PINO LE PERA: «LO SPAZIO DIAMANTE È UN PDF»
I miei quattro lettori più attenti avranno notato che, in questi ultimi mesi, a differenza del passato, ancora non ho mai pubblicato un articolo sulle presentazioni dei cartelloni targati 2025/26. In realtà non sono nemmeno andato alle riunioni di fine stagione per evitare di ripetere di trascrivere le solite riflessioni, di giungere alle identiche conclusioni sui difetti del nostro sistema teatrale. Sì, perché la sensazione con cui si esce da queste assemblee annuali sono, grosso modo, sempre le stesse. Cambiano i titoli degli spettacoli – tranne che per i classici, ovviamente – ma i nomi degli attori ritornano ciclicamente e i problemi pure. Con la velocità del web non si fa a tempo a dare una notizia inedita che è già di dominio pubblico in un batter d’occhio, compreso il cartellone. Insomma, generalmente, le presentazioni delle stagioni teatrali sono diventate ripetitive e noiose. Eppure, allo Spazio Diamante, invece, mi sono recato con piacere, e con divertimento ho assistito a una cavalcata infinita di titoli, di attori sempre simpatici e soprattutto di grande entusiasmo e fermento.
Il direttore delle tre sale di via Prenestina, Pino Le Pera, l’uomo più amato del teatro capitolino, è stato accolto in sala da un’ovazione del pubblico con un applauso di quelli che si riserva alle rockstar. D’altronde il teatro è il suo ambiente naturale, da quando è nato: basta dire che da bambino frequentava il camerino di Paolo Stoppa all