16 maggio 2024

«Cerniera», testi di Anna Segre

Roma, Teatro Porta Portese
15 maggio 2024

SI PUÒ SCRIVERE UN SORRISO ANCHE COL MOSCONE CHE RONZA

Talvolta anche la critica deve sopportare il peso di un prologo che non sempre si sposa con la performance del palcoscenico. Non è per far polemica, ma è per segnalare quanta poca compostezza si riserva alla fatica di chi sta in scena. A spettacolo cominciato, con l’attrice che già aveva rotto il ghiaccio sotto i proiettori affrontando la platea, al botteghino, nel foyer poco distante dalla sala, separata soltanto da una tenda, una pentola di fagioli ha preso a borbottare profondamente disturbando la concentrazione sia dell’interprete che del pubblico. Dispiace che simile comportamento venga da chi fa parte del teatro. Dispiace pure che ci sia gente che arriva in ritardo pensando di poter far uso delle tonalità casalinghe e della maleducazione che si porta appresso. I ritardatari, infatti, per non deludere la strafottenza che li distingue, accomodandosi in sala hanno preteso anche i posti in prima fila. Et dulcis in fundo, appena seduti, hanno tirato fuori il cellulare. Certuni farebbero meglio a restare prigionieri del tinello a vedere spot pubblicitari.

15 maggio 2024

«Hotel Dante», di Roberto D’Alessandro

Roma, Teatro Quirino
14 maggio 2024

L’UNICO ALBERGO DOVE LUCIFERO VOLA IN PARADISO

Un gioco di fine stagione chiude la programmazione del Quirino

Oltre a muovere il sole e l’altre stelle, la materia dantesca, per una sera e fino al 19 maggio, la gran folla de li spiriti mali, di qua, di là, di giù, di su li mena per i meandri del Quirino, e per i luoghi più misteriosi e angusti. Hotel Dante, infatti, non è propriamente uno spettacolo teatrale con il pubblico seduto in platea e il sipario aperto, ma è piuttosto un’occasione per far correre gli spettatori da una parte all’altra dell’edificio, dai camerini fino all’ultimo ordine di balconata, alla scoperta di inciuci e pettegolezzi dei personaggi che appaiono nella Divina Commedia. Sul manifesto è dichiarato come format e il suo ideatore è quel robusto ragazzo barbuto che risponde al nome di Roberto D’Alessandro. Il quale, all’inizio della performance, mentre una corifea declamava a memoria i versi del VI canto dell’Inferno, più che Cerbero, nella fisionomia, poteva esser considerato Ciacco, che era lì per la dannosa colpa della gola.

13 maggio 2024

«Rosella» di A. Saibene e E. Bruno

Egidia Bruno

Roma, Teatro Basilica
12 maggio 2024

RACCONTARE NON È RECITARE

Premesso che Egidia Bruno sa stare in scena, premesso che ha una voce educata per catturare la platea, premesso che la sua dizione è più che corretta e a volte anche suadente, premesso che si è molto ben disimpegnata pure in due brevi momenti canori, premesso tutto ciò, va notato subito con dispiacere che nella sua performance, il cui testo è scritto a quattro mani con Alberto Saibene, sono mancati alcuni elementi importanti: il teatro, per esempio, ossia la trasposizione teatrale di un’idea, la struttura teatrale dello spettacolo, la teatralizzazione di un racconto, l’interpretazione e, quindi, la recitazione. Raccontare una storia a memoria, non è lo stesso che recitarla, anche se la si racconta bene, e nemmeno se qua e là si spargono le caratteristiche voci di qualche personaggio che anima la vicenda. Occorre altro, occorre nutrire la storia con l’interpretazione, scioglierla dalla terza persona per darla in pasto al pubblico e ravvivarla con quel vocabolario emotivo che è alla base di ogni opera che si sviluppi in palcoscenico.

