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UNA PROFONDA AMICIZIA IN SEI SCENE
Un articolo del 2013, riesumato e per fortuna «dimenticato», riscritto oggi con l’ausilio delle parole dell’autore
«La vita è l’arte dell’incontro», scriveva il poeta Vinicius de Moraes. Tutte le amicizie nascono da un incontro, ma non tutti gli incontri possono fiorire in un’amicizia, e pochissime finiscono nell’eternità di una commedia. Se la vita di Giuseppe Patroni Griffi è stata costellata da incontri, l’arte con cui ha celebrato e consumato il concetto di amicizia è stata fondamentale perfino per la sua produzione artistica. In ogni opera c’è un riferimento autobiografico a un legame, il sentimento di un’amicizia, la luce di un incontro, e quando così non è stato, ecco che in un passaggio letterario s’affaccia un episodio che è un omaggio significativo a un amico, un dettaglio che si aggancia a un sodalizio come un’affinità elettiva, un fiore all’occhiello di un ricordo che si chiama intimità. È un artifizio, questo, nemmeno troppo nascosto, per chi conosce certi particolari: addirittura facile da riscontrare scorrendo i titoli delle sue opere: In memoria di una signora amica, per esempio, fu scritta tenendo bene a mente l’estroverso temperamento della signora Ghirelli, madre di Antonio, suo compagno d’adolescenza; esibizione contrapposta alla più introversa dottrina di Bina, la mamma dell’autore. Oppure Gli amici dei miei amici sono i miei amici (nella versione definitiva, poi, il sostantivo «amici» fu sostituito dalla più esuberante parola, «amanti»; tuttavia nel testo la frase resta immutata) che diventa lo slogan con il quale l’autore dichiara la sua fede. In Allium c’è un continuo riferimento al mondo dei sodalizi dei tempi più felici; così come La morte della bellezza è romanzo pregno di episodi personali in cui il legame d’amicizia tra i protagonisti si trasforma in un disperato intimo rapporto con la città. Pure i primi racconti hanno all’interno sempre un personaggio che ha il carattere dell’amico Duddù, o dell’amico Tommaso, o dell’amico Franco. Perfino la più insospettabile Cammurriata fu pensata e scritta per generosità amicale per l’altra anima di Patroni Griffi, la più sregolata e strafottente!
L’elenco potrebbe continuare, ma mi fermo, perché è giusto rientrare in tema. Non c’è dubbio che i legami più profondi, Patroni Griffi li ha disseminati tra le righe di Prima del silenzio. Con questo testo del 1979, Peppino ha condensato tutte le sue amicizie, le sue passioni: a cominciare da Gary Cooper, mito hollywoodiano che lo catturò, ancora in erba, all’arte cinematografica quando da ragazzo frequentava, a Napoli, il cinema Corona; e poi lo scorse più da vicino al fianco della contessa Dorothy Cadwell Taylor Dentice di Frasso, mentre salpava dal molo Beverello per un viaggio in Africa: la ricca ereditiera con il suo midnight cowboy. Poi ci sono Nora Ricci e Luchino Visconti, che per amicizia si scambiarono inconsapevoli cortesie fino all’ultimo sospiro; quindi Marlene, la Zattera dipinta da Gericault, i divertimenti all’Ile du Levant, la tragedia del Titanic; e ancora La Capria, primo traduttore dei poeti inglesi degli anni Trenta; poi Mario Ferrero che a Londra, sfruttando un «capriccio» di Memo Benassi, carambolò inatteso al cospetto di T. S. Eliot; e l’atavico rapporto con Nizza e la Costa Azzurra, laddove il padre di Peppino, il barone di Faivano, a inizio ‘900 andava a giocare a whist e baccarà al Casino de la Jetée, una magnifica struttura in vetro sospesa in mezzo al mare, mentre la Bataille des fleurs che colorava il carnevale lungo la Promenade, diventava la rappresentazione popolare della guerra dei buoni e degli innocenti sopravvissuti alla guerra dei cattivi; quindi, per contraltare, il cameriere dà voce a un paradosso della madre, la quale vedeva nei poveri la ragione d’esistere dei ricchi che «debbono essere sfruttati», e regalare illusioni a chi non può permettersi di vivere del proprio lusso.
