29 aprile 2024

Il rito teatrale del caffè (parte II)

Segue dalla prima parte

LA REPUBBLICA PARTENOPEA DEL «SOSPESO»

Quel che s’evince dalla prosa di Monelli – che io, sentendo la necessità di una condivisione diretta tra due persone, ho tradotto in forma di dialogo: perché un caffè non si dovrebbe mai bere da soli – è prima di tutto l’attitudine alla sacralità di un rituale, poetico sì, ma anche ossessivo: la ricerca di quel macinino; l’ammonimento sul tipo di chicco; l’avvertimento dell’acqua piovana; la liturgia del cucchiaino d’acqua fredda; la dottrina esasperata sull’ebollizione… tutti elementi che dipingono un quadretto di benevola stregoneria intorno a un (semplice in apparenza) bricco di caffè. Un rituale quotidiano che, se da una parte porta via del tempo a chi lo compie, dall’altra contribuisce alla solidarietà (non dimentichiamo questa parola, che fra poco ci tornerà utile) di un’intera popolazione. Ancora oggi in Etiopia, primitiva patria del caffè, la bevanda viene servita in continuazione, mattina e pomeriggio, ai passanti che sempre numerosi affollano i ritrovi comuni lungo le strade, dove una donna è intenta a riempire le tazzine con la miscela «sacra». Quella donna non è una qualunque distributrice di caffè, ma una delle prescelte «streghe di Smirne» che ha imparato l’arte della preparazione dai suoi predecessori.

28 aprile 2024

«Signorotte» di Massimo Odierna

Sara Putignano, Viviana Altieri e Elisabetta Mandalari

Roma, Teatro Lo Spazio
27 aprile 2024

UN BRIOSO NOIR TRA TROTE E BOLLE DI SAPONE

«I ricordi belli non li puoi catturare; quelli brutti non puoi ucciderli». È la memoria di tre cinquantenni, forse un po’ annoiate, sicuramente deluse, dalla vita che accompagna le tre amiche a ritrovare il proprio passato. Una volta erano compagne di scuola del tempo del liceo, quando sogni e follie di gioventù stringevano le amicizie fino a farle diventare «per sempre», spesso addirittura più allacciate degli amori. Ida, Ada e Beta ora indossano ricche pellicce per tenere alta la rispettabilità che adornano anche con acconciature cotonate. Ciascuna fa la signora come può: a Ida pare sia andata benino, ad Ada forse anche meglio, mentre a Beta un po’ peggio. È lei, infatti, che sente il bisogno di nascondere lo sguardo dietro grandi occhiali scuri; è lei che, a differenze delle altre due, denuncia nella cadenza dialettale «de Roma» la fatica di tirare a campare con un figlio autistico sulle spalle e una rosticceria da portare avanti tutta da sola. Ada si diletta a scrivere commedie piuttosto banali e a metterle in scena mantenendo, con i soldi del marito, una compagnia di filodrammatici; mentre Ida, invece, si annoia tra brindisi al tè verde e sedute di yoga.

27 aprile 2024

«Intramuros» di Alexis Michalik

Carlotta Proietti e Gianluigi Fogacci

Roma, Teatro Sala Umberto
26 aprile 2024

IN CARCERE COME IN PALCOSCENICO:
LA FINZIONE AIUTA A LEGGERE LA REALTÀ

Non è una trovata stravagante se, all’improvviso in ribalta, un attore (Raffaele Proietti, che poi interpreterà il ruolo del regista) chiederà al pubblico: «Secondo voi, che cos’è il teatro?» Gli spettatori, in verità, in quel momento, non si aspettano una simile domanda, così, diretta. In realtà, non hanno nemmeno capito se la commedia sia iniziata: d’altronde, le luci in sala sono accese, qualcuno in platea sta ancora prendendo posto, i cellulari non sono tutti spenti, eppure è evidente che lo spettacolo abbia già preso il via, se qualcuno s’affaccia in proscenio. Pirandello ce lo insegna: «La rappresentazione è cominciata, se io sono qua davanti a voi», fa dire al Dottor Hinkfuss, direttore di una compagnia pronta a dar vita a un tentativo di recita a soggetto (1929). Bei tempi per mettere a soqquadro un teatro! Oggi è meglio osservare l’interno di un carcere: è lì che si trovano le storie più incredibili da raccontare.

