di Duncan MacMillan, ci vogliono due Polmoni grandi – ciascuno – come la cassa di un contrabasso! Frase che ha tutte le caratteristiche di una semplice boutade, nemmeno troppo spiritosa, eppure contiene due precise indicazioni sulla pièce vista allo Spazio Diamante, in scena fino a domenica 20. La prima, più evidente, spiega perfettamente il titolo che, contrariamente alla consuetudine, si appoggia non sul significato del dialogo, ma direttamente sull’abilità degli attori che s’impegnano a recitare il copione tutto d’un fiato, senza interruzioni. Dunque, occorrono due bravi interpreti – bravi davvero – giovani e possibilmente non fumatori. La seconda indicazione, invece, riguarda il testo scritto, ed è il punto su cui verte la critica.

18 ottobre 2024

«Bidibibodibiboo» di Francesco Alberici

Roma, Sala Umberto
17 ottobre 2024

CARO ALBERICI, FUORI AL TEATRO CI DOVREBBE ESSERE LA FILA

«Se lo spettacolo vi è piaciuto, ditelo in giro e invitate almeno una persona a venire a vederci. Noi saremo felici». Sono le parole che Francesco Alberici, al termine del suo Bidibibodibiboo, in scena alla Sala Umberto fino a domenica, ha pronunciato in ribalta, davanti a una platea plaudente, ma non gremita: eppure avrebbe meritato il tutto esaurito. E un mese di repliche. Il teatro va aiutato e invece l’organizzazione che oggi si adotta in tutta Italia lo sta mortificando. A doversi impegnare per questa crociata, rischiosa certamente (ma in teatro il rischio d’impresa è l’unica certezza), devono essere i produttori e i gestori delle sale. I primi dovrebbero – in buona fede, naturalmente – suggerire ai secondi quali sono gli allestimenti che meritano di restare in cartellone più tempo, quelli su cui porre attenzione e maggior fiducia. In un momento difficile come quello che stanno vivendo, ormai da anni, le platee romane (e non solo), gli spettacoli non possono essere trattati tutti alla stessa maniera: ci sono quelli che vanno «licenziati» subito (non mancano!) e quelli che vanno «promossi» e sostenuti. Solo così il pubblico potrà rieducarsi alla qualità. Soltanto così le nuove valide leve del palcoscenico potranno essere conosciute e rispettate.

17 ottobre 2024

«I Mezzalira – Panni sporchi fritti in casa», di Agnese Fallongo

Roma, Teatro Basilica
16 ottobre 2024

UNA TRAGEDIA UMORISTICA AMBIENTATA NEL «SUDDISSIMO»

La storia della famiglia Mezzalira sembra uscita dagli appunti non utilizzati dei grandi romanzi verghiani del ciclo dei vinti: caratteri popolari, terre da coltivare, giare e olive, fame e indigenza, baroni e contadini, canti evocativi e preghiere, desiderio di riscatto. Tutti temi tipici di una letteratura del Sud che se da un lato fu verista e drammatica, dall’altro (quello teatrale) resta tra le più briose e comiche dell’intera produzione italiana. Agnese Fallongo attinge da entrambe le miniere per costruire una tragedia umoristica ambientata in un sud un po’ più a sud del nostro meridione, praticamente nel suddissimo, che è territorio poetico. Un luogo della fantasia, dove si parla un interessante vernacolo popolaresco, nel quale si riconoscono molte parole dell’entroterra campano, ma con inflessioni lucane e anche siciliane. Insomma, un miscuglio giocoso che sposa perfettamente i ritmi da tammurriata e le belle melodie canore composte da Tiziano Caputo, laddove il dialogo ha bisogno di un sostegno drammatico o di una sospensione temporale.

16 ottobre 2024

«Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta», di Sandro Bonvissuto

Roma, Teatro India
15 ottobre 2024

«QUANDO L’INFANZIA NON AVEVA CASE, MA STRADE»

La stagione dell’India s’è inaugurata con una magnifica pedalata in bicicletta nel nostro passato recente e remoto, piacevole ed emozionate, distensiva e avvincente; mai in salita, ma anzi con un arrivo in velocità felice e commovente, al termine di un leggero pendio addirittura cinematografico, tante sono le immagini che rievoca la descrizione. Valerio Aprea, fino al 27 ottobre nello spazio vicino al gasometro, negli ex capannoni di Rancati, legge il racconto di Sandro Bonvissuto dal titolo Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta: un po’ lungo come titolo, ma – tranquilli – non è proporzionato al racconto, che invece ha la durata di un soffio e la gradevolezza di un tramonto d’estate. Perché si svolge proprio nei giorni estivi.

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