12 maggio 2024

«1 persona» di Matteo Pantani

Roma, Centro culturale Artemia
11 maggio 2024

UNA VENERE TRA GLI STRACCI

Qualche tempo fa, quando era da poco scoppiata la pandemia e ci dissero di restare segregati in casa, e chiusero i teatri sperando che mai più qualcuno li riaprisse, Matteo Pantani, sollecitato dal desiderio opposto, scrisse un breve atto d’amore per il teatro: un monologo assai conciso che trovò ispirazione in 1 persona a cui era affezionato, Elena Biagetti, giovanissima attrice, diplomata da un paio d’anni all’Accademia. «È tuo – disse Matteo a Elena – è il mio regalo per il tuo compleanno. Fanne quel che vuoi». «Lo voglio mettere in scena – disse lei dopo averlo letto – ma mi devi aiutare tu». I teatri riaprirono. Matteo ideò anche la regia. E lo spettacolo fu premiato al Festival nazionale dei corti teatrali.

11 maggio 2024

«Crisi di nervi» un trittico cechoviano di Peter Stein

Palermo, Teatro Biondo
10 maggio 2024

TRIS DI CECHOV
(O LE NEVROSI DELLA DISPERAZIONE)

Straordinarie interpretazioni quelle di Maddalena Crippa, Emilia Scatigno, Alessandro Averone, Sergio Basile, Gianluigi Fogacci, Alessandro Sampaoli, nei tre atti unici cechoviani che Peter Stein ha raggruppato sotto un unico titolo, Crisi di nervi, per evidenziare il disagevole stato emotivo di cui son succubi i protagonisti delle differenti vicende. I quali si lasciano trasportare da autentiche pulsioni nevrotiche con evidenti sintomi di attacchi di rabbia, mancanza di respiro, tremori involontari e palpitazioni, varie. Ma le tre storie ruotano anche intorno a episodi familiari che hanno come soggetto indiscusso la moglie, o comunque la figura femminile. Che sia essa già vedova, sposata o ancora nubile, la donna è sempre presente, anche quando non è a vista, ma anzi se ne avverte più pressante la minaccia. I testi sono noti: L’orso, I danni del tabacco e La domanda di matrimonio.

Anton Cechov lavora agli atti unici, qui prescelti, tra il 1886 e l’88, ispirandosi al vaudeville francese, allora assai in voga, e tentando una nuova via verso la comicità delle situazioni. Peter Stein, invece, dichiaratamente predilige l’assurdità dei personaggi, per meglio approfondire i loro caratteri contorti, «malati» di nevrosi talvolta croniche. Opta per il grottesco, per il ridicolo, e mantiene, in tutte e tre le prove, alto il livello di apparente serietà: è chiaro che però si ride, e non poco pur evitando di trascendere nel comico. È la tragedia dell’uomo ridotta a commedia che invita al sorriso: la sua solitudine arrabbiata, la sua infelicità mortificata, il suo essere meschino e petulante. I personaggi di Cechov, passati al setaccio dal regista, diventano uomini ancor più impotenti, piccini, anche se con una pistola in mano, anche quando hanno il privilegio di star dietro a una cattedra o nel felice momento di chiedere la mano dell’amata. Dimostrano un’innata fragilità dalla quale non riescono a liberarsi e che li conduce a consuete crisi nevrotiche.

La regia, raffinata e sempre condotta con logica matematica, non è mai invadente, anzi tende ad asciugare qualunque sovrastruttura, annulla gli «infiocchettamenti», ma grazie alle essenziali ed eleganti scene di Ferdinand Woegerbauer e alla peculiarità dei costumi di Anna Maria Heinreich, riesce bene a descrivere tre diversi ambienti e tre differenti situazioni emotive tutte legate da un comun denominatore. Merita di essere citata con attenzione l’apertura iniziale di sipario de «L’orso», quando nel lungo, lunghissimo, silenzio del dolore causato dal lutto, la fotografia del defunto sembra suonare muta una overture, concentrata sugli ammiccamenti sconcertati del servitore (il bravo Sergio Basile), di un’opera, appunto, grottesca che introduce, non soltanto l’atto specifico, ma l’intero trittico. Il più efficace lavoro del regista si riscontra nel meticoloso studio fatto con gli interpreti, un gruppo di attori con i quali collabora da tempo e che, conoscendo con acume, riesce ad accordare perfettamente in un ensemble assai recettivo.


