Silvia Frangipane |
IL GIUSTO AMORE RIVIVE IN CANZONE
Più che un concerto di musica francese, Silvia Frangipane ha ideato un canto d’amor perduto per voce solista e trio jazz. La voce – la sua naturalmente – è la malinconia d’amore, mentre l’eccellente terzetto formato da Primiano Di Biase al pianoforte, Simone Talone alle percussioni e Renato Gattone al contrabbasso rappresenta la vita, con tutte le sue spumeggianti sorprese, le improvvise variazioni, le assurde incognite, che comunque continua a girare intorno al suo perno principale, l’amore, appunto: quello rievocato dalla Frangipane in Sans toi avec moi che significa «Io senza di te». A cui ha aggiunto un sottotitolo esplicativo: l’amore dopo l’amore, ossia la sensazione che resta dopo che il rapporto tra gli amanti sembra essere tramontato.
Esiste, però, un Amore Giusto, l’amore necessario alla vita, che ha la forza di sopravvivere anche quando sembra finito, quando i due innamorati non riescono più a gioire dell’unione ammalatasi forse di troppo amore o di un sentimento sbagliato: un malessere incomprensibile finanche all’amore. Le sensazioni che nascono, pertanto, restano pervase da un sapore amato, un profumo mai dimenticato, anche se i ricordi del cuore sono un po’ confusi, distratti («J’ai la memoire que flanche», ho la memoria sbiadita, cantava Jeanne Moreau nel 1963) e non ci si ricorda più tanto bene di come ci si amava; quando accade questo si vive in eterna compagnia di una strana nostalgia, la stessa sensazione che in Brasile cantano col nome di saudade, e nella memoria si cerca l’incantesimo di quelle notti d’amore per ricomporre il fiore ormai spogliato: la rosa che per gli amanti è sempre un’amica («Mon amie la rose», Françoise Hardie, 1964). Un tema che nella letteratura francese è un classico sin dal XVI secolo: da Pierre de Ronsard («Soltanto la rosa contiene la giusta fragilità per esprimere l’eternità»), a François de Malherbe che celebra il destino delle più belle cose «che hanno vissuto quel che vivono le rose, lo spazio di un mattino». La metafora della rosa indica la caducità della vita e delle più belle cose: e quel fiore che è il più bello del giardino, anche se morente, sente la necessità di avere ancora una speranza.
Così, quell’amore che sembrava ormai quasi sepolto, da rosa si trasforma in pesciolino che s’innamora di un uccellino («Un petit poisson, un petit oiseau», brano portato al successo da Juliette Greco, 1966): un amore che vince l’impossibile, pari a quello che Charles Trenet, anni prima, cantava tra il sole e la luna che si davano appuntamento in un cielo dove non potevano mai incontrarsi. Tuttavia, malgrado un momento di buonumore, che le vibrazioni musicali fanno percepire a ritmo di ragtime o di puro swing, Louis Aragon ci avverte che («Il n’y a pas d’amour heureux», testo musicato da George Brassens) non ci sono amori felici perché «l’uomo, quando crede di stringere la sua felicità, la brucia». Quindi si prosegue, ciascuno per la sua strada, convinti che un giorno ci si incontrerà da qualche parte, non importa dove, deciderà il caso… è la speranza lasciata da Marcel Mouloudji. E speranza sia, altrimenti che cosa resta del nostro amore, che cosa resta di quei giorni felici… nient’altro che un ricordo che mi perseguita senza sosta («Que reste-t-il de nos amours?» Charles Trenet).
Mais mon amour,mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour,de l’aube claire jusqu’à la fin du jourje t’aime encore, tu sais je t’aime. (fn)
Sans toi avec moi. L’amore dopo l’amore, concerto ideato da Silvia Frangipane. Con Silvia Frangipane (voce solista), Primiano Di Biase (pianoforte), Simone «Federicuccio» Talone (percussioni), Renato Gattone (contrabbasso)
Pubblicato anche su Quarta Parete il 12/12/22