26 aprile 2024

Il rito teatrale del caffè (parte I)


ALLA TURCA, ALLA VIENNESE O ALLA NAPOLETANA?

Dalla regione di Kaffa al Golfo partenopeo: storia di aromatiche leggende

Caffè. Prima ancora di una bevanda, è il suono che accompagna il pensiero associato a ogni nostro risveglio; una sorta di sonoro rito mattutino, scandito dal ritmo sdrucciolo del serrato bisillabo che la nostra mente richiama per far schiudere gli occhi e andare incontro al buongiorno. Caffè deriva da Kaffa, il nome della regione della odierna Etiopia dove fu scoperta la magica pianta che anticamente gli indigeni raccoglievano e scambiavano per ricavarne materie prime con le carovane degli arabi nomadi, i quali le rivendevano nei villaggi che attraversavano, come «piccolo cacao». Da qui il nome fu mutato in kahwa, parola molto simile a quella che indica il cacao. Il nome esprime due opposti significati: bevanda che toglie l’appetito, ma che pure lo favorisce. Scientificamente, infatti, è stato provato che il caffè allo stato puro (cioè, senza zucchero) assopisce gli impulsi della fame, per questo motivo qualcuno azzarda che bere caffè aiuti a dimagrire, soprattutto perché la sostanza è priva di calorie. Viceversa, con lo zucchero, le sue alcaline stimolano i succhi gastrici aumentando così il senso dell’appetito.

25 aprile 2024

«Anna dei miracoli» di William Gibson

24 aprile 2024

IL MIRACOLO DELLA SPERANZA

C’è un filo invisibile che lega l’animo delle tre donne: è la speranza. Un impeto determinante per la realizzazione del miracolo di cui William Gibson ci rende partecipi. Emanuela Giordano, regista presente ma non invadente, comprende questa esigenza e riesce a riprodurla in scena in maniera quasi visiva. Certo, non ce la può presentare come un personaggio o come un soprammobile, e nemmeno con una didascalia, eppure, il dramma, man mano che procede, si avvinghia sempre più forte al valore della speranza che diventa un’espressione nascosta nella fisionomia delle tre donne. E quando il miracolo avviene, si vede chiaramente che sul volto della ragazza, della madre e dell’istitutrice è stampato lo stesso marchio di risanamento: negli occhi increduli e nel sorriso accennato e commosso. Allora si capisce che la somiglianza fisica delle tre, non è un caso, ma una scelta precisa per trovare uno stampo comune che indicasse la via della speranza.

24 aprile 2024

«La locandiera» di Carlo Goldoni

Sonia Bergamasco è Mirandolina

Roma, Teatro Argentina
23 aprile 2024

UN MINESTRONE DOVE TUTTO FA BRODO!

Esco da teatro talmente sconcertato e irritato che, prima di mettermi a scrivere, preferisco documentarmi. Pertanto leggo qualche recensione sullo spettacolo: per rispetto, ovviamente, non dirò quali, perché alcune sono assai peggiori di quel che gli occhi hanno visto all’Argentina. Vengo a sapere, con profonda tristezza, che una certa critica avanguardistica scopre soltanto oggi, quasi unanime, dopo 271 anni dalla pubblicazione, che Goldoni pone al centro della vicenda una donna: che gloria, che tripudio festante si alza al cospetto dell’eclatante notizia. Ci si meraviglia, dunque, e non poco, che nel 1753 un autore italiano di sesso maschile possa aver scritto una commedia in cui è protagonista niente di meno che una locandiera. E che gli intrecci che ella trama hanno tutti il fine di mettere in ridicolo gli umori mascolini. La notizia rende entusiasti, perché si può parlare finalmente dell’impegno civile, dell’emancipazione di una donna già capace allora di sconfiggere l’universo maschile, delle rivoluzioni sociali, e dell’atto profondamente politico che nasconde la scelta finale della donna, la quale sposa, non il ricco conte, non l’aristocratico marchese morto di fame, e nemmeno il cavaliere innamorato, ma un semplice servitore di nome Fabrizio.

