08 dicembre 2025

Antonio Rezza: chi ne dice benissimo e chi ne dice malissimo

Carmelo Bene

Roma, 7 dicembre 2025

CARMELO BENE: «È UN MIRACOLO DI PIAZZA»

Siccome non sono esente da imprudente masochismo, sento la necessità di dover approfondire il discorso su Antonio Rezza, non perché l’ultimo spettacolo visto al Vascello mi abbia particolarmente entusiasmato, ma per i numerosi messaggi che ho ricevuto, assai contrastanti tra loro, che mi hanno acceso una lampadina. Il commento personalissimo su Metadietro si può ridurre a «una performance divertente a tratti, ma un po’ slabbrata»: detto tra noi, dieci minuti in meno sarebbero stati salutari. Tuttavia ne scrivo ancora perché Rezza ha diviso, e non da ora, l’opinione pubblica in maniera netta sia come autore che come attore: chi ne dice benissimo e chi ne dice malissimo, così da diventare un caso teatrale senza mezze misure. I molti pareri discordanti mi hanno chiarito una frase che avevo scritto senza badar troppo alla conseguenza dell’azione che mi accingevo a sottolineare: «… Rezza l’altra sera si divertiva – e faceva divertire – argomentando con la solita impertinenza le tragedie del nostro tempo».

07 dicembre 2025

«Le cose che restano», regia e ideazione di Alessandro Businaro

«Le cose che restano», di Alessandro Businaro

Roma, Teatro Basilica
6 dicembre 2025

CRONACA DI UNO SPETTATORE DISORIENTATO

Una voce fuori campo, cupa e stanca, lamenta le angosce dell’insonnia; maledice i pensieri notturni che sono i migliori alleati della veglia coatta, quella che anche al buio ti fa fissare il soffitto. Una luce elettrica si accende e si spegne a comando, mostrando una moka sul fornello, ma la sua intermittenza lascia presupporre che sia quella del comodino. È un inizio carico di tensioni immediatamente smorzate dalla disinvoltura di lei che introduce «il viaggio» che sta per cominciare: non proprio sotto i migliori auspici, a dir la verità. Sin da subito si avverte il peso dell’inquietudine. «Il viaggio» preannunciato si consuma in una casa, attorno al tavolo del tinello o della cucina: una volta le case avevano grandi spazi, oggi spesso cancellati, ma l’autore sembra rimproverare coloro che vanno alla ricerca di nuovi spazi: dice addirittura che anche il numero crescente delle amicizie è una forma di espansione incontrollata.

06 dicembre 2025

«L’oro della commedia» di e con Flavio Albanese

Roma, Teatro Tordinona
5 dicembre 2025

DA ARLECCHINO A TOTÒ, LE MASCHERE DELLA RISATA

«Stasera s’è goduto». È stato il primo pensiero, sciolto in parole, appena si sono riaccese le luci della platea del Tordinona, al termine di un lungo applauso per Flavio Albanese, in versione Maestro di Storia della comicità, impegnato in una «lezione spettacolo per un pubblico curioso, dalla commedia dell’arte ai cartoni animati». Il sottotitolo chiarisce perfettamente cos’è L’oro della commedia: due ore – poco meno – di approfondimenti storici sulla forma più salubre e meno rischiosa del benessere, la risata. Dalla commedia ai cartoni, dice il cartellone seguendo la cronologia dall’antico al moderno, e invece Albanese comincia dai tempi più recenti, mostrando la sequenza finale di West and Soda, film di animazione di Bruno Bozzetto e di Attilio Giovannini, che è del 1965. È l’unico momento in cui il professor Albanese spiega come in quella scena si sviluppa la tecnica per strappare una risata: i tempi, la tensione, il paradosso della situazione. Poi la lezione diventa un esercizio di spettacolo dove il maestro si esibisce in brani famosissimi che adotta come palestra per il buonumore, e per rispolverare gradevolissimi aneddoti e interessanti curiosità.

05 dicembre 2025

«Misura per misura» di Shakespeare (regia, G. Bisordi)

Roma, Teatro India
2 dicembre 2025

GOCCIA DOPO GOCCIA IL VASO DELLA CONFUSIONE TRABOCCA

Quando si ha la pretesa di voler migliorare il Bardo si rischia di combinar pasticci. Qualcuno, in soccorso dello spettacolo, tenterà una difesa: «Non si voleva migliorare, ma aggiornare». Peggio mi sento! Nel tentativo di attualizzare il testo, la regia s’è arenata nella polvere più stantia: quella che s’annida nella confusione. Malgrado qualche apparenza vetusta, Shakespeare resta nostro contemporaneo e comunque lo si usi ne esce sempre vincitore: per argomenti, per poesia e per linguaggio. Se lo si manomette in maniera imperfetta si rischia di rimanere schiacciati dal peso drammatico dei suoi protagonisti e tutto il soperchio della regia diventa vecchio e obsoleto. In Misura per misura si parla, prima ancora che di prostituzione, che di leggi troppo severe, che di minacce e di perdoni, si parla di debolezza umana: anche l’uomo più rigido e austero crolla di fronte alla tentazione della lussuria; solo chi ha fede resiste.

