12 febbraio 2024

«L’uomo sottile» con Massimo Reale

Massimo Reale in «L’uomo sottile»

Ariccia, Teatro Bernini, 11 febbraio 2024

LE CONFESSIONI DI ANDREA, FANTINO DEL PALIO DI SIENA

L’avventura comincia a piazza San Giovanni, dove un ristretto gruppo di amici del teatro si è dato appuntamento per raggiungere Ariccia. L’unica nota stonata è il clima uggioso e umido: ci fosse stato il sole, probabilmente ci sarebbe scappato anche un pranzo, o una cena, in piacevole compagnia. Soltanto a metà percorso ci si interroga sulla rappresentazione che stiamo andando a vedere. La domanda, lecita, ne fa nascere altre. Se non sappiamo bene cosa ci spinge su per i Castelli, qual è il motivo reale che ci fa muovere insieme? Partiamo solo per il piacere di fare una breve scampagnata? Non credo: la pioggia è un forte deterrente. La verità, secondo me, è che – malgrado le tante delusioni – ci mettiamo in cammino fiduciosi che il fascino teatrale in qualche modo ripagherà la nostra indistruttibile fede e la caparbia curiosità.

Soltanto grazie a queste spinte poco razionali e molto emotive, che regolano le nostre conoscenze, abbiamo scoperto il gioiello storico di Giacomo Zito: un piccolo palcoscenico (con una gradinata pronta ad ospitare circa 80 persone) assemblato in una chiesa del 1669, intitolata a san Nicola, già sconsacrata dal XIX secolo. Lo spazio teatrale, nato nel 2008, grazie all’apporto del Comune di Ariccia, e intitolato al Bernini, è essenziale, ma curato nei minimi dettagli, soprattutto nell’acustica con un telo protettivo capace di spezzare i frastuoni del rimbombo che le alte volte solitamente favoriscono. Sedersi nel parterre, guardare lo spazio scenico e sentirsi abbracciato, comunque, da una cornice architettonica ecclesiastica, immediatamente, ha riaperto, nel libro della memoria, quelle pagine scritte dagli studiosi della storia del teatro che molto discettarono sulle analogie teatrali delle antiche rappresentazioni liturgiche. Dibattitto rimasto sospeso dai tempi di Silvio D’Amico.

In questo contesto, appare ancor più prepotente il senso della confessione di un uomo qualunque del nostro tempo, L’uomo sottile, un immaginario fantino del Palio di Siena, interpretato magnificamente da Massimo Reale, costretto ad ammettere le sue colpe al cospetto di un tribunale che, in qualche modo, lo dovrà giudicare, valutandone la sincerità, per poi punirlo adeguatamente. Le ammissioni di Andrea, detto «Il boia», si consumano in un confessionale scenico del tutto spoglio: un’austera cella disegnata sul fondale bianco nelle efficaci elementari proiezioni di Susanna Proietti.

Il monologo è anticipato da un prologo di Giovanni Mazzini, esperto in materia, e da un breve filmato sul Palio per far intendere soprattutto il rapporto tra i senesi e l’antica giostra equestre. L’evento tiene impegnati i cittadini per gran parte dell’anno e la competizione diventa nel frattempo sempre più accesa. Mazzini ci ricorda che è una gara per cavalli, dove il fantino è soltanto il conduttore dell’animale, e nulla più. È il cavallo che vince, non l’uomo. In effetti, però, senza l’apporto del fantino verrebbe a mancare la tenzone tra le contrade, che è l’anima del Palio. È lui, infatti, che diventa il bersaglio dei sospetti di una corruzione che fa parte del gioco. Il fantino viene assoldato da una contrada e tenuto a vista per evitare che si possa vendere all’avversario per non far vincere il cavallo che monta. Dalle nozioni che s’apprendono, s’intuisce che la giostra del Palio è soltanto l’epilogo di una lunga trattativa nella quale non mancano i risvolti truffaldini.

La storia del Boia, raccontata da Sergio Pierattini, è essenzialmente questa. Non ha vinto: anzi, un errore clamoroso durante la corsa lo inchioda alla sbarra e ora deve confessare. Legato ai polsi e alle caviglie, Andrea viene portato nella cella, insanguinato per le percosse, afflitto. Cerca di strappare un accordo con i suoi aguzzini che già lo avevano pagato. Ma per vincere! E la confessione, cominciata come una supplica disperata, diventa sempre più un patteggiamento economico, in cui l’autentica angoscia iniziale cede alla mistificazione, alla falsità, alle bugie. Massimo Reale, pochissime possibilità fisiche, imbrigliato com’è, mani e piedi, inginocchiato dall’inizio alla fine a centro scena, tuttavia, è riuscito a trovare un percorso recitativo convincente: soprattutto grazie al luogo assai raccolto, dove gli occhi degli spettatori gli sono tutti addosso e ravvicinati. Manuela Mandracchia, che ha curato la regia, ha scelto di intervenire in maniera piuttosto icastica, lasciando alla severità delle quinte nere e alle proiezioni sul fondale, il gusto di un teatro «francescano», concentrato esclusivamente sull’arte della recitazione. E, si sa, quando l’attore tiene bene il palcoscenico e rapisce l’attenzione del pubblico, l’interesse è vivo e gli applausi sono sinceri. (fn)
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L’uomo sottile di Sergio Pierattini, con Massimo Reale. Scene e video proiezioni, Susanna Proietti. Luci, Valeriano Solfiti. Costumi, Sandra Rosadini. Regia, Manuela Mandracchia

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