23 aprile 2024

Teatro Quirino, stagione 2024/25

Roma, Teatro Quirino
22 aprile 2024

FERRO: «SIAMO DIVENTATI UNA REALTÀ PRODUTTIVA»

Se, a malincuore, devo constatare che l’immediatezza di internet toglie sempre più spesso ai giornalisti la sovranità di divulgare una notizia prima degli altri, con immenso piacere prendo atto che il cartellone della prossima stagione è già pubblicato, in maniera esemplare, sul sito del teatro. Per cui chi volesse documentarsi su date e protagonisti degli spettacoli annunciati ieri mattina al Quirino, senza volersi annoiare a leggere il mio brontolio quotidiano, deve soltanto visitare qui. Quel che resta al nostalgico cronista è fare qualche superflua considerazione, soprattutto sul tempismo con il quale Rosario Coppolino, amministratore delegato, e Guglielmo Ferro, direttore artistico, hanno chiuso il cartellone 2024/25, battendo sul tempo ogni altro teatro capitolino.

22 aprile 2024

«La ragazza sul divano» di Jon Fosse

Giordana Faggiano (La ragazza sul divano) e Pamela Villoresi

Roma, Teatro Vascello
21 aprile 2024

IN SCENA PASSATO E PRESENTE A CONFRONTO

Bisognerebbe conoscere il testo originale, in norvegese, per stabilire la mole di glacialità che blocca i legami tra la ragazza e la sorella e la loro madre con lo zio. Un intreccio familiare emotivo vissuto per anni su un divano, o attorno ad esso. Jon Fosse, autore del dramma, pone al centro della vicenda un sofà che, come una spugna, assorbe tutto: il detto e il non detto, il silenzio e l’assenza, il patimento e l’abbandono. La ragazza sul divano è certamente un dramma strettamente legato alle latitudini boreali. Lei, la giovane sorella remissiva che trascorre la vita chiusa nella sua sofferente delusione, è l’emblema della freddezza nordica. Vittima della vita degli altri, si lascia far del male con caparbietà, illudendosi di proteggersi dietro il velo della solitudine. Tuttavia è un personaggio che anche noi latini dovremmo tener d’occhio e studiare con maggior attenzione, specie in quest’ultimo ventennio, in cui il nucleo familiare, quello che una volta era la prima piazza vivace e chiassosa per ragazzi che esercitavano le loro prime prove di vita, sembra oggi vacillare e immalinconirsi, se non addirittura inaridirsi.

21 aprile 2024

«Femininum Maskulinum», di Giancarlo Sepe

Roma, Teatro La Comunità
20 aprile 2024

«IN QUESTO MONDO C’È POSTO PER TUTTI»

Lo spettacolo di Giancarlo Sepe, in scena alla Comunità soltanto ancora per oggi (e speriamo che venga ripreso), è denso di storia: è pensato sulla storia ed è costruito sulla storia, ma va al di là della storia perché nasce da un’esigenza attuale. Femininum Maskulinum è un grido alla ricerca di naturale giustizia o di naturale equilibrio; un grido che ruba la forza alla parola, e si concentra sull’efficacia dell’immagine. Grazie all’impegno di dodici splendidi attori, Sepe rappresenta il suo copione sviluppandolo come fosse una pellicola a cui è stata strappata la banda del dialogo: rimangono, qua e là, sparse delle frasi, con parole pronunciate un po’ in tedesco, un po’ in italiano, un po’ in inglese. Il vero sonoro è composto dalla musica che delinea le epoche, le atmosfere, finanche la longitudine terrestre e quell’altra, più raffinata, della sensibilità umana.

20 aprile 2024

Puntualità a Villa Lazzaroni

Roma, Villa Lazzaroni
19 aprile 2024

DOPO UN’ATTESA DI TRENTA MINUTI…

Lo spettacolo a Villa Lazzaroni era annunciato alle ore 21.00. A me piace arrivare con anticipo: è raro che raggiunga il teatro all’ultimo momento. Anche ieri sera, sono stato tra i primi a sedermi in platea. Dopo qualche minuto m’è giunto all’orecchio il tradizionale urlo da dietro le quinte che augurava la buona sorte. A sipario aperto il triplice grido di «merda, merda, merda» s’è sentito molto distintamente in sala, tanto che m’è parso addirittura un po’ sguaiato. Ho guardato l’orologio, erano le 20.55: un po’ tardi per pensare alla scaramanzia; solitamente quando si chiamano i cinque minuti, un direttore di scena dovrebbe esigere il massimo silenzio, sia per una doverosa osservanza nei confronti del pubblico che già siede in sala, sia soprattutto per rispettare la concentrazione degli artisti.

