PROPAGANDA AL CLOROFORMIO
A volte le note di regia vengono lette troppo superficialmente; invece, occorre fare più attenzione e cercare di individuare, tra le righe, la frase che è stata scritta per avvertirci, per metterci in allerta, quella che poi riletta a fine spettacolo, ti fa sospirare, sotto forma di autoimprecazione: «Me l’aveva pure detto!». La verità è che le note di regia, purtroppo, hanno il difetto di farsi comprendere bene soltanto dopo, quando si lascia la platea e il peggio è già passato. La frase che ho sottovalutato, o forse sopravvalutato, volendole attribuire un significato esclusivamente intellettuale, è: «La parola che crea e distrugge». Chissà perché non avevo considerato il significato scenico dell’avvertimento. La parola in teatro può creare opere meravigliose: da Eschilo a Euripide, da Shakespeare a Molière fino a Goldoni e tanti altri, tutti autori di capolavori d’eccellenza. La stessa parola, però, può anche distruggere e far crollare, in una manciata di secondi, interesse, entusiasmo e concentrazione.
Oggi è un’abitudine molto comune giocare a fare gli intellettuali e atteggiarsi a voler comprendere significati profondi nelle forme d’arte più ovvie, a voler individuare il messaggio inquietante e commovente nel detto e ridetto: siamo ricascati negli errori del passato, e quanto ci piace ridipingere «La corazzata Pötemkin» come un capolavoro della cinematografia mondiale, ma quando Paolo Villaggio gridò che l’opera di Ėjzenštejn era «una cagata pazzesca», ci trovò tutti d’accordo: perché tutto ciò che è propaganda, al cinema come in teatro, diventa un’insopportabile insofferenza, almeno per il pubblico.
Juan Mayorga, con Il golem, affronta il tema del fascino comunicativo della parola, che può essere quello abbracciato dal borghese piccolo piccolo, superficiale e convenzionale, fatto di messaggi pratici, utilizzato esclusivamente per una comprensione familiare e quotidiana, ma può essere anche una diffusione di emozioni, di pensieri che toccano l’anima delle persone, e pertanto – avverte l’autore – la parola può contenere il seme della rinascita di un popolo che s’infiamma per proteggere la libertà. E non è propaganda, questa? A me sembra un concetto che ci riporta dritti dritti agli anni Settanta, quando il Sudamerica era infervorato da golpe e rivoluzioni e gli Inti Illimani, arroccati sui Castelli Romani, cantavano El pueblo unido jamás será vencido. Nel Golem un’organizzazione segreta si occupa della buona salute di un uomo; e poi anche di sua moglie entrata in una spirale logorroica di un leader rivoluzionario che, per fortuna, non si vede.
Foto: Monica Piseddu e Woody Neri (© Laura Farneti)