31 gennaio 2025

«Bianco» di Marco Buzzi Maresca

Roma, Teatro Sophia
30 gennaio 2025

TROPPI PARABORDI IN MARE APERTO!

Il punto, signori miei, è che in teatro non si giudica mai l’operato del protagonista, ma sempre quello dell’autore in primis, e a seguire quello del regista. E quando alla fine non si ha nient’altro da dire, allora si esamina la capacità degli attori. Tuttavia, in questo caso l’opera del protagonista diventa fondamentale, in quanto viene presa a pretesto sia dall’autore che ne illustra letterariamente la genesi, sia dal regista che la usa per l’allestimento scenico. D’altronde stiamo parlando di Jackson Pollock e Lee Krasner, due artisti innovativi, pittori eccentrici, coppia irregolare di un’America a cavallo del secondo conflitto mondiale, in cerca di una corrente pittorica anticonformista che desse finalmente una moderna identità artistica al Paese che ancora manteneva nella civiltà dei pellerossa il distintivo indigeno di un’arte figurativa più vicina alla preistoria che a Picasso.

30 gennaio 2025

«Radio Argo Suite» di Igor Esposito

Roma, Teatro India
29 gennaio 2025

STRAPPIAMOCI DI DOSSO L’ABITO DELLA VANITÀ

Più che il Mazzotta poté l’Esposito. Peppino Mazzotta è un ottimo interprete (ma...!). A settembre scorso vinse il Premio Le Maschere per la realizzazione di Radio Argo Suite, monologo che già nel 2011 ricevette il Premio nazionale della Critica, e che ora torna in ribalta al teatro India fino al 2 febbraio. Peppino Mazzotta, ripeto, è un ottimo interprete, eppure è il testo di Igor Esposito a lasciare il segno sugli spettatori, a graffiare il mondo del potere dei pochi e della vanità dei molti. Come Vittorio Alfieri, per far rivivere ai suoi giorni (fine Settecento) il mito degli Atridi, riscrisse in endecasillabi – Notte! funesta, atroce, orribil notte… il più famoso incipit – il ciclo di Argo, ispirandosi all’Orestea di Eschilo, Esposito, per lo stesso intento, ha scelto, nella sua originale soluzione teatrale, di simulare una trasmissione radiofonica, con un conduttore dalla tipica profonda voce notturna, che introduce i personaggi della tragedia a cui offre un microfono per lasciargli il tempo di raccontare ciascuno il proprio dramma. O, per essere più precisi, un radiodramma in versione suite, proprio come sono certe trasmissioni della notte, che alternano brani musicali a momenti più «funesti».

28 gennaio 2025

Eliseo, storia di un teatro chiuso da cinque anni (2)

OTTO MILIONI DI EURO «PER SPESE ORDINARIE E STRAORDINARIE»

SECONDA PARTE

Tra rimandi e altre promesse la nuova gestione dell’Eliseo debuttò nel settembre del 2015. Un anno perso, eppure, con un sorridente e compiaciuto «Ce l’abbiamo fatta», Barbareschi annunciò la riapertura in conferenza stampa, sbandierando eroicamente una spesa iniziale – pare – di quattro milioni di euro per una ristrutturazione obbiettivamente poco vistosa. I proclami non si fecero attendere, ma le effettive novità riguardarono l’apertura di un ristoro all’interno del foyer superiore e l’inizio degli spettacoli anticipato di un’ora: «… perché a Londra il teatro comincia alle 20», fu la spiegazione. Inoltre, al Piccolo, fu rimossa la targa con il nome di Giuseppe Patroni Griffi, regista e scrittore al quale la sala era stata intitolata subito dopo la scomparsa (15 dicembre 2005); in compenso i nomi degli artisti più famosi che resero glorioso il passato del teatro furono affissi (ad honorem?) tra le piastrelle del nuovo rivestimento delle toilette accanto alla sala grande, così da poterla fare sempre in buona compagnia. Stravaganza sudamericana (dove Barbareschi nacque a Montevideo, Uruguay, nel 1956) più che tradizione dell’ebraismo, giudiziosa dottrina religiosa professata dal nostro protagonista.

