01 dicembre 2025

«Mi manca Van Gogh», di e con Francesca Astrei

Roma, Teatro India
30 novembre 2025

«COME SARANNO QUEI CORVI?»

Lei fa la guida in un museo: ci mette passione, studio e tanta energia per tenere a bada un gruppo d’immaginari visitatori irrequieti, un po’ sfrontati, un po’ maleducati. Di fronte a un quadro di Van Gogh, anch’esso fantasioso, Francesca (ma il nome è quello dell’interprete) dichiara la sua predilezione per il pittore olandese, si percepisce una debolezza che le tocca l’animo, mentre le impertinenze dei turisti la distraggono, la offendono, le fanno male. Lei reagisce con ironia davanti al tizio che usa incautamente il cellulare durante la spiegazione storica e artistica di una tela, redarguisce la signora che sgranocchia patatine. E, da una dizione perfettamente italiana e professionale, scivola su accenti più dialettali per frenare gli eccessi caustici, per smorzare la rabbia con la simpatia, per cercare di entrare in confidenza con la truppa irrispettosa e recuperare la loro attenzione. Opta per la cadenza napoletana – anche se l’attrice è nata a Roma – ma preferisce la parlata periferica, quella vesuviana resa famosa dalle incertezze lessicali di Massimo Troisi. Sfrutta l’empatia del comico di «Ricomincio da tre», senza però calcare la mano, appena appena, giusto per aprire un varco comico, prima della virata.

29 novembre 2025

«Robe dell’altro mondo», di Gabriele Di Luca (regia, Di Luca/Setti)

«Robe dell’altro mondo» di De Luca/Setti (Carrozzeria Orfeo))

Roma, Spazio Diamante
29 novembre 2025

PIÙ CHE LA PAROLA POTÉ IL DISEGNO

Se davvero nell’universo ci fossero alieni capaci di spiarci, certamente, osservando il nostro folle modo di vivere e le nostre bizzarre abitudini, si guarderebbero bene dal venirci in aiuto. Resterebbero a debita distanza dalle stranezze comportamentali dei singoli, dalle ingiustizie determinate da chi ci governa mentre, invece, ci dovrebbe proteggere, dalle falsità divulgate dagli organi d’informazione. Robe dell’altro mondo sembra l’esclamazione di uno di loro dopo aver ascoltato quel che accade quotidianamente sul nostro pianeta: come quei due cerimoniosi vecchietti che uscendo dal supermercato si perdono in formali convenevoli prima di cominciare a darsele di santa ragione per un euro non restituito; come quell’omosessuale extracomunitario che ritrovandosi all’improvviso un neonato tra le mani desidera immediatamente essere mamma; come quel ministro senza scrupoli che incarica il suo portaborse di sbarazzarsi di coloro che creano problemi e di insabbiare le prove; e come quel notiziario che annuncia il rapimento del papa quando invece è a passeggio nel parco.

28 novembre 2025

«Matteotti», di Stefano Massini (regia, S. Mangini)

Roma, Teatro Vittoria
27 novembre 2025

L’AUTORE ILLUMINATO: «IL FASCISMO NASCE DAL DISORDINE»

Anche se con sei musicisti in scena, trattasi di monologo. L’attrice protagonista che è la voce narrante, la figura primaria e quasi certamente anche il perno centrale dell’operazione, porta un nome eccelso, di massimo rispetto. Ottavia Piccolo, oltre a essere una interprete straordinaria, è una donna di teatro con una lunga esperienza alle spalle, anche in campo cinematografico. E di monologhi se ne intende. E la sua recitazione è fuori discussione. Fino a ieri non conoscevo il maestro Enrico Fink che ha composto le affascinanti musiche che accompagnano le parole dell’attrice di Matteotti. Anatomia di un fascismo, in scena al Vittoria fino a domenica. Con strumenti anche insoliti, come l’hammer dulcimer, come l’ewi (che sta per electronic wind instrument), o come il lunghissimo clarinetto basso, si accende curiosità tra il pubblico e i suoni dolci creano misteriose atmosfere sahariane che ben si intonano al racconto, non sovrastandolo mai, ma rimanendo sempre presente come un morbido cuscino di seta sotto la voce narrante. La struttura sonora è ottima.

