30 novembre 2023

«Non si può mai stare tranquilli», un libro di Pierluigi Pizzi

Autobiografia di Pier Luigi Pizzi
a cura di Mattia Palma; EDT, 2023

«INCONTRI DI VITA E DI TEATRO»

Nelle prime righe, l’autore della sua stessa biografia, Pier Luigi Pizzi, classe 1930, scenografo, costumista e regista di teatro, con esperienze anche cinematografiche, si preoccupa giustamente di «trovare almeno un punto da cui iniziare. L’incipit fa paura a chi non è un vero scrittore». E subito cita Marcel Proust, «Longtemps, je me suis couché de bonne heure», la Recherche, il libro dei libri, quello che ha donato educazione culturale agli intellettuali della prima metà del ‘900 e anche oltre. Fa bene Pizzi a preoccuparsi dell’incipit; sceglie benissimo la citazione in esergo, raccolta All’ombra delle fanciulle in fiore: «Se sognare un po’ è pericoloso, quel che ci mette al riparo non è sognar meno, ma sognare di più, tutto il sogno». In questa frase, Pizzi sembra quasi aver scelto la didascalia dell’immagine della fonte battesimale di una carriera luminosissima, durante la quale, per sua fortuna e suo merito, non ha mai smesso di sognare. Il teatro è il luogo prediletto dei sogni, e Pizzi lo sa bene: dove si sogna meglio, dove i sogni si realizzano, e soprattutto dove ci si sveglia quando il sogno è già tramontato dietro l’ombra del sipario. Ma la scelta della frase di Marcel Proust rivela addirittura l’origine del sogno: è l’incipit del suo mondo, quello dove Pizzi si è forgiato professionalmente all’ombra dei fanciulli in fiore: Giorgio De Lullo, Romolo Valli, Peppino Patroni Griffi, Franca Valeri, Mario Ferrero e altri, coloro che, sin da giovanissimi, si sono abbeverati alla fonte della Recherche.

26 novembre 2023

«Leviatano» di Riccardo Tabilio


Roma, Teatro Altrove
24 novembre 2023

UN SAGGIO ROCK SULLA STUPIDITÀ UMANA SECONDO LA TEORIA DUNNING-KRUGER

Le note in brochure avvertono che Leviatano è uno «spettacolo rock, da vedere, ascoltare e ballare». Delle tre prelibate offerte, noi che abbiamo assistito alla prima rappresentazione, siamo in credito almeno di un ballo: sì, che sarebbe stato opportuno vivere questa interessante, divertente, soprattutto adrenalinica esibizione nella sua totalità, così come enunciata. In principio, vedendo in scena tre microfoni posizionati in ribalta e due chitarre in bella vista, si ha la sensazione di dover assistere a un concerto rock, e sul palcoscenico dell’Altrove simili performance non sono insolite, ma, sempre le stesse note – che si leggono con molta attenzione per rintracciare i nomi dei protagonisti – indicano anche «un caso di un rapinatore improvvisato», una «teoria della stupidità», una «ricerca universitaria pubblicata» dal noto professore di psicologia, David Dunning, e il conseguente curioso «Effetto Dunning-Kruger» che nasce da un concetto molto antico (sembrerebbe dal socratico conosci te stesso!) ma approfondito e analizzato soltanto negli anni Novanta, e che analizza l’autostima, o meglio l’eccessiva autovalutazione di se stessi, quando si pensa di conoscere a fondo una materia, ma senza rendersi conto della propria inadeguatezza.

10 novembre 2023

«La ciociara», da Alberto Moravia

Roma, Teatro Ghione
9 novembre 2023

IL DRAMMA DI CESIRA IN UNA REGIA SENZA REGISTA

«’A carne è gghiuta ’a sotto, e ’e maccarune ’a coppe». Traduzione letterale: la carne è finita sotto ai maccheroni. L’antico detto partenopeo potrebbe essere il lapidario commento di quest’allestimento tratto da La ciociara di Alberto Moravia. Sulle montagne nei pressi di Fondi, comune in provincia di Latina, dove perlopiù si consuma il dramma di Cesira e di sua figlia Rosetta, il dialetto napoletano è tuttora vivo e parlato; ergo, il popolare proverbio è ancora ben conosciuto in quelle zone che fino al 1927 facevano parte della provincia di Terra di Lavoro, ultimo lembo del decaduto Regno borbonico. Il significato indica che il ragù domenicale, pasto certamente prelibato e atteso sulla tavola imbandita a festa, è stato servito nella maniera sbagliata. Gli ingredienti ci sono, ma sono stati posizionati nella zuppiera al contrario: il sugo saporito con la carne è stato seppellito dalla pasta rimasta bianca e scondita.

02 novembre 2023

«Ferdinando» di Annibale Ruccello


Roma, Teatro Parioli
1° novembre 2023

ALL’INCANTESIMO BORBONICO CIRILLO PREFERISCE LA MORBOSITÀ E L’INTRIGO

«E n’avimmo fatta n’ata, comme dicette chillo ca vuttaje abbascio ‘a mugliera». È la frase d’esordio della baronessa Clotilde Lucanigro, superba protagonista di Ferdinando, capolavoro di Annibale Ruccello del 1985. La battuta, posta al termine della declamazione del rosario, è la cartina di tornasole per chiunque si cimenti nel ruolo di Donna Clotilde. Le litanie lauretane che vengono prima enunciate non sono altro che una recita che la baronessa sostiene quotidianamente insieme con la cugina/governante Gesualda. Dopo la finzione liturgica riprende la vita e si riabbraccia la realtà. Ma le due donne agiscono su un palcoscenico, dove anche la realtà corrisponde a una finzione, e doppiamente finta, quindi, è la malattia della baronessa, ed ecco perché quella battuta è la chiave di volta del personaggio. La locuzione diventa il trampolino sul quale trovare il giusto slancio altalenante per affrontare uno spartito drammaturgico tra i più complessi e raffinati del secondo Novecento.

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