04 dicembre 2025

«Stare meglio» di Giacomo Ciarrapico (Festival Flautissimo)

«Stare meglio» di Giacomo Ciarrapico (Festival Flautissimo)

Roma, Teatro Torlonia
3 dicembre 2025

CARLO, ROVINATO DALLE LOTTE INTERNE

Stare meglio è un’espressione impersonale – non a caso nel titolo è usato il verbo all’infinito – che, se riferita agli individui, s’addice tanto a un singolo, quanto a una comunità illimitata che può comprendere gli abitanti di un paesino, di una metropoli o addirittura di una nazione. Senza voler sconfinare all’estero, che sarebbe troppo, Giacomo Ciarrapico, autore del racconto, immagina l’organizzazione della vita di un signor Carlo governata da un sistema interno al suo corpo predisposto sul genere repubblicano, cioè ben inquadrato in una Costituzione (che sono le regole di base del comportamento umano), in cui ogni decisione quotidiana viene gestita dal corrispondente ministero, sollevando poi inevitabili discussioni parlamentari tra maggioranza e opposizione fino ad arrivare alla crisi di governo, alla sfiducia e alle classiche elezioni. Così che per spingere il signor Carlo a leggere un libro o andare a teatro dovrebbe intervenire il ministero della cultura, per curare il fisico la Sanità, per i rapporti con il prossimo il dicastero degli esteri, per vincere la pigrizia e andare in palestra s’attiva il ministero dello sport, e per il controllo delle spese quello delle Finanze.

03 dicembre 2025

«Metadietro» di Flavia Mastrella e Antonio Rezza

Daniele Cavaioli e Antonio Rezza (© Flavia Mastrella)

Roma, Teatro Vascello
2 dicembre 2025

IMMIGRAZIONE: «BENEDETTO COLUI CHE VIENE, A PATTO CHE QUALCUNO SE NE VA»

In una pausa, tra la frenetica valanga di battute, allusioni, iperboli e assurdità, dalla platea qualcuno intona un «Bravo» con timbro tenorile, fermo e robusto. Antonio Rezza immediatamente ribatte con decisione: «Lo so», prima di raggiungere l’uscita in quinta, dove viene aiutato a indossare velocemente un’attrezzatura d’astronauta per la successiva piroetta comica. Eppure, non appagato, durante il travestimento, portando bene la voce, aggiunge: «Secondo te, aspettavo te stasera per scoprirlo!» Non c’è nulla di male che un artista sia cosciente della sua bravura: ci sono attori che hanno la necessità di sentirsi bravi per andare in scena con la giusta determinazione; altri che ne possono fare a meno; i più insicuri possono risultare i migliori e viceversa. Non ci sono regole, né, per fortuna, si pagano sovrattasse (per ora) sul talento e nemmeno sull’esibizione del talento, autentico o presunto che sia. Ma quell’ostentazione urlata da fuori palco, come a riempire un vuoto scenico, m’è parsa o finta o di cattivo gusto. O entrambe le cose.

01 dicembre 2025

«Mi manca Van Gogh», di e con Francesca Astrei

Roma, Teatro India
30 novembre 2025

«COME SARANNO QUEI CORVI?»

Lei fa la guida in un museo: ci mette passione, studio e tanta energia per tenere a bada un gruppo d’immaginari visitatori irrequieti, un po’ sfrontati, un po’ maleducati. Di fronte a un quadro di Van Gogh, anch’esso fantasioso, Francesca (ma il nome è quello dell’interprete) dichiara la sua predilezione per il pittore olandese, si percepisce una debolezza che le tocca l’animo, mentre le impertinenze dei turisti la distraggono, la offendono, le fanno male. Lei reagisce con ironia davanti al tizio che usa incautamente il cellulare durante la spiegazione storica e artistica di una tela, redarguisce la signora che sgranocchia patatine. E, da una dizione perfettamente italiana e professionale, scivola su accenti più dialettali per frenare gli eccessi caustici, per smorzare la rabbia con la simpatia, per cercare di entrare in confidenza con la truppa irrispettosa e recuperare la loro attenzione. Opta per la cadenza napoletana – anche se l’attrice è nata a Roma – ma preferisce la parlata periferica, quella vesuviana resa famosa dalle incertezze lessicali di Massimo Troisi. Sfrutta l’empatia del comico di «Ricomincio da tre», senza però calcare la mano, appena appena, giusto per aprire un varco comico, prima della virata.