L’orso è il prepotente creditore che la disperazione economica rende cieco dalla collera, ma che crolla di fronte alla vedova affranta, appena essa tira su lo sguardo e lo fissa negli occhi con seducente avversione. Alessandro Sampaoli traduce con limpida naturalezza lo stato costantemente alterato del suo personaggio gonfio di rabbia, e paradossalmente sembra quasi che la crisi di nervi sia quella opposta, quando cioè la sua furia si placa nell’abbraccio conturbante con Elena Ivanovna, l’ottima Maddalena Crippa, che con pacata decisione riesce a far montare una tensione ben più sorprendente.

Ivan Ivanovic approfitta di una conferenza sui danni del tabacco per confessare all’uditorio il suo martirio coniugale con una moglie dispotica. Arriva perfino a calpestare in pubblico il frac con cui si è sposato e che ora rappresenta il simbolo della sua infelicità, ma poi appena si accorge che lei lo sta raggiungendo ritira spudoratamente ogni parola detta e torna ad essere il pupazzo di sempre. Gianluigi Fogacci regala al personaggio attimi di gloriosa meschinità: mi si perdoni l’ossimoro, ma la sottile recitazione, giocata anche in questo caso su un ribaltamento, riesce a trasformare il misero difetto dell’uomo in un esemplare pregio attoriale.

Infine, Ivan Vassilievic, giovane, elegante possidente, in questo groviglio di sudditanza nevrotica nei confronti dell’universo femminile, rappresenta la speranza claudicante, che, però, in effetti, in questo mondo tanto misero di valori etici e morali, è la più zoppa e malata delle virtù. Nella domanda di matrimonio Peter Stein sopprime il ruolo di Olga, la madre di Natalia, dal carattere forte, per accentuare la fragilità della figlia che diventa il contraltare della prima figura femminile incontrata in apertura. Natalia (la convincente Emilia Scatigno), sorretta dal padre (ancora Basile in doppia performance), è il prototipo della vibrante spavalderia che, però (secondo il disegno di Stein), di fronte all’incauta provocazione si dimostra incapace di resistere facendo crollare anche l’unica certezza seminata finora: la solidità della personalità di una donna. Sono bravi tutti gli interpreti, l’abbiamo detto, ma (che nessuno si faccia prendere da una crisi di nervi, mi raccomando) Alessandro Averone disegna un Ivan Vassilievic davvero sorprendente, pieno di tic, irrequietezze fisiche, dolori psicosomatici, nevrastenie e coliche biliari, una summa visiva del concetto che il regista tedesco vuol raccontare attraverso i tre quadri cechoviani.

Un’ultima breve riflessione. Le crisi di nervi, che Peter Stein esige dai suoi attori in maniera teatralmente esasperata, si manifestano quando nei personaggi si riscontra un’incapacità ad amare (1° atto), un’intolleranza all’amore (2° atto), oppure una totale impreparazione all’amore (3° atto). Come se, nelle intenzioni dell’autore, ci fosse la volontà di responsabilizzare l’ipotetico sentimento amoroso come causa agente delle nostre nevrosi quotidiane: non perché le provochi direttamente, ma perché l’amore, per Cechov, è un sentimento talmente perfetto (vedi l’amore di Kostia per Nina, «Il gabbiano») che l’uomo meschino non riuscirà mai raggiungere, affogando nella propria insoddisfazione e nella propria incompletezza, nella propria disperazione. (fn)
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Crisi di nervi, tre atti unici di Anton Cechov. Scene, Ferdinand Woegerbauer. Costumi, Anna Maria Heinreich, Luci, Andrea Violato. Assistente alla regia, Carlo Bellamio. Regia di Peter Stein. Produzione: Teatro Biondo Palermo / Tieffe Teatro Milano.
L’orso con Maddalena Crippa, Sergio Basile, Alessandro Sampaoli.
I danni del tabacco con Gianluigi Fogacci.
La domanda di matrimonio con Alessandro Averone, Sergio Basile, Emilia Scatigno.
Palermo, teatro Biondo, fino al 19 maggio