27 gennaio 2025

«Lo stato delle cose (2)» di Massimiliano Bruno & C.

Roma, Teatro Parioli
25 gennaio 2025

ERRARE HUMANUM EST, PERSEVERARE AUTEM DIABOLICUM

Già il titolo, ampiamente abusato, è un’indicazione precisa. Si sa che non c’entra il film di Wenders, si capisce che non è il libro di Ford, s’intuisce che non ha nulla a che fare con la trasmissione di Giletti, ma l’unico riferimento resta, per Massimiliano Bruno, ideatore del carosello, la citazione di se stesso. Infatti, lo spettacolo (o quel che sembra) è un remake, finto teatrale, finto televisivo, della prima serie andata in scena nel 2003. Così nasce la seconda parte de Lo stato delle cose, una carrellata senza lode di quel misero modo di far avanspettacolo, scimmiottando il più banale esempio televisivo. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, dicevano i saggi. Eppure Bruno non si tira indietro e con coraggio e determinazione, per regalare soddisfazione agli allievi della sua scuola di teatro, lui, il maestro, offre loro l’opportunità di esibirsi in ribalta davanti a una platea costituta per lo più da amici e parenti. Gli attori sono una trentina, forse più, quindi non è poi così difficile riempire la sala e consolarsi con gli applausi.

26 gennaio 2025

«Anna Cappelli» di Annibale Ruccello

Roma, Teatro India
25 gennaio 2025

ANNA NEL CAMPO DEI MIRACOLI

Ci sono due momenti che rendono fertile il terreno incolto che Anna Cappelli calpesta con disprezzo e morde con i piedi per necessità; terreno brullo nel quale lei ci inciampa e ci affonda, per leggerezza e per gravità, per tedio e per fastidio; lo scalcia questo terreno, lo sfiora, l’accarezza, e ci si sdraia dentro (non sopra, ma dentro). Il primo indizio lo si deve leggere quando si entra in sala: Anna è lì, in scena, scalza, con una vesticciola sgualcita, i capelli arruffati, vede entrare gli spettatori e mantiene l’atteggiamento malato di chi attende una visita importante. Non si sa chi aspetta, ma certamente arriverà qualcuno a cui deve raccontare una storia, una storia malata anch’essa. Qualcuno che le offrirà un perdono o la punirà con una condanna. Anna, ancora con le luci di sala accese, mormora sedimenti di un passato, farfuglia timori e remore, con talmente tanta intensità che il pubblico (che ha capito benissimo che lo spettacolo ancora ha da cominciare) resta rispettosamente fermo e silenzioso a osservare: perché il delirio della protagonista è inquietante e contagioso.

25 gennaio 2025

«Il rito» di Ingmar Bergman

Roma, Teatro Vascello
24 gennaio 2025

L’ETERNITÀ DELLA BELLEZZA E IL LIMITE DELL’ARTE SOVVERSIVA

L’allestimento di Alfonso Postiglione dell’opera di Ingmar Bergman mi lascia in eredità due convinzioni: la prima è che la bellezza è un talento eterno e universale, la seconda è che l’arte rivoluzionaria invece è temporanea e quindi rivolta a un pubblico assai esiguo. La bellezza, infatti, è un’ispirazione e un’attrazione che colpisce tutti (o quasi) e in chiunque provoca una reazione che solitamente, di primo acchito, è una piacevole ammirazione; ma è anche una qualità e una virtù capace di appagare l’animo attraverso i sensi, divenendo così, per naturale traslazione, oggetto di meritata e degna contemplazione. Ed è quel che accade durante Il rito, commedia adattata dal film firmato dal grande regista svedese. La bellezza in questione è quella di Alice Arcuri, viso incantevole, corpo androgino (fasciato dagli ottimi costumi di Giuseppe Avallone) perfetto, statuario, che acquisisce rilevanza estetica man mano che la trama si sviluppa, relegandola, ahinoi, in secondo piano. La fisicità dell’Arcuri resta purtroppo l’unica attrazione contemplativa della serata. Sì, c’è anche la bella scena di Roberto Crea che fa da cornice luminosa alla Venere del Vascello, ma perfino la buona prova recitativa dello stesso Postiglione non regge il confronto.

