13 marzo 2024

«Ciarlatani» di Pablo Remón


Roma, Teatro Argentina
12 marzo 2024

NINA, IL MIRACOLO DEI CIARLATANI

Il teatro non finisce mai di regalare emozioni con le sue favole, i suoi miracoli. Nell’era in cui la tecnologica comincia a perseguitarci (personalmente a infastidirmi), in palcoscenico può ancora accadere qualcosa di umanamente meraviglioso e con le stesse dinamiche di come è sempre accaduta, anche mille e più anni fa. Al calar delle luci in sala, Silvio Orlando raggiunge la ribalta per annunciare quel che potrebbe sembrare una notizia ferale per qualunque capocomico: «Questa sera la nostra attrice Blu Yoshimi non può recitare. La sostituirà la signorina Nina Pons: e se la vedrete con il copione in mano, sappiate che quel copione, Nina, l’ha letto ieri per la prima volta». Le parole di Orlando non sono state esattamente le stesse che ho riportato tra virgolette, ma il senso che ho cercato di restituire mi pare onesto.

Le indisposizioni, in una compagine teatrale, sono imprevisti che possono accadere, ma che devono essere risolti in pochi minuti. E se una volta le compagnie erano molto numerose e una sostituzione si poteva «inventare» al momento, avendo a disposizione attori che già conoscevano gli ingranaggi della commedia e le battute dell’intero copione erano già all’orecchio di tutti, ora questa eventualità non è più possibile. Con soli quattro attori che si avvicendano in scena a ritmo anche sostenuto, nessuno avrebbe il diritto di ammalarsi. È la legge del teatro: chiunque conosce quel motto che dice che lo spettacolo deve continuare.

Così è stato. Lo spettacolo non è stato sospeso, grazie alla caparbietà della giovanissima Nina Pons, che al termine ha ricevuto un’ovazione da parte del pubblico, il quale giustamente l’ha premiata. Il copione in mano (ma non sempre) e qualche battuta pronunciata con il fiato sospeso sono stati per una sera l’anima del teatro più autentico: laddove l’improvvisazione s’è mescolata con la preparazione, l’incertezza del movimento si è camuffata con la timidezza di un personaggio ancora irrisolto, lo sguardo attento del capocomico è diventato l’unico ideale sostegno a cui poter fare riferimento. L’imbeccata di Silvio Orlando, infatti, è arrivata puntuale quando all’inizio ce n’è stato bisogno, ma poi Nina, che era Nina con la sua paura e la sua fede (e non Anna, il personaggio che in un solo giorno di studio è impossibile acciuffare) s’è lasciata andare scivolando con gli occhi sul copione che non le era più neanche d’impaccio.

«Il giardino dell’infanzia» che Anna teme di aver perduto cominciando a lavorare, invece è stato per Nina Pons, in primis, ma anche per Francesca Botti, per Francesco Brandi e pure per Silvio Orlando l’isola della salvezza, dove quattro naufraghi da palcoscenico si sono rifugiati a giocare «a far sul serio», come si faceva da ragazzini, improvvisando i ruoli e uscendone vincitori.

Un applauso sincero a Nina, ma anche all’intera truppa, attori e tecnici, che hanno contribuito a rendere possibile questo antico miracolo che talvolta ancora si ripete. Nina non aveva una parte piccola, eppure è riuscita a far credere che piccolo sia stato l’impaccio. Sicuramente le intonazioni non erano perfette, i gesti ancora incerti, i movimenti semplificati, ma certo è che la commedia di Pablo Remón, che pure racconta di una vicenda tra personaggi di cinema e di teatro, da questo espediente ne ha tratto un gran beneficio. D’altronde è innegabile che un imprevisto così raro ed emozionante – e soprattutto ben riuscito – condizioni tutta la commedia. A proposito: mi auguro che il volume dei microfoni sia stato tanto elevato esclusivamente per andare incontro alle esigenze della debuttante, perché, se così non fosse, sarebbe poco edificante soprattutto per l’antica storia della platea dell’Argentina che non ha mai sofferto di scarsa acustica. A teatro non si dovrebbe ascoltare una trasmissione radiofonica.

L’analisi sulla messa in scena diventa, a questo punto, più che altro un sospetto, esattamente come Ciarlatani galleggia su una trama assai nebulosa e difficile da inquadrare. L’intenzione delle storie scritte da Remón sembra reggersi esclusivamente sull’impressionismo poetico di Silvio Orlando. È la sua recitazione che contiene lo stato d’animo dell’autore, il quale vorrebbe raccontare tutte le sue difficoltà di scrittore, di regista, di illusionista, ma non può, non ci riesce, perché nemmeno lui le ha ben chiare. Chiunque voglia esprimere se stesso nel mondo dell’arte della comunicazione e dello spettacolo (teatro, cinema, tv) si trova all’improvviso coinvolto in un labirinto di assurdità che sarebbe meglio che rimanessero sogni, ma che poi non lo sono: come la giovane attrice vincitrice del premio Donatello, la quale vive un sogno che sogno forse non è; oppure come il regista che, dopo un incidente, si risveglia in ospedale con un’idea artistica completamente diversa da tutte quelle perseguite fino ad allora.

S’è detto del beneficio che la commedia ha ricavato dall’incidente appena descritto e dell’improvvisa sostituzione dell’attrice: una contrarietà autentica che ha preceduto la finta disavventura del regista Diego Fontana sopravvissuto a un disastro aereo. È la precarietà reale dell’arte che s’è manifestata prima di quella teatrale. Quale altra migliore occasione si sarebbe potuta mostrare a Remón per rappresentare l’alea del successo e la casualità del fallimento di un artista del cinema o della televisione, baciato o ignorato dalla Fortuna? È la vanità stessa dell’idea artistica che non riesce mai a concretizzarsi se non nella nebulosa (la ripetizione è voluta) cifra recitativa di Silvio Orlando, il quale avrebbe potuto accentuare ancor più il suo essere trasognato per dichiarare l’inconsistenza dei ciarlatani di Remón.

Auguri di pronta guarigione a Blu Yoshimi. (fn)
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Ciarlatani di Pablo Remón (da «Los farsantes», trad. Davide Carnevali), con Silvio Orlandi, Francesca Botti, Francesco Brandi, Blu Yoshimi, (quest’ultima sostituita stasera da Nina Pons). Scene, Roberto Crea. Luci, Luigi Biondi. Costumi, Ornella e Marina Campanale. Regia, Pablo Remón. Prod. Cardellino srl, in coproduzione con Spoleto Festival dei Due Mondi e con Teatro di Roma.

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