27 novembre 2025

«Antigone» di Jean Anouilh (regia, R. Latini)

Roma, Teatro Vascello
26 novembre 2025

CONCERTO DRAMMATICO PER VOCI SPARSE E DUETTO

Sarà per l’età che avanza, ma una delle più gustose soddisfazioni teatrali, dopo anni davvero magri, è vedere una platea gremita di gente: e non parlo del pubblico che affolla le prime rappresentazioni solitamente riservate agli invitati, ma di quei paganti che vogliono andare a teatro per interesse (o per piacere), e soprattutto dei giovani, come quelli che l’altra sera, a gruppi, hanno riempito la Sala Nanni del teatro Vascello fino all’ultima poltroncina, per assistere a un’opera tra le più misteriose e affascinanti del panorama del Novecento. Scritta nel 1941, in piena ascesa della dittatura nazista, da Jean Anouilh, che si proponeva di rielaborare la versione di Sofocle dell’antico mito, opponendo alle ragioni affettive della giovane ribelle, figlia di Edipo, quelle delle necessità sociali sostenute dal re Creonte, Antigone riuscì ad approdare in palcoscenico, per la prima volta, soltanto nel 1944, dopo una lunga disputa con la censura che obbligò l’autore ad aggirare alcuni insormontabili ostacoli. Da qui si spiega l’ambiguità della vicenda e la comprensibile reazione che all’epoca suscitò, inducendo molti spettatori a considerare il dramma come una sorta di propaganda a favore della dittatura, solo perché Creonte decreta l’ordine di uccidere la giovane e indomabile Antigone.

26 novembre 2025

«Sabato, domenica e lunedì», di Eduardo (regia, L. De Fusco)

Roma, Teatro Argentina
25 novembre 2025

CLAUDIO DI PALMA È UN IMMENSO PEPPINO PRIORE

All’ingresso del protagonista il suono di un violino preannuncia il dramma con molto anticipo, quando le nuvole sono ancora lontane dagli animi dei protagonisti, ma noi già le vediamo da qualche minuto, bianche e magrittiane, dipinte sulla cornice della bella scena ideata da Marta Crisolini Malatesta: un golfo casalingo formato da sette finestre che delimitano le onde del conflitto prima della burrasca. All’esterno una lunga balconata, territorio neutro, dove regna la pace e una costante apparente serenità. Sono i due mondi, le due attrattive della famiglia Priore, che Luca De Fusco mette a contrasto, con alcune sottolineature, in questa riuscita edizione di Sabato, domenica e lunedì: ossia, gruppo di famiglia in un interno. Dove, per interno, Eduardo De Filippo intende prima di tutto il focolare, l’archetipo dell’unione familiare. È, infatti, nel rituale del ragù, nel suo lento cuocersi e addensarsi, che va ricercata l’allegoria delle nuvole che, appunto, si addenseranno sulla tavola candidamente imbandita della domenica.

25 novembre 2025

Premio Gigi Proietti (Prima edizione)

Roma, Teatro Sala Umberto
24 novembre 2025

INSINNA: «ABBIAMO ABITATO IL TEMPO DI UN GENIO»

Un premio in onore di Gigi Proietti, il grande mattatore, il funambolo della risata arguta, della battuta irriverente, del sorriso bonario e impertinente, dell’espressione sorniona e beffarda, dell’attor comico elegante e cialtrone, del tragico appassionato e drammatico, dell’uomo di teatro – tra i più generosi e sinceri del Novecento – che poteva permettersi di riproporre in scena finanche il personaggio Gigi Proietti, perché sapeva recitare, (o meglio) rendere teatrale, il ruolo di se stesso. Ha detto bene Flavio Insinna, allievo del suo Laboratorio alla fine degli anni Ottanta: «Abbiamo abitato il tempo di un genio». Fortunato lui e tutti gli altri! Chi vive un periodo della sua vita accanto a un uomo così ne apprezza profondamente, non solo la parola, ma ogni suo gesto, ogni suo respiro, perché ogni espressione del genio diventa un insegnamento, spesso inconsapevole, ma fondamentale più della canonica lezione dottrinale.

22 novembre 2025

«Oltre le nuvole, il cielo», scritto e diretto da Gabriele Cicirello

«Oltre le nuvole, il cielo», scritto e diretto da Gabriele Cicirello

Roma, Spazio Diamante
19 novembre 2025


«PRIGIONIERI NELL’AEROPORTO DELL’ASSURDO»

Il lavoro di Gabriele Cicirello, presentato in embrione lo scorso maggio al Festival Indivenire, vede oggi luce piena perché vincitore del Premio del pubblico, cioè fu, tra i corti osservati, quello che riscosse il maggior numero di sbigliettamento; eppure Oltre le nuvole, il cielo fu segnalato al tavolo della giuria sia per l’ottima prova di Michele Ragno, sia per una fantasiosa e attenta ricerca delle soluzioni per la messa in scena. Con un palcoscenico vuoto e sei trolley, il regista riuscì a dare l’impronta efficace alla sua idea di autore, che all’epoca si doveva realizzare in appena venti minuti. Tuttavia, oggi, con un testo sviluppato e uno spettacolo completo, con gli stessi interpreti che hanno messo a fuoco ciascuno il suo personaggio, ancor più si avverte la ricerca meticolosa di una regia a danno di una scrittura che sembra dilatata e quindi indebolita.