19 aprile 2024

«La buona novella» di Fabrizio De André

Neri Marcorè

Roma, Teatro Quirino
18 aprile 2024

MARCORÈ CANTA GLI APOCRIFI VANGELI DI DE ANDRÉ

Nel 1969 Fabrizio De André venne invitato da Roberto Dané, un importante produttore discografico di quel tempo, a realizzare un disco sui Vangeli apocrifi. L’idea originariamente – e tengo a precisarlo per ricordare con affetto una persona a me particolarmente cara – nacque per Duilio Del Prete, ma poi Antonio Casetta, altro imprenditore musicale, suggerì il più famoso cantautore genovese in cerca di un’ispirazione per il suo quarto album. Oggi Neri Marcorè torna, dopo sei anni, a confrontarsi con De André, e sempre con la regia di Giorgio Gallione, che ne imposta anche la drammaturgia. Lo spettacolo, in scena al Quirino di Roma fino al 28 aprile, porta il titolo di quell’album che fu pubblicato nel 1970: La buona novella.

18 aprile 2024

«Cyrano de Bergerac», da Edmond Rostand

Francesco Petruzzelli e Arturo Cirillo

17 aprile 2024

«OGNI FAVOLA È UN GIOCO»

Durante lo spettacolo ci sono tre o quattro momenti determinanti che aiutano a chiarire bene le intenzioni del regista, che qui è anche autore, o quasi. Mi piace, però, cominciare dagli applausi finali, quando, in mancanza della più classica passerella, Arturo Cirillo scappa giù in platea tra il pubblico, trascinandosi dietro l’intera compagnia, e, come un burattino ribelle, come un discolo che ha commesso una marachella, si lascia andare alla corsa sfrenata di un Pinocchio redivivo che tenta di fuggire alle guardie. In questa fuga, insensata, fantasticata, conquistata, c’è l’animo dell’attore che vorrebbe continuare la recita ad ogni costo, a jouer le rôle (dicono i francesi), e c’è anche il ricordo di un bambino che non vuole lasciare il teatro, ma anzi vuol rimanere lì a giocare e a sognare con i personaggi che ormai sono diventati suoi amici, i suoi confidenti, i suoi angeli custodi.

17 aprile 2024

«Adolf prima di Hitler» di Antonio Mocciola

Vincenzo Coppola e Francesco Barra

Roma, Off/Off theatre
16 aprile 2024

IL MONDO SALVATO DA UN BACIO

Uno dei tanti episodi teatrali che si narrava dietro le quinte fino a qualche decennio fa, riguarda un italiano oggi ancora assai conosciuto e che certamente ha fatto storia. Tuttavia, proprio la storia, in attesa di fonti ufficiali, non ha mai certificato il racconto che l’attore, intermediario di quest’aneddoto, già al rientro dalla prigionia in Germania (1945), cominciò a divulgare tra gli amici di palcoscenico.

14 aprile 2024

«I masnadieri» di Friedrich Schiller (post scriptum)

Friedrich Nietzsche

UNA IMPORTANTE POSTILLA FILOSOFICA

Mentre cerco ancora di smaltire i postumi di una fulminante influenza che da qualche giorno mi costringe ai domiciliari, sono riuscito a decifrare uno degli ultimi scarabocchi che, nell’oscurità della platea, avevo appuntato sul taccuino durante la recita. Ciò avveniva per lo spettacolo di Michele Sinisi: I masnadieri di Schiller. Già recensito. Su carta avevo riportata la frase di Karl che urla all’autorità clericale: «Il mio pulpito è la vendetta», tralasciando l’ultima parola segnata, ché non capivo più, perché – come canzonava mia madre quando andavo a scuola – sono un asino per natura! Stamattina, invece, in quel geroglifico incomprensibile, all’improvviso, è apparso chiarissimo, come una falce di luna nel cielo terso, il nome di Nietzsche, e la mente s’è illuminata dello stesso pensiero partorito, quando, nella foga recitativa di Paternoster, avevo notato il salto temporale che Sinisi proponeva per dare un senso logico all’insubordinazione della masnada dei ribelli di Schiller.