24 gennaio 2025

«Controfigura» di Antonello Toti

Roma, Teatro Tordinona
23 gennaio 2025

I DUBBI SULLA REALTÀ E L’EQUILIBRIO DELL’AMORE

«Il mondo non è di per se stesso in nessuna realtà se non gliela diamo noi; e dunque, poiché gliel’abbiamo data noi, è naturale che ci spieghiamo che non possa essere diverso. Bisognerebbe diffidare di noi stessi, della realtà del mondo posta da noi». Lo scriveva Luigi Pirandello il 2 settembre 1920, per il Discorso alla Reale Accademia d’Italia di Catania, in omaggio a Giovanni Verga, sette anni prima che uno strabiliante fatto di cronaca divenne l’affasciante caso giudiziario, denominato «Bruneri-Canella», altrimenti conosciuto come lo smemorato di Collegno. Tale signora Canella riconobbe suo marito, professor Giulio, in una fotografia pubblicata nel febbraio del 1927 dalla Domenica del Corriere, sotto la quale si poteva leggere di un ricoverato nel manicomio di Collegno che non ricordava più nulla di sé, nemmeno il nome. Era uno dei tanti dispersi della Grande guerra. La probabile consorte andò a trovarlo, lo abbracciò e amorevolmente se lo riportò a casa. Dopo qualche tempo, però, una lettera anonima riaprì il caso. Il Momento, quindicinale milanese, appoggiando la tesi della missiva, cominciò a sostenere che l’identità dello smemorato non fosse quella del Canella, piuttosto di un tipografo, Mario Bruneri, più volte condannato per truffa e falsa personalità. Malgrado la sentenza del tribunale, in seguito, stabilì che si trattasse effettivamente del losco Bruneri, la signora Canella continuò a riconoscere l’uomo che ormai viveva accanto a sé come suo marito, e continuò a chiamarlo Giulio.

23 gennaio 2025

«Il caso Jekyll», di Stevenson/Rubini

Roma, Teatro Quirino
22 gennaio 2025

LA FIERA DEI RUMORI A PALAZZO JEKYLL

Sergio Rubini, di cui ho grande stima, scrive nelle note di regia: «Partendo dalla considerazione che il celebre romanzo di R. L. Stevenson Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde sia un’apologia sulla condizione umana avendo come tema centrale il doppio, che poi è il doppio che alberga in ognuno noi, abbiamo sviluppato una drammaturgia che avesse una chiave più chiaramente psicanalitica … etc etc…». La riduzione teatrale vista al Quirino ha esattamente questo andamento: una costruzione scenica e registica attenta, meticolosa, e in teoria anche coerente, ma concretizzata in una realizzazione senza alcuna emozione. Non c’è pathos, non c’è coinvolgimento, non c’è un’anima teatrale. C’è un racconto che man mano che progredisce si allontana dalla platea. Resta la narrazione di una storia, di cui vediamo alcune scene dialogate, un po’ ripetitive, ma senza suspense.

22 gennaio 2025

«I ragazzi irresistibili» di Neil Simon

Roma, Teatro Argentina
21 gennaio 2025

«DOVE C’È TALENTO NON PUÒ ESSERCI VECCHIAIA»

