15 ottobre 1999

«Hollywood» con la regia di Patroni Griffi

A sin Massimo Ranieri

Roma, Teatro Sistina
(prova generale) ottobre 1999

IL MUSICAL AMERICANO «MADE IN ITALY»

Per quanto riguarda la commedia musicale, l’Italia è ancora molto arretrata. Il nostro musical è sempre stato divertente, allegro, ma un po’ casareccio. Proviene direttamente dalla rivista, che è tutt’altro genere, nel quale siamo stati eccelsi nel mondo, grazie ad attori del calibro di Totò, Magnani, Rascel, Fabrizi, Macario, Billi e Riva e tanto altri. Dalla rivista, Garinei e Giovannini, inventarono il musical all’italiana conferendogli una sede pressocché stabile al Sistina di Roma. Gli spettacoli del Sistina hanno fatto storia: ma, se una volta erano sostenuti da un’epoca che aveva abbracciato l’innovazione con entusiasmo, poi quelle stesse commedie sono diventate d’antan, mostrando, anno dopo anno, il colore della ruggine, le incrinature, le rughe. E quando anche in Italia – e proprio su quel palcoscenico – è arrivato l’originale da Broadway, è stata l’inizio della fine di un’epoca comunque eccezionale.

Hollywood – di cui ho avuto il piacere e l’onore di vedere in anteprima la prova generale proprio al Sistina – è un prelibato assaggio di musical all’americana made in Italy. Concepito come opera rock (forse, meglio dire, opera pop) da Gianni Togni (per le musiche) e Guido Morra (per i testi) è stato affidato alle mani giuste per essere proposto diversamente e non con il vecchio stile casareccio. Gli autori hanno tolto i recitativi (pochissimi) e la base musicale resta presente praticamente sempre. Tutto è cantato e tutto sembra stilizzato, grazie a una perfetta regia di Giuseppe Patroni Griffi. E bene ha fatto Massimo Ranieri a rivolgersi al suo primo maestro quando Togni gli ha proposto la partitura e l’idea. L’argomento è il cinema, quando il muto cedette al sonoro (1927), e Ranieri ben sa che Peppino è tra i più attenti conoscitori della materia. Già nel 1991 fece un grandioso allestimento di Una volta nella vita, una storia sullo stesso tema, ma brillante e in prosa, dove tre giovani squattrinati teatranti fecero fortuna a Hollywood aprendo una scuola di dizione per star del muto che si trovarono improvvisamente a dover recitare.

Il copione firmato dalla coppia Togni- Morra è un compendio musicale della biografia di John Gilbert, divo del muto, che ebbe l’onore di tenere a battesimo cinematografico una giovane fanciulla bionda e svedese, Greta Garbo, della quale s’innamorò. Pochi anni dopo ci fu l’avvento del nuovo sistema Vitaphone, ossia il sonoro, e Gilbert si sentì sorpassato. Fu per lui il declino, mentre per lei iniziò l’ascesa che la portò ad essere la Divina che tutti conosciamo. La vicenda, tra i due, amorosa e piena di contrasti per gelosie e rivalità, fiorisce con passione e malinconia grazie un refrain azzeccatissimo che Patroni Griffi utilizza ad arte per farne un autentico capolavoro estetico, proprio come una pellicola in bianco e nero. Ogni quadro è una citazione di un film dell’epoca. Ogni piccola nota registica ha un motivo d’esistere per un riferimento a quel periodo e a quell’ambiente. Elencarli risulterebbe banale: basta crederci e convincersi che in Italia poche persone conoscono gli anni Trenta come Peppino Patroni Griffi, nato nel 1921 da una madre che sin da piccolo lo portava al cinematografo Aurora per guardare i film americani.

L’eleganza visiva arriva dalle scene e dai costumi di Aldo Terlizzi che contribuiscono a ripulire il musical italiano di quella patina antica e sorpassata, dando allo spettacolo una cifra decisamente moderna e raffinata, con sipari di seta e quinte mobili. Anche le diverse ambientazioni si susseguono, a vista, senza interruzioni, e con la leggerezza tipica della migliore tradizione italiana. Le nuove scene non si spostano – non ci sono macchinosi girevoli – ma si compongono mentre gli attori recitano. Sul palco si alternano una vasca da bagno, un’automobile, diverse telecamere, ma sempre con precisione musicale. Massimo Ranieri, talento vocale e recitativo, agile ed eclettico, è un perfetto Gilbert canoro: canta recitando e governando abilmente la spada come il suo collega Douglas Fairbanks (primo moschettiere della storia del cinema). Si arrovella d’amore e si strugge nell’alcol. Ama e odia Greta, una incantevole giovane scoperta, Julka Bedeschi: portamento sfrontato, spalle ben modellate, splendida voce, grande sicurezza in scena, e invidiabile spigliatezza; voce profonda e accattivante, movenze sempre eleganti; leggera e audace in una scena di nudo integrale che sembra una sequenza dipinta da Klimt.

Il regista, grazie anche alla preziosa collaborazione di Mariano Brancaccio, è riuscito a ottenere dall’intero cast attoriale un soffuso movimento coreutico, che però non prende mai forma di vero e proprio balletto. Ci sono dei piccoli accenni, come fossero brevi sequenze, ma sempre interrotte da uno dei protagonisti (molto bravo anche Gianluca Terranova (Louis Mayer), o da un elemento scenico, che pure sembra muoversi a tempo di musica. Ma il pregio più evidente è quello di aver accantonato completamente le posizioni da coro che nei musical solitamente abbondano, preferendo un’azione continua, anche in zone diverse del palco. Con l’allestimento di «Hollywood» Patroni Griffi ci ha illustrato che anche in Italia si possono affrontare spettacoli musicali in stile americano. (fn)
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Hollywood, ritratto di un divo, un musical di Gianni Togni (musiche) e Guido Morra (testi). Con Massimo Ranieri (John Gilbert), Julka Bedeschi (Greta Garbo), Gianluca Terranova (Louis Mayer), Barbara Di Bartolo (Ina Claire), Roberto Bam, Gianni Testa, Melania Giglio, Pierpaolo Lopatriello, Luca Notari, Rita Cavallo, Simon La Rosa. Maestro d’armi, Renzo Musumeci Greco. Coreografie, Mariano Brancaccio. Scene, Aldo Terlizzi. Regia di Giuseppe Patroni Griffi. Produzione, Pietro Mezzasoma

Foto © Tommaso Le Pera

 

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