19 novembre 2025

«Scavare – Escavar» di Letizia Russo (regia, S. Barbosa)

«Scavare – Escavar», di Letizia Russo. Regia di Regia di Sónia Barbosa.

Roma, Teatro Cometa Off
18 novembre 2025

OMBRE E VOCI DI UNA VITTIMA DEL BULLISMO

Di solito a Roma spettacoli in lingua straniera non se ne vedono molti; quando passano nei nostri teatri è perché dietro c’è una grossa organizzazione, un festival internazionale – come il RomaEuropa Festival, per nominare il più ricco e famoso – uno scambio culturale dovuto a un gemellaggio comunale da omaggiare. Sono eventi rari, anche a causa – diciamo la verità – della nostra pervicace idiosincrasia a praticare con scioltezza le lingue straniere. Sònia Barbosa, andando controcorrente, sfida questa monolitica diffidenza nazionale e propone al Cometa Off, con una produzione che non è certamente quella dei teatri maggiori, ma che comunque assicura la proiezione della traduzione simultanea, un testo scritto in origine nella nostra lingua da Letizia Russo che lei ha tradotto, ha diretto, e ha già rappresentato nel suo paese in versione bilingue: portoghese e italiano. Ecco spiegato il doppio titolo sul manifesto: Scavare – Escavar, che ovviamente per il debutto settembrino di Viseu (nell’entroterra di Oporto) e le repliche di Lisbona era stampato a parole invertite. In scena, insieme con Sònia, portoghese vissuta in Italia per sette anni, c’è Giada Prandi che ricopre il ruolo secondario, sì, ma fondamentale per la riuscita degli intenti: se infatti bisogna scavare, qui si scava nella memoria, e Giada rappresenta proprio la voce della memoria della protagonista.

17 novembre 2025

«Pinocchio.Zero» di Mandracchia/Cocifoglia

«Pinocchio.Zero» di Mandracchia/Cocifoglia/Zero

Roma, Spazio Nous
16 novembre 2025

RENATO, PADRE INCONSAPEVOLE DI UN «FIGLIO» BURATTINO

Il carrozzone muove dal foyer con un suono di ciaramelle e di tamburi, alla maniera degli zampognari, con le regine, i suoi fanti e i suoi re immaginari, per annunciare la storia che comincia con un insolito pezzo di legno. «C’era na vorta un bel pezzo de legno», sì, proprio in romanesco: un testo che Manuela Mandracchia e Fabio Cocifoglia hanno recuperato acquistando un libretto su una bancarella. Era la storia di Pinocchio riscritta nella lingua del Belli, ma seguendo gli endecasillabi dei sonetti in rima composti da Ivo Martellini. Da qui l’idea di farlo conoscere al pubblico, alternandolo, per semplificare appena, con alcuni brani in prosa, e un po’ di musica per accompagnamento. Ma non una musica qualsiasi composta per l’occasione! Chi è cresciuto con le canzoni dei nostri cantautori, le conosce praticamente a memoria e, o a Manuela o a Fabio, o a entrambi, è arrivata l’intuizione di accostare alla favola bella che tutti conosciamo qualche bella canzone di Renato Zero.

16 novembre 2025

«Il fu Mattia Pascal», da Pirandello (regia, M. T. Giordana)

«Il fu Mattia Pascal», da Pirandello (regia, M. T. Giordana)

Roma, Teatro Greco
15 novembre 2025

IL TESORO RACCHIUSO IN UN MANOSCRITTO DIMENTICATO

Chiunque abbia voglia di apprendere l’arte classica della locandina – come si impagina e come si posizionano in gran numero in un foyer e nelle vetrine in strada, affinché tutti vedano facilmente e comodamente – dovrebbe recarsi al Teatro Greco, dove si riconosce l’infallibile chiarezza della vecchia scuola: nome in ditta, titolo, autore, sottoditta, generici, poi l’elenco dei personaggi con gli interpreti accanto, addirittura sono indicati i doppi ruoli vicino al nome dell’artista, e anche il raro caso di due attori che seguono un solo personaggio (per evitare le antipatiche pecette nel caso di una imminente sostituzione), quindi immancabile il sigillo della regia, e infine la lista dei crediti di coloro che hanno collaborato alla realizzazione dello spettacolo, con la definizione della mansione comprensibile, nella lingua nostrana anziché in inglese che serve soltanto a mascherare inappropriate insoddisfazioni.

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