In questo ventaglio aperto sui ricordi del passato ecco far breccia il presente, con le amicizie del momento, e il confronto con le nuove generazioni, le difficoltà di comunicare, l’amore per una vita che mostra all’orizzonte un imperdonabile silenzio. Sembra un presagio! In una sequela di incontri accennati, di emozioni vissute, di memorie ancora accese, c’è il mondo sentimentale e culturale di uno scrittore che trovò nella sofisticata ironia di Romolo Valli quei toni, quelle leggerezze, quell’andamento seducente, oratorio e lirico, che gli appartenevano; scoprì che l’amicizia con Valli andava al di là della frequentazione quotidiana, del sentirsi uniti, forse complici, del raccontarsi, del volersi bene. Con Valli, Patroni Griffi, sfiorò la simbiosi: ecco perché «Prima del silenzio è stata scritta per Romolo Valli, gli apparteneva e gli appartiene per sempre», come si legge in epigrafe al testo. Ogni opera letteraria resta un sentimento d’autore, e Valli fu la voce di quel sentimento ancor prima che ne venisse scritta la prima parola. E ne fu, in un certo senso, colui che ne accese desiderio, intenzioni e propositi.
«Ah, la felicità di poter recitare un giorno con i vestiti che ti porti addosso – diceva Romolo all’amico Peppino nel giardino assolato della villa sull’Appia dove viveva con Giorgio De Lullo – poter recitare magari ancora con la barba in faccia (perché pigramente quella mattina non te la sei fatta), recitare una commedia che non si sa da quale parte il discorso incominci, forse dalle cose più futili, dal pettegolezzo banale del quale tutto sommato non c’importa niente, e s’incomincia a ridere perché è il nostro stile di comunicare, di tessere la conversazione, e ridendo ridendo ci accorgiamo poi che i discorsi sono più seri di quanto noi stessi là per là supponiamo, e i fatti e le considerazioni sui quali ci battiamo ci coinvolge molto più a fondo di quanto a noi stessi diamo a intendere. Ah, la felicità di poter essere un personaggio così sul palcoscenico, senza la fatica, ogni volta, di vestirsi di panni che non ti riguardano, bellissimi, che ti affascinano e, perché no, alle volte ti travolgono perché ti urge rappresentarti al tuo pubblico così – ma con l’andare del tempo…»
Un paio d’anni dopo aver espresso questo desiderio che pareva essere rimasto inascoltato: «Ho scritto le prime tre scene di una nuova commedia – dice Peppino a Romolo – sì, quella commedia che ti sarebbe sempre piaciuto di recitare, dove ci sei tu come sei e dentro ci sono anche io insieme a te, e c’è tutta la nostra generazione e il nostro modo di concepire il vivere. E tutto è brillante e divertente, ma tutto è serissimo e da pensare, non ti devi neanche vestire e indossare il tuo solito ingessato vestito pirandelliano, e parli e parli e ti diverti con un ragazzo che non sa e non vuole sapere niente di te, e tu lo frastorni con le tue parole incantate…»
«E ci hai messo tanto a scriverla?»
«Macché, l’ho iniziata da poco. Sai, dovevo trovare il tema di base, e non è stato facile. Ora m’è venuto, ed è d’una attualità che col tempo rivelerà sempre più il suo dato catastrofico; la mancanza d’un linguaggio comune tra due generazioni, una che si rifiuta di parlare anche perché non sa più parlare, e un’altra generazione, precedente a quella del giovane, che ha fatto della parola il suo credo, anche se spesso l’ha usata male, spesso se n’è servita a fini egoistici e di potere, parola che è stata sovente ingannatrice…»
«C’è già un titolo?»
«Prima del silenzio».
«Beh, leggiamo insieme quello che hai scritto e poi…»
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Prima del silenzio, di Giuseppe Patroni Griffi. Con Leo Gullotta (Lui), Eugenio Franceschini (Il ragazzo). In immagini filmate: Paola Gassman (La moglie), Andrea Giuliano (Il figlio), Sergio Mascherpa (Il cameriere). Musiche di Germano Mazzocchetti. Regia di Fabio Grossi. Al teatro Eliseo, novembre 2013
Foto: Romolo Valli (© Gianni Volpi)
In corsivo sono riproposti alcuni brani tratti da «Romolo, questo “silenzio” è per te», articolo di Patroni Griffi (Corriere della Sera, 14-10-1990, ripubblicato in «Peppino naturale e strafottente», a cura del sottoscritto, per la Editoriale Scientifica, 2017), Quest’anno, 2025, cadono i 45 anni dalla scomparsa di Romolo Valli (1° febbraio 1980) e i vent’anni dalla morte di Giuseppe Patroni Griffi (15 dicembre 2005)