Foto 1 (da sin): Alessandro Sampaoli, Gianluigi Fogacci, Maddalena Crippa, Peter Stein, Alessandro Averone, Sergio Basile ed Emilia Scatigno. Foto 2 (in senso orario): La domanda di matrimonio, L’orso (2) e I danni del tabacco (© Tommaso Le Pera)

Tournée da definire:
Milano, Teatro Menotti, dal 23/05/2024 al 02/06/2024
Roma, Teatro Quirino, dal 29/04/2025 all’11/05/2025

09 maggio 2024

«Il fascino indiscreto dell’ipocrisia», da Grazia Di Michele

Roma, Teatro Off/Off
8 maggio 2024

PATRICK ROSSI GASTALDI:
«FACCIAMO FINTA DI…»

Le luci in sala sono ancora accese e la chitarra è già lì, in un angolo del palco, che aspetta di essere abbracciata, attende il suo momento. Grazia Di Michele, lo sappiamo, è una cantautrice e non un’attrice e la chitarra è la sua appendice. Lei è pronta in quinta a sinistra: dalla sedia dove seggo ne intravedo il vestito color fucsia e le mani che gesticolano. Di fronte a lei, dalla parte opposta, a destra, spunta soltanto un paio di scarpe – quelle di Patrick Rossi Gastaldi – non poggiano a terra, ma sulla pedanina di una sedia a rotelle. Si fa buio. Stanno per entrare in scena. Grazia è la prima a presentarsi al pubblico, ma non pensa alla chitarra, è palesemente distratta: deve andare dal suo amico ancora nascosto in quinta, il quale ha già cominciato a prenderla in giro brontolando come «una pentola di fagioli».

08 maggio 2024

«L’arte della commedia» di Eduardo De Filippo

Alex Cendron e Fausto Russo Alesi

Roma, Teatro Argentina
7 maggio 2024

QUANTA SOVRABBONDANZA PER COPRIRE EDUARDO!

«Egregi Signori … Vi espongo in maniera semplice le mie osservazioni relative ai più urgenti problemi da risolvere onde poter affrontare con serietà l’organizzazione dell’Ente Stabile Teatrale Città di Napoli». Era il 16 ottobre del 1963 quando Eduardo scrisse una relazione alla Commissione consultiva che lo incaricò di lavorare al progetto che avrebbe dovuto costituire il Teatro Stabile napoletano, un ente che fino a quel momento esisteva ufficialmente già da qualche tempo, ma soltanto in teoria: cose molto napoletane! Eduardo, da quel che si legge, era assai scettico sulla riuscita dell’operazione, soprattutto perché le autorità a cui all’epoca si rivolgeva erano concretamente interessate ad altre faccende molto più remunerative: per intenderci, il film di Rosi «Mani sulla città» è dello stesso anno.

06 maggio 2024

«Nessuno è perfetto» di Maurizio Micheli

Roma, Teatro Ciak
5 maggio 2024

VITO LAVERMICOCCA, UN LUPACCHIOTTO IN RITIRATA

Maurizio Micheli ha presentato, per due sole repliche (4 e 5 maggio) al teatro Ciak di via Cassia, Nessuno è perfetto, «commedia comica», scrive l’autore nelle note, ma con un consistente velo malinconico che la rende molto più vicina alla realtà di quel che forse avrebbe voluto essere. Infatti, la sera del 9 luglio 2006, mentre, in quel di Berlino, Zinedine Zidane rifilava una testata in petto a Marco Materazzi in mondovisione, Vito Lavermicocca, in una stanza d’albergo di Pavia, sbatteva il muso (metaforicamente, s’intende) contro una granitica ragazzona del centro Europa che l’aveva ospitato nella sua camera per una ipotetica avventura. Vito, per un paio d’ore d’amore con Regina, aveva rinunciato a vedere la finale della Coppa del Mondo, quella che poi l’Italia vinse ai rigori contro la Francia, e sarebbe stato pronto a privarsi di molte altre cose, a patto che la giovane e attraente straniera si fosse concessa.