12 aprile 2024

«I masnadieri» di Friedrich Schiller

Roma, Teatro Basilica
11 aprile 2024

SINISI RESTITUISCE LA VERA ANIMA AI MASCALZONI RIBELLI

Michele Sinisi, regista che si definisce irriverente, che ama stravolgere la tradizione, regista dalle soluzioni spesso eccessivamente originali, si cimenta con i Masnadieri di Schiller: dramma partorito tra il 1777 e il 1780. Le date sono importanti se si pensa al fermento intellettuale europeo che portò, nove anni dopo, alla Rivoluzione francese. Tuttavia, per questa edizione, folle, ironica, scanzonata, ricca di animosità e asciutta di ridondante verbosità, forse dissacrante, diventa addirittura fondamentale conoscere la storia che portò l’opera di Friedrich Schiller in palcoscenico.

11 aprile 2024

«Contenuto pornografico» di Tommaso Agnese

 

Roma, Teatro Off/Off
10 aprile 2024

NOI, SCHIAVI DELL’ALGORITMO

Tommaso Agnese immagina che nel 2060 saremo tutti soggiogati e schiavi del mondo virtuale. Faremo parte di una società governata da potenti che con i «vantaggi» dell’elettronica saranno capaci di tenerci completamente imbavagliati, obbligandoci ad agire e a pensare secondo un’educazione globale e codificata dai temibili algoritmi. Incentivo e ricompensa di questo incosciente stato di schiavitù è il contenuto pornografico offerto gratuitamente, per il nostro piacere e le nostre soddisfazioni, sul più aggiornato e moderno marchingegno che fra poco sostituirà i cellulari. L’autore ragiona, da commediografo, in termini certamente fantasiosi, ma neanche troppo, sul declino morale e intellettuale delle nostre possibilità individualistiche: nella realtà quotidiana sono già molti i giovanissimi catapultati in questo dramma della globalizzazione del pensiero e della volontà telecomandata.

10 aprile 2024

«Zio Vanja» di Anton Cechov


Roma, Teatro Vascello
9 aprile 2024

TUTTI AL MURO I FALLITI DI LIDI

La seconda tappa del progetto di Leonardo Lidi su Cechov accende i riflettori su Zio Vanja. E non è soltanto un modo di dire: la scena e le luci di Nicolas Bovey, infatti, sono state pensate proprio per illuminare, sotto un faro processuale, la tragedia dell’immobilità drammatica e della conseguente infelicità. Anton Cechov, con «Zio Vanja», vuol rappresentare la società dei falliti, di coloro che vivono dei loro piccoli egoismi, crogiolandosi nella vanità del rimpianto. «Bisognerebbe dare più fiducia agli altri, sennò la vita diventa insopportabile», avverte Sonja, alludendo alla sola luce di speranza. Anche in quest’opera, come in altre del repertorio cechoviano, il concetto del lavoro è visto come unica possibilità pratica di fuggire l’infelicità: «La noia e l’ozio si contagiano», dice ancora Sonja, voce del futuro, la quale avverte che al di là dell’infelicità ci potrebbe essere una vita migliore. Un cammino che però nessuno vuole affrontare; meglio tornare alle tristi certezze di sempre. Quindi, meglio star fermi anziché muoversi.

09 aprile 2024

Da Ferdinando IV al principe di *** (parte II)

Caricatura di Totò (da «La patente»)