Forse non sono più ragazzi, ma certamente sono irresistibili. Formano ormai una delle coppie teatrali più raffinate dell’ultimo periodo. Umberto Orsini e Franco Branciaroli, dopo aver debuttato insieme in Pour un oui ou pour un non di Nathalie Sarraute (con la regia Pier Luigi Pizzi) confermano le loro affinità artistiche rivestendo i ruoli dei protagonisti in I ragazzi irresistibili, classico della comicità americana di Neil Simon, che grazie al successo della pellicola con Walter Matthau e Georg Burns conquistò, già nel 1975, notorietà in tutto il mondo. «Dove c’è talento non può esserci vecchiaia», è la battuta che li fotografa in scena. Vederli insieme, infatti, è un piacere, e l’età non si vede: la loro recitazione riverbera di divertimento, di leggerezza, di quel raffinato esprit de plaisir che tanti bravi attori più giovani difficilmente riescono ad acquisire: non per incapacità, sia chiaro, ma – se è vero che il mestiere s’impara facendolo – per mancanza di esperienza sul palco con i grandi maestri. Fortunato, quindi, chi ha la possibilità di partecipare a quest’allestimento.

21 gennaio 2025

Eliseo, storia di un teatro chiuso da cinque anni (1)


BARBARESCHI: «ROMA HA BISOGNO DI UN TEATRO CHE AGISCA NELLA LEGALITÀ»

PRIMA PARTE

Il cartellone del Teatro Argentina propone, da martedì 4 marzo a domenica 16 marzo 2025, November, commedia di David Mamet, con la regia di Chiara Noschese. Attore protagonista sarà Luca Barbareschi, patron delle due storiche sale teatrali di via Nazionale, che da marzo 2020 (dalla chiusura imposta dal Covid) mantengono le saracinesche abbassate. Luci, però, sempre accese all’ingresso, come a voler ricordare che qualcuno all’interno ci sta, e sta lavorando: sì, è vero, ma, dalle apparenze, non per il teatro. Gli uffici, quelli che una volta furono di Vincenzo Torraca, di Giuseppe Battista e di Vincenzo Monaci, sono ormai da tempo occupati dalla Èliseo Entertainment, società di produzione cinematografica di cui Barbareschi è l’unico responsabile (qui il sito della moving emotions), con sede in via della Consulta 1, palazzo dal quale si accede alla vecchia amministrazione del teatro e una volta anche alle leggendarie Stanze dell’Eliseo, dove vivevano Gino Cervi e Rina Morelli, e dove si riunivano i più importanti artisti degli anni d’oro: da Visconti a Stoppa, da Eduardo a Valli, dalla Brignone alla Falk, dalla Pagnani a Tieri, da De Lullo a Patroni Griffi, il quale nel 1978, grazie alla collaborazione che ebbe col gruppo dei Giovani, inaugurò da direttore artistico, la sala del Piccolo.

20 gennaio 2025

«Il cortile» di Spiro Scimone

Roma, Teatro Argot
19 gennaio 2025

GODOT È ARRIVATO, MA STA PEGGIO DE TUTTI!

Che l’autentico protagonista della grande tragedia minimalista e surreale descritta da Spiro Scimone, sia un sacco di plastica, non ci vuole molto a capirlo: giusto il tempo di vedere uscir da lì un secchio con l’acqua, primo elemento vitale, benché giallastro, e l’indicazione è già chiara. Se poi all’interno si troverà anche qualche tozzo di pane ammuffito, la previsione diventa certezza. Le voci e le piccole azioni che ruotano intorno all’involucro diventano il contorno utile a rendere più poetico il dramma dell’assurdo che si nasconde in quel sacco di rifiuti, che stenta a riempirsi di altri argomenti se non quelli miseri ed essenziali (appunto, acqua e pane), ma che pure soddisfano le esigenze di Peppe, Tano e Uno che vivono in un piccolo cortile, dove vengono ammassate le immondizie di un agglomerato cittadino, uno come tanti, abitato perlopiù dal degrado e dall’angoscia.

