STORIA DI JACOPO, DJ FUTURISTA
Il sabato sera riserva una serata diversa alla Fonderia delle Arti, alla scoperta di novità, in occasione del Festival delle Entrature sonore, organizzato da Tuttoteatro.com che dedica quattro giornate alla creatività contemporanea «per immaginare e davvero ritrovare il senso del nostro andare» che potrebbe essere tranquillamente un verso di F. T. Marinetti, invece lo ha scritto Mariateresa Surianello, curatrice della kermesse, sul programma degli eventi. In effetti, in questi locali, il dinamismo futurista non manca mai. C’è sempre una sorpresa. Gran movimento all’ingresso, il fermento è vivo, ci si affolla sulla porta, cresce – senza reale motivo – un certo sospetto. Poi ci si avventura all’interno.
Il passo è più spedito, sebbene sia osservato dagli sguardi sorridenti dei divi del cinema, ritratti appesi alle pareti. C’è Sophia Loren con Orson Welles, particolarmente giovani, Marlon Brando in motocicletta, Giulietta Masina con Anthony Queen sul set felliniano. In fondo al corridoio, che potrebbe anche portare a una palestra, invece, c’è una sala con delle sedie e un palcoscenico. L’esibizione ci sarà! I sospetti spariscono. Non c’è sipario, ma un tavolo a centro scena e alcune quinte laterali disposte obliquamente riportano serenità e certezze.
Il titolo della performance annunciata è House, con Manuel D’Amario. C’è anche una regista, che è l’autrice Aurora Miriam Scala. Non conosco nessuno, ma comincio anche a fidarmi. Le brevi note informano: «Le vicissitudini di Jacopo nel suo percorso di crescita sono accompagnate dall’inseparabile alleata: la musica house». Si spengono le luci e Jacopo appare in mutande nella penombra. Sistema sul tavolo un’apparecchiatura elettronica, un paio di scarpe in ribalta con i pantaloni della tuta; poi cerca qualcosa, indugia forse un po’ troppo, ma alla fine trova perfino il sipario infilandosi sotto il tavolo per riapparire, carponi, nel taglio di una tovaglia che gli incornicia il viso. La trovata della regia fa ben sperare. Comincia un monologo assai dinamico: un racconto familiare di vita vissuta; una corsa verso l’autobus che porterà Jacopo a scuola dove conosciamo il maestro Lino che incute terrore; poi un passaggio a casa della nonna che dispensa affettuosa tranquillità offrendo una «caracina» che è un fico secco; ed infine tutta la numerosa famiglia corre a far merenda in riva al fiume, compresa la nonna e la musica house.
Manuel D’Amario, dalla sua, ha due pregi: il primo è la simpatia che lo aiuta a instaurare immediatamente un rapporto genuino e diretto col pubblico, per cui il suo racconto prende immediatamente vigore, grazie soprattutto alla caratteristica parlata dialettale dei teatini (è nato ad Atessa, in provincia di Chieti); il secondo è che prima d’essere attore, Manuel è un abile dj (in altri tempi si diceva disc jockey), specializzato nel genere house, fan di Matteo Sorbellini, che tutti sanno chi è, eccetto il sottoscritto. È questo il dinamismo di oggi che a noi «vecchietti» ci sfugge di mano: tutti parlano una lingua che corre più delle parole, i cui significati reconditi si nascondono, quando va bene, nei nomi di personaggi di un «futuro già glorioso», altrimenti s’apre il buio degli acronimi.
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House scritto e diretto da Aurora Miriam Scala. Con Manuel D’Amario. Fonderia delle Arti, via Assisi 31 (via Tuscolana)