INNOMINATO DA ALEXANDRE DUMAS, SCOPRIAMO CHI ERA

segue da

Avevamo lasciato il nostro iettatore a bordo di una imbarcazione francese veleggiando verso Tolone, rattristato per la morte del fratello ucciso in duello per causa sua, e per la dipartita del padre stroncato dal dolore. Alessandro Dumas dedica un intero capitolo del Corricolo al viaggio del principe di *** verso lidi lontani – ma noi, non avendo la sua penna, lo riassumeremo in poche parole per non cadere in stucchevoli ripetizioni – tragitto durante il quale il capitano del vascello, non avendo tenuto in seria considerazione le maldicenze sul conto del suo ospite (prima di salpare da Napoli un’anima pia s’affrettò a metterlo in guardia onde prepararlo a qualunque imprevisto) non fece a tempo a ricredersi che, dopo due giorni e mezzo di navigazione, all’altezza di Livorno, si vide costretto a virare bruscamente verso la Corsica per evitare l’attacco di due bastimenti inglesi. Il principe lo rincuorò appena intuì che il vento premiava l’alta velatura di bordo e la forma snella dello scafo, agile a scivolare leggero sulle acque. «Con il levante in poppa non li sentiremo più abbaiare», disse pavoneggiandosi il capitano soddisfatto della distanza guadagnata sulle inseguitrici. E il principe di rincalzo esclamò mirando a est l’orizzonte: «Oh, durerà, eccome se durerà!». E la voce del marinaio di vedetta si levò forte e allarmata: «Il vento salta da est a nord». In pochi minuti il vascello fu raggiunto e bombardato da entrambi i lati. Nulla potettero i francesi: si arresero e furono tratti in ostaggio. Il povero capitano, rassicurato dai vincitori affinché il principe, rimasto naturalmente illeso, fosse preso in consegna su uno dei due bastimenti, chiese il permesso di andare a prendere effetti personali in cabina e si sparò. L’ammiraglio inglese, comprendendo che l’ospite fosse persona di stimabile levatura, gli offrì i migliori servigi, riservando le celle più anguste alla ciurma dei prigionieri.

08 aprile 2024

Da Ferdinando IV al principe di *** (parte I)

Caricatura di Alexandre Dumas

VITTIME E CARNEFICI DEL FASCINO DELLA JETTATURA

La sera del 3 gennaio 1825, l’ormai anziano borbonico sovrano delle Due Sicilie, dopo aver disputato una partita al giuoco delle carte e dopo aver adempito all’impegno di ogni buon cattolico recitando le orazioni, andò serenamente a dormire. Si portava sulle spalle settantasei anni, sessantacinque dei quali da regnante: una discreta fatica! Ovvio che il popolo partenopeo, riconoscente, fosse particolarmente affezionato al suo re. Fu questo il motivo per cui, la mattina seguente – quando alle dieci un maggiordomo di Palazzo, non avvertendo ancora alcun rumore provenire dalla camera reale, scoprì il corpo senza vita di Ferdinando IV – i napoletani, appena si sparse la triste notizia, vollero ostinatamente rintracciare nell’improvvisa morte del regnante una causa soprannaturale. Re Nasone, come era nominato, la sera precedente non aveva manifestato alcun malore, dunque, perché la mattina successiva non si era più svegliato? Ecco cosa si scoprì.

07 aprile 2024

«House» di Aurora Miriam Scala


Roma, Fonderia delle Arti
6 aprile 2024

STORIA DI JACOPO, DJ FUTURISTA

Il sabato sera riserva una serata diversa alla Fonderia delle Arti, alla scoperta di novità, in occasione del Festival delle Entrature sonore, organizzato da Tuttoteatro.com che dedica quattro giornate alla creatività contemporanea «per immaginare e davvero ritrovare il senso del nostro andare» che potrebbe essere tranquillamente un verso di F. T. Marinetti, invece lo ha scritto Mariateresa Surianello, curatrice della kermesse, sul programma degli eventi. In effetti, in questi locali, il dinamismo futurista non manca mai. C’è sempre una sorpresa. Gran movimento all’ingresso, il fermento è vivo, ci si affolla sulla porta, cresce – senza reale motivo – un certo sospetto. Poi ci si avventura all’interno.

06 aprile 2024

«Il giuocatore» di Carlo Goldoni


Roma, Teatro Sala Umberto
5 aprile 2024

LA CITTÀ DEL VIZIO VISTA DA ROBERTO VALERIO

Mettere in scena, oggi, Il giuocatore di Carlo Goldoni significa aver osservato il mondo, significa aver compreso una delle più drammatiche piaghe della società, significa anche mostrare, a chi lo ignora, quel che sta succedendo in un silenzio quasi generale. Il gioco delle carte, è vero, è passato in secondo piano, ha perso il fascino che aveva nei salotti di cinquant’anni fa, quasi non viene più visto come un grave pericolo, ma la ludopatia – la malattia che sta contagiando decine di migliaia di giocatori compulsivi, tra sale bingo, gratta e vinci, lotterie di ogni tipo, e un numero infinito di giochi (gratuiti e a pagamento) che abbiamo a portata di clic sul cellulare e che ci rubano tempo e soldi – è fortemente in crescita ed è vista dagli specialisti come una delle patologie più urgenti da affrontare. E Goldoni, frequentatore dei locali da giuoco, già nel 1750, con quest’opera pare voglia lanciare l’allarme.