29 novembre 2025

«Robe dell’altro mondo», di Gabriele Di Luca (regia, Di Luca/Setti)

«Robe dell’altro mondo» di De Luca/Setti (Carrozzeria Orfeo))

Roma, Spazio Diamante
29 novembre 2025

PIÙ CHE LA PAROLA POTÉ IL DISEGNO

Se davvero nell’universo ci fossero alieni capaci di spiarci, certamente, osservando il nostro folle modo di vivere e le nostre bizzarre abitudini, si guarderebbero bene dal venirci in aiuto. Resterebbero a debita distanza dalle stranezze comportamentali dei singoli, dalle ingiustizie determinate da chi ci governa mentre, invece, ci dovrebbe proteggere, dalle falsità divulgate dagli organi d’informazione. Robe dell’altro mondo sembra l’esclamazione di uno di loro dopo aver ascoltato quel che accade quotidianamente sul nostro pianeta: come quei due cerimoniosi vecchietti che uscendo dal supermercato si perdono in formali convenevoli prima di cominciare a darsele di santa ragione per un euro non restituito; come quell’omosessuale extracomunitario che ritrovandosi all’improvviso un neonato tra le mani desidera immediatamente essere mamma; come quel ministro senza scrupoli che incarica il suo portaborse di sbarazzarsi di coloro che creano problemi e di insabbiare le prove; e come quel notiziario che annuncia il rapimento del papa quando invece è a passeggio nel parco.

28 novembre 2025

«Matteotti», di Stefano Massini (regia, S. Mangini)

Roma, Teatro Vittoria
27 novembre 2025

L’AUTORE ILLUMINATO: «IL FASCISMO NASCE DAL DISORDINE»

Anche se con sei musicisti in scena, trattasi di monologo. L’attrice protagonista che è la voce narrante, la figura primaria e quasi certamente anche il perno centrale dell’operazione, porta un nome eccelso, di massimo rispetto. Ottavia Piccolo, oltre a essere una interprete straordinaria, è una donna di teatro con una lunga esperienza alle spalle, anche in campo cinematografico. E di monologhi se ne intende. E la sua recitazione è fuori discussione. Fino a ieri non conoscevo il maestro Enrico Fink che ha composto le affascinanti musiche che accompagnano le parole dell’attrice di Matteotti. Anatomia di un fascismo, in scena al Vittoria fino a domenica. Con strumenti anche insoliti, come l’hammer dulcimer, come l’ewi (che sta per electronic wind instrument), o come il lunghissimo clarinetto basso, si accende curiosità tra il pubblico e i suoni dolci creano misteriose atmosfere sahariane che ben si intonano al racconto, non sovrastandolo mai, ma rimanendo sempre presente come un morbido cuscino di seta sotto la voce narrante. La struttura sonora è ottima.

27 novembre 2025

«Antigone» di Jean Anouilh (regia, R. Latini)

Roma, Teatro Vascello
26 novembre 2025

CONCERTO DRAMMATICO PER VOCI SPARSE E DUETTO

Sarà per l’età che avanza, ma una delle più gustose soddisfazioni teatrali, dopo anni davvero magri, è vedere una platea gremita di gente: e non parlo del pubblico che affolla le prime rappresentazioni solitamente riservate agli invitati, ma di quei paganti che vogliono andare a teatro per interesse (o per piacere), e soprattutto dei giovani, come quelli che l’altra sera, a gruppi, hanno riempito la Sala Nanni del teatro Vascello fino all’ultima poltroncina, per assistere a un’opera tra le più misteriose e affascinanti del panorama del Novecento. Scritta nel 1941, in piena ascesa della dittatura nazista, da Jean Anouilh, che si proponeva di rielaborare la versione di Sofocle dell’antico mito, opponendo alle ragioni affettive della giovane ribelle, figlia di Edipo, quelle delle necessità sociali sostenute dal re Creonte, Antigone riuscì ad approdare in palcoscenico, per la prima volta, soltanto nel 1944, dopo una lunga disputa con la censura che obbligò l’autore ad aggirare alcuni insormontabili ostacoli. Da qui si spiega l’ambiguità della vicenda e la comprensibile reazione che all’epoca suscitò, inducendo molti spettatori a considerare il dramma come una sorta di propaganda a favore della dittatura, solo perché Creonte decreta l’ordine di uccidere la giovane e indomabile Antigone.

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