19 gennaio 2025

«Vittorio De Sica» di Luca Mascolo

Roma, Altrove Teatro Studio
18 gennaio 2025

ANCORA UN MICROFONO INVANDENTE

Il 13 novembre scorso ricorreva il 50° anniversario della morte di Vittorio De Sica. L’omaggio di Luca Mascolo giunge sul palcoscenico dell’Altrove Teatro Studio di Roma con un paio di mesi di ritardo, ma è meraviglioso che ci sia arrivato e sarebbe meglio se ci restasse ancora un po’, perché la scena alla quale ho assistito involontariamente, al termine dello spettacolo, mi ha lasciato del tutto incredulo. Un gruppetto formato da ragazze ventenni, o poco più, commentava con stupore la bellezza di alcune canzoni, eseguite da Mascolo, che non avevano mai ascoltato. Le fanciulle, quindi, ignoravano l’esistenza di Munasterio ‘e santa Chiara, di Anema e core e naturalmente anche di quelle meno famose. Preso atto di questa triste realtà e avendo di fronte la fotografia del regista di Ladri di biciclette, mi son chiesto quanto le nuove generazioni abbiano la possibilità oggi di andare a scovare in quel marasma che è la rete web notizie su De Sica e Rossellini o su Zavattini e Mattoli che pure sono nominati nello spettacolo. È bene, quindi, che il teatro possa sollecitare quelle curiosità che ormai scuola e famiglia non riescono più a provocare.

18 gennaio 2025

Ricordo di Gregorio Maldini

ERA DIVENTATO IL SUO STESSO SORRISO:
IL SORRISO DELLO SPIRITO ALOHA

Gregorio era… che fatica dover usare l’imperfetto parlando di un amico con il quale hai condiviso la parte più fresca della vita; e che fatica dover ammettere, contro ogni logica, la perfezione di una morte – che perfetta non lo è mai – tanto scellerata quanto improvvisa e glaciale. Pochi giorni prima di Natale, Gregorio aveva pubblicato un suo scatto sulla pista innevata in alta montagna, al confine tra Svizzera e Austria, definendo quella giornata perfect day. Sciava e sorrideva e il vento scorreva tra i suoi capelli, regalandogli il senso cristallino della libertà, lo stesso che poi… Sorrideva, in quell’immagine, di quel sorriso che, molti anni fa, lo ha portato lontano dalla nostra quotidiana romanità, eternamente tediosa, vittima di una immobilità papale; un sorriso che lo ha rapito e che lui ha indossato con la spregiudicatezza irriverente di una felicità possibile; un sorriso che ha sedotto, prima di tutti, Gregorio stesso. E lui s’è dato a quel sorriso con anima e corpo per dedicarsi alla vita sua e di chiunque gli riuscisse a stare accanto, apprendendo presto e interpretando al meglio lo spirito aloha: l’ancestrale filosofia della collettività delle isole dell’oceano Pacifico, dove viveva. Significa, pur scambiandosi un semplice saluto, condividere il respiro dell’amore. E il sorriso di Gregorio ne era la più esemplare manifestazione.

«Barbari, Barberini e barbiturici» di D. Falleri e U. Barberini

Roma, Off/Off Theatre
17 gennaio 2025

STORIE DI API, PAPI E PERONI

Piacevolissima serata all’Off/Off di via Giulia in compagnia del principe Barberini che ha fatto gli onori di palcoscenico, coinvolgendo il folto pubblico con le sue cose di casa e di casato; cose aristocratiche e storiche, gentilizie e interessanti, anche meno gentili ma divertenti, bizzarre bazzecole e deliziose pinzillacchere scritte a quattro mani con l’amico Daniele Falleri che ne ha curato anche l’impostazione scenica. Urbano Riario Sforza Barberini Colonna di Sciarra, attore di professione, erede di nobilissima schiatta, un papa nel suo albero genealogico in linea diretta, altri tre sparsi per li rami, Balì di Gran Croce del Baliaggio di San Sebastiano, patron di tutte le api scolpite nelle pietre di Roma e della penisola, vuota il sacco e racconta le avversità di essere principe nel XXI secolo, gli imbarazzi giovanili per essere nipote di una nonna troppo invadente e le delusioni ricevute da una madre alquanto distratta.