04 maggio 2024

«Ti va di sposarmi?» di Danila Stalteri

Roma, Teatro de’ Servi
3 maggio 2024

PERICOLOSE LE DOMANDE DI MATRIMONIO, SEMPRE!

Ti va di sposarmi? è già, di per sé, una richiesta che non si dovrebbe mai fare in pubblico, si rischia troppo. Proporla a una platea, come brillante pièce teatrale, avrebbe potuto essere un simpatico paradosso privo di azzardi, una metafora innocua senza tranelli, tutt’al più uno scherzo tutt’altro che impegnativo. Eppure, per come sono andate le cose in palcoscenico, si sarebbe forse addirittura preferita la temibile insidia di una reale domanda di matrimonio. A questo punto sarebbe stata meglio se condita elegantemente alla Cechov. Ma non è stato così!

03 maggio 2024

Ancora su «I masnadieri». Lettera aperta

Roma, 3 maggio 2024

IN RISPOSTA ALLA RECENSIONE DI M. LUCIDI

Caro Lucidi,

ho letto con piacere le tue osservazioni allo spettacolo su I masnadieri, e ancora una volta ho ammirato di quanto la materia artistica, soprattutto quella teatrale che è la più labile e suadente, possa mettere d’accordo due pareri discordanti. A me l’operazione di Michele Sinisi è piaciuta e non poco, proprio in virtù di quella energia che tu giustamente sottolinei. Tuttavia, ripensando alla costruzione drammaturgica del testo di Schiller è impossibile contrastare il tuo pensiero che si basa su solidi argomenti letterari, ossia di scrittura, di come l’autore ha costruito personaggi e situazioni per un’opera che mai avrebbe dovuto andare in scena.

«Amanti» di Ivan Cotroneo

Massimiliano Gallo (Giulio), Fabrizia Sacchi (Claudia)

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
2 maggio 2024

MASSIMILIANO GALLO, IN VERSIONE PIROTECNICA

Tra le note che Ivan Cotroneo scrive, come avvertenza per la sua opera, si legge: «Amanti è una nuova commedia in due atti sull’amore, sul sesso, sul tradimento e sul matrimonio… etc. etc…». Lungi dal voler contraddire l’autore, ma per me e per i tanti spettatori che hanno affollato la platea dell’Ambra Jovinelli, dove lo spettacolo si terrà fino al 19 maggio, Amanti è prima di tutto una commedia pensata per far ridere. Che poco non è! Bisogna essere schietti e onesti: la sensazione più limpida che si accoglie a pieno animo, dopo circa due ore di recita, è un rilassato e gradevole benessere per aver goduto di un gran bel divertimento in totale spensieratezza. L’amore, il sesso, il tradimento e il matrimonio sono certamente gli argomenti presi a pretesto per costruire una storia ben congegnata, ma il risultato finale è che si ride. E non banalmente.

02 maggio 2024

«A spasso con Daisy» di Alfred Uhry


Roma, Teatro Quirino
1° maggio 2024

LA MISS WERTHAN DELLA VUKOTIC AMMORBIDISCE LE INTOLLERANZE

La più dolce sfumatura che oggi si può riscontrare in A spasso con Daisy, dopo 37 anni dal suo debutto teatrale, è il tema con cui l’autore ha affrontato il razzismo: un argomento che negli Stati Uniti d’America, ancora oggi, è assai dibattuto a causa di episodi che tuttora si ripetono ai danni di persone dalla pelle nera. Occorre, però, fare un riepilogo delle date per comprendere meglio la delicatezza con la quale lo scrittore, nato ad Atlanta nel 1936, è riuscito a far breccia nel muro della discriminazione razziale. La vicenda si svolge in Georgia nel 1948. Sono trascorsi appena nove anni, da quando, in occasione della prima proiezione di Via col vento, nel territorio dove il romanzo è ambientato, Hattie McDaniel, storica Mamie, venne ammessa in sala eccezionalmente. La Georgia è stata una delle regioni in cui il razzismo si è espresso nella maniera più feroce: il Ku Klux Klan trovò terreno fertile in quelle zone e la famigerata setta fu debellata soltanto nel 1944.

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