L’ETERNO AMORE TRA TOM E GERRY
Al termine dello spettacolo, Michele La Ginestra ha preso la parola per intrattenere, ancora un po’, il pubblico in sala. Oggi è diventata un’abitudine interrompere gli applausi per prolungare amichevolmente il rapporto con gli spettatori con pretesti non sempre attinenti al teatro. Invece, stavolta la questione centrale era più che pertinente: nonostante fosse appena terminata l’ultima replica, l’attore ha sentito la necessità di spiegare che, quando all’inizio si invita «il gentile pubblico a spegnere i cellulari», questi dovrebbero essere davvero spenti perché son fastidiosi. Ha ragione, La Ginestra: tra vibrazioni, squilli e schermi improvvisamente luminosi, lui stesso è stato disturbato un paio di volte perdendo la concentrazione. Ma quel che notavo mentre continuavo a osservare i suoi modi divertenti, i suoi toni simpatici, e le reazioni ridanciane in sala, è che tra l’attore di quell’istante che impartiva una garbata ramanzina agli spettatori e il personaggio a cui egli aveva dato voce fino a un attimo prima non c’era alcuna differenza. E la critica dello spettacolo è imperniata proprio su questo: se tra Geraldina (il personaggio femminile, detta Gerry) ed Edy Angelillo (che lo interpreta) si notano delle differenze di atteggiamenti, di parlata – i tempi recitativi – di timidezza, perché tra Tommaso e La Ginestra resta tutto identico? C’è qualcosa che non va!
Difatti la commedia risente di questo impaccio. Adriano Bennicelli, l’autore di La matematica dell’amore, mette di fronte due eterni innamorati che si conoscono sin dai tempi della scuola (una storia che nasce nel secolo scorso, si nomina Sabina Ciuffini, la valletta del Rischiatutto di Mike Bongiorno) e, a intervalli più o meno lunghi, il caso li fa rincontrare, fino a quando decidono di andare a vivere insieme. Tra un periodo e l’altro sono chiaramente evidenziate alcune fasi di crescita: bambini, adolescenti, giovani e adulti, fino all’anzianità. Ma se per Geraldina il passar del tempo è visibile tanto nei movimenti quanto nel tono di voce, Tommaso resta inalterato per l’eternità. Simpatico sì, ma della simpatia dell’attore, non del personaggio. In sala, al Golden di via Taranto, nessuno ha arricciato il naso per questa incongruenza, che anzi è stata presa come dote per smuovere il riso. Tuttavia, il critico, invece, arriccia. E arriccia tanto più per una questione di giustizia.
Non trovo giusto, infatti, ascoltare durante gli applausi finali, tra i tanti «Bravo, bravo», gonfi di soddisfazione, «Sì, però, brava anche lei», con tono minoritario. No, non mi sta bene! Un pubblico così deve rimanere ancorato con lo sguardo al cellulare. Se c’è un momento in cui il dialogo prende davvero quota e acquista un po’ di sostanza emotiva, lo si deve a Edy Angelillo, la quale per quasi tutto l’arco della commedia, da copione, è costretta a fare da sponda alla comicità del collega, e soltanto in un paio di occasioni ha la possibilità di dirigere lei i tempi di recitazione. E lo fa bene, anzi, meglio: facendo sentire un progressivo avanzamento dell’età: e sono gli unici istanti in cui La Ginestra è obbligato a seguire l’indicazione. Si tratta ovviamente di una commedia leggera, di un divertissement, ma occorre rendere credibile ogni battuta, adeguarla al clima della drammaturgia, se si vuol dar vita a quella drammaturgia, e non alla comicità di un singolo.
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La matematica dell’amore (radice di due), di Adriano Bennicelli. Regia di Enrico Maria Lamanna. Con Edy Angelillo (Geraldina) e Michele La Ginestra (Tommaso). Costumi, Teresa Acone. Luci, Diego Castorina. Produzione, Fondazione Sipario Toscana Onlus. Al teatro Golden
Foto: Edy Angelillo e Michele La Ginestra (© ???)