04 aprile 2024

«Così è (se vi pare)» di Luigi Pirandello

Eros Pagni e Anita Bartolucci

3 aprile 2024

LAUDISI PREPARA LA SCENA ALL’INAFFERABILE VERITÀ

Ieri sera un inconsueto invisibile filo legava l’atmosfera dell’affollato foyer dell’Argentina, dove siamo accorsi in tanti per la première di questo attesissimo Così è (se vi pare), e il principio della commedia di Luigi Pirandello allestita da Luca De Fusco. Noi spettatori eravamo lì riuniti a scambiarci saluti e convenevoli (ché alle prime ci si conosce un po’ tutti) con la speranza che al più presto cominciasse lo spettacolo, anche per toglierci d’impaccio dall’atto cerimonioso che spesso contempla parole superflue; proprio come, un momento dopo, a sipario appena aperto, in casa del Consigliere Agazzi, alcuni convenuti (i coniugi Sirelli, la signora Cini e naturalmente i familiari del padrone di casa) attendevano l’inizio di una recita privata che si sarebbe tenuta per loro, dal vivo, anche e soprattutto per sottrarsi all’impaccio delle «dispettose» obiezioni lanciate da quell’impertinente di Laudisi, il quale, al suo ingresso, s’è ingegnato a preparare la scena concertando, con un ipotetico aiutante, luci e posizioni della rappresentazione.

03 aprile 2024

«I maneggi per maritare una figlia» di Nicolò Bacigalupo

Elisabetta Pozzi e Tullio Solenghi

Roma, Teatro Quirino
2 aprile 2024

SOLENGHI FA RIVIVERE LA MASCHERA DI GILBERTO GOVI. UN TRIONFO

Racconta Steva, al primo atto: «M’hanno detto che ci sono dei raggi del sole che fanno tanto bene. Sono raggi ultravolanti».
E la Giggia – enciclopedica lei! – lo corregge con piglio: «Raggi ultraviolenti».

Steva, che a Genova è il diminutivo di Stefano, e Giggia, in scena, sono marito e moglie, ma molti anni fa lo erano anche nella vita. Lui si chiamava Gilberto Govi, lei Rina Gaioni (detta Gigia), e insieme hanno rappresentato per oltre mezzo secolo il teatro comico dialettale di Genova. Delle opere di Govi, per fortuna, restano alcune riprese televisive, di cui I maneggi per maritare una figlia, è il pezzo forte (oggi si trova anche in internet). A quasi 60 anni dalla morte del grande attore, Tullio Solenghi, genovese doc, rende omaggio a Gilberto Govi: sceglie la Giggia migliore su piazza, Elisabetta Pozzi, anche lei nata sotto la Lanterna, e il risultato è sorprendente: una grande lezione di teatro. Di vecchio teatro, qualcuno dirà: sì, certo, ma fatto bene. Che dico, benissimo.

02 aprile 2024

«C’è ancora domani», un film di Paola Cortellesi

Netflix
1° aprile 2024

L’OPERA NON CARATTERIZZA L’IDENTITÀ NAZIONALE: PAROLA DI MINISTRO

La pellicola di Paola Cortellesi arriva in tv dopo quasi sei mesi dalla sua presentazione ufficiale del 18 ottobre scorso al Rome Film Festival. Della kermesse romana ho seguito molti lungometraggi, ma proprio questo, che aveva inaugurato il concorso capitolino, l’avevo volutamente tralasciato, ché già tanto clamore era riuscito a sollevare prima ancora di raggiungere il grande schermo. Il collega che l’ha recensito, infatti, comincia il suo articolo scrivendo: «… è in lizza per il primo posto». Una forte critica indirizzata all’enorme lancio pubblicitario organizzato con grande anticipo (forse troppo!) in favore di un film che, pur ottenendo altri riconoscimenti, non riuscì ad aggiudicarsi il premio più ambito. Scartato poi anche per la selezione delle pellicole internazionali da inviare agli Oscar, C’è ancora domani, resta un’opera importante, se non altro per il clamore sociale che ha scatenato.

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