17 gennaio 2025

«Il sogno di Nietzsche» di Maricla Boggio

Roma, Off/Off Theatre
16 gennaio 2025

«BISOGNA AVERE IL CAOS DENTRO DI SÉ PER PARTORIRE UNA STELLA DANZANTE»

Un quotidiano – di quelli che racconta fatti e non frottole – scrive che il lavoro di Ennio Coltorti è «un vero spettacolo», che «vedere Friedrich Nietzsche impazzire davanti ai vostri occhi è un grande miracolo teatrale» e, inoltre, galvanizzato evidentemente dalla seduzione del creatore delle teorie del Superuomo, il supercritico confessa pubblicamente che Il sogno di Nietzsche è «senza dubbio la cosa più bella che abbiamo visto da quando Carmelo Bene è tornato nell’inorganico da lui tanto auspicato». Ora, pur volendo condividere – ma non c’era bisogno di scomodare Carmelo Bene – che il potere teatrale transita dall’organico di una vox e non nelle inorganiche registrazioni o nelle rimbombanti amplificazioni, oggi gettonatissime, confesso di non aver provato gli stessi entusiasmi al cospetto del «vero spettacolo», forse perché non riesco a immaginarmi un evento teatrale che non sia vero, per quanto vero possa apparire. Sì, perché se l’arte teatrale è legata da una parte alla finzione e dall’altra alla verosimiglianza, allora sorge il sospetto che il supercritico sia stato miracolato dalla luce divina che gli ha fatto apparire Friedrich Nietzsche in carne ed ossa, o, meglio, in baffo ed ossa!

15 gennaio 2025

«I parenti terribili» di Jean Cocteau

Roma, Teatro Quirino
14 gennaio 2025

ESISTONO BENI SUPREMI CHE ESIGONO RINUNCE RADICALI

Eligio Possenti, tra i primi a recensire I parenti terribili, scrisse che «la trama potrebbe servire per un vaudeville». Lo stesso Jean Cocteau, nel testo, sottolinea più volte che l’assurda vicenda che si sta creando in famiglia assomiglia a una farsa. «Non so se sia una tragedia o una farsa; in ogni modo è un capolavoro», è la battuta di Léonie che ha dato a Filippo Dini l’opportunità, da regista, di virare decisamente verso la commedia brillante, accentuando le situazioni e portando i ritmi di recitazione sui canoni del vaudeville. Non è una scelta sbagliata, ma nemmeno perfetta: la scrittura di Cocteau è abbastanza solida da reggere bene la novità, anzi, la leggerezza dell’allestimento applaudito al teatro Quirino (in scena fino al 19 gennaio) rende leggibile la struttura delle relazioni familiari basate sui legami dell’antico mito che, per sfatare le mostruosità create dall’uomo, raccontò il suo lato più oscuro e spietato. Inoltre, quando Cocteau immaginava quel che accadeva in casa di Georges e Yvonne, ancora fervevano gli studi freudiani, e i rapporti madre-figlio e padre-figlia erano attentamente osservati sotto ogni tipo di lente.

13 gennaio 2025

«Letizia va alla guerra» di Agnese Fallongo

Roma, Teatro Manzoni
11 gennaio 2025

QUANDO LA POVERTÀ CI ARRICCHIVA DI UMANITÀ

Esiste, nella scrittura di Agnese Fallongo, un autentico sentimento di gioia intima e serena, una ricerca storica assai precisa che le consente di collocare personaggi e vicende in epoche e luoghi verosimilmente realistici ma molto differenti da quelli in cui viviamo, e una forte necessità di sorridere e divertirsi che sollecita una briosa fantasia sempre condita di ironie e comicità. Letizia va alla guerra è il primo atto di una trilogia che racconta storie di un’Italia soprattutto genuina, di un tempo passato quando il linguaggio determinava palesemente origine e stato sociale. Letizia è colei che porta in scena quel sentimento di gioia intima e serena, racchiuso nel significato del suo nome e irradiato da un sorriso contagioso, che è il gusto predominante della scrittura della Fallongo. 

11 gennaio 2025

«Intorno al vuoto» di Benedetta Nicoletti

Roma, Spazio Diamante
10 gennaio 2025

I CRATERI DELL’ALZHEIMER

Quando l’orecchio ha catturato il termine «olistico», pur sentendomi impreparato, ho avuto la conferma che tutto quel che stavo vedendo e ascoltando era frutto di uno studio approfondito, oltre naturalmente alla verità di un dramma rappresentato perché vissuto. Benedetta Nicoletti, autrice del testo, ha scelto parole precise – e anche azzardate – per raccontare la destrutturazione della vita intellettiva dell’essere umano. Far riferimento al principio olistico, in questo caso, non è soltanto uno sfoggio di sapienza, un’erudizione ostentata come uno stendardo enciclopedico, ma diventa il perno scientifico (e filosofico) attraverso il quale si può cominciare a capire come progredisce il morbo di Alzheimer. Volendo rispettosamente mettere da parte ogni riferimento alle esperienze personali di chi ha vissuto il dramma in prima persona, e che ha voluto, con determinazione, portare in scena Intorno al vuoto, operazione certamente dolorosa, bisogna prendere atto che simili iniziative, tanto delicate quanto per un pubblico sensibile all’argomento, sono utili e preziose per l’informazione e la divulgazione che offrono.

10 gennaio 2025

«Bahamuth», di Antonio Rezza

Roma, Teatro Vascello
9 gennaio 2025

COM’È BELLO ESSERE SODOMIZZATI DALL’IMPERIALISMO!

Non c’è modo più banale per mortificare uno spettacolo che chiedere «Ti è piaciuto?», oppure «Com’è stato, bello o brutto?». Non avevo mai visto una performance di Antonio Rezza. Ne avevo sentito parlare con grande entusiasmo, e se ora dovessi trovare un aggettivo che descriva al meglio quel che, mio malgrado, mi ha coinvolto, non esiterei a dire che si tratta di uno spettacolo «pericoloso». Pericoloso non per quel che si è visto in palcoscenico, ma per le reazioni del pubblico: per come è stato facile al protagonista dirigere le emozioni degli spettatori e plasmarne il pensiero, con un gesto, con un gorgheggio, con suono incomprensibile, con un niente che, fatto con dovizia e determinazione, diventa, appunto, un pericolo.

09 gennaio 2025

«Tre modi per non morire» di Giuseppe Montesano

Toni Servillo

Roma, Teatro Argentina
8 gennaio 2025

IL FIORE DELLA BELLEZZA UNA E TRINA

«O Morte, vecchio capitano, è tempo! / Su l’ancora! / Ci tedia questa terra, o Morte! Verso l’alto, a piene vele! (...) E tanto brucia nel cervello / il suo fuoco, che vogliamo tuffarci nell’abisso. / Inferno o Cielo cosa importa? / Discendere l’Ignoto nel trovarvi / nel fondo alfine il nuovo!» I versi di Baudelaire (tratti da «Il viaggio») che Toni Servillo cita nel suo miracoloso canto alla curiosità come motore necessario alla vita, potrebbero proseguire, in una corsa all’indietro nel tempo, con i più famosi endecasillabi danteschi: «Li miei compagni fec’io sì aguti, / con questa orazion picciola, al cammino, / che a pena poscia li avrei ritenuti; / e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo…» (Inf. XXVI, 121/5). Un salto di qualche secolo, quindi, per imbatterci nello stesso concetto che ci invita all’esigenza di conoscere sempre di più per scoprire e onorare il senso della vita.

08 gennaio 2025

«La strana coppia» di Neil Simon

Roma, Teatro Quirino
7 gennaio 2025

LE MANI IN TASCA IN SCENA NON SONO TOLLERABILI

Siccome i testi comici, quando sono ben scritti, sono ormai quasi sempre migliori della loro realizzazione scenica, possiamo anche cominciare a raccontare gli applausi. Che invece hanno riservato qualche novità degna di nota. Con le luci di sala già accese e la compagnia schierata in ribalta, infatti, appena il clamore del pubblico della prima romana era in fase calante, Gianluca Guidi ha preso la parola e, benché dichiarasse di avere «il palato incollato», s’è avventurato in una serie di ringraziamenti che ha sfidato il più famoso chiasmo: «Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io canto». Passi per i tecnici della compagnia (applauso), passi per il produttore Bellomo seduto in platea (applauso), per lo scenografo e costumista De Marino seduto in platea (applauso), per il musicista Abeni seduto in platea (applauso), passi finanche per il teatro ospitante e per i tecnici e l’organizzazione del Quirino, ma ringraziare anche gli attori che non fanno più parte del cast e chiamarli ad alzarsi dalle loro poltrone per omaggiarli della ricompensa che si riserva ai calciatori in panchina, mi sembra esagerato e anche un pochettino avvilente, tanto che quando Ingrassia ha cominciato a ringraziare anche i suoi amici (quelli noti), salutandoli dalla ribalta con l’oscillazione della manina, m’è sembrato davvero di trovarmi nel bel mezzo di una rustica fiera paesana.

04 gennaio 2025

«Luz de luna» di Fabiana Ruiz Diaz

Roma, Teatro Vascello
3 gennaio 2025

TUTTI I SOGNI DEL CIRCO PORTANO A FELLINI

Il secondo spettacolo in scena al Vascello del Festival Ops!, rassegna del circo contemporaneo, smentisce ogni tipo di aspettativa. Luz de luna si potrebbe, infatti, facilmente associare a una sonata al chiaro di luna, oppure, trattandosi di arte circense, a una luna luminosa ideata come attrezzo per volteggiare; invece, Fabiana Ruiz Diaz costruisce, senza eccessivi numeri acrobatici, un sogno dedicato al teatro come luogo di espressione artistica. Letteralmente, un omaggio al palcoscenico. All’inizio le luci si concentrano su una porzione d’azione assai ridotta: è la piccola stanza di una ragazza che rincasa, dopo una giornata di fatica, sotto una scrosciante pioggia, e, dopo una frugale cena, va a dormire.

03 gennaio 2025

«Feste», un’opera dei Familie Flöz

Roma, Sala Umberto
2 gennaio 2025

PER FESTEGGIARE UN SONTUOSO MATRIMONIO, IN SCENA SONO SOLTANTO IN TRE

Straordinario! Loro sono soltanto tre attori, ma i personaggi della storia, ricordandoli sommariamente, sono almeno una ventina che danno vita ai preparativi dei festeggiamenti di un ricco e sontuoso matrimonio. Un giorno da incorniciare per gli sposi, pupilli di due facoltose famiglie – il padre della sposa addirittura arriva in elicottero per prelevare la riottosa figlia da accompagnare in chiesa – eppure l’organizzazione del ricevimento si svolge in uno squallido cortiletto, dove c’è l’ingresso secondario alla villa, il capanno del guardiano, l’angolo di raccolta delle immondizie, la discesa per la cantina, la porta di servizio che conduce in cucina e il passaggio per la casa patronale. Protagonisti sono i servitori, i segretari e il cuoco, ma poi si avvicendano i camerieri, i garzoni, gli sposi, il suocero, e qualche invitato. E, a sorpresa, giunge inaspettata una donna incinta che cerca riparo. Ha con sé un grosso zaino, è timorosa e subito si nasconde dietro i sacchi colmi di rifiuti: è debole e affamata, ma, dopo una presentazione un po’ burrascosa, è lei, con la sua presenza, a ristabilire serenità.

01 gennaio 2025

La disputa sul presepe di Luca Cupiello

Roma, 1° gennaio 2025

NATALE IN CASA… SALEMME

Non ho visto Vincenzo Salemme in Natale in casa Cupiello, né in teatro e nemmeno, qualche sera fa, in televisione. Sarei potuto andare al Sistina la scorsa stagione, ma per il costante tutto esaurito – buon per lui e per l’intera produzione – ho dovuto rinunciare. Non ho, invece, volutamente visto la registrazione televisiva perché lo sguardo teatrale è certamente falsato, e assistere dal video, per la prima volta, a un allestimento ideato per il palcoscenico mi avrebbe soltanto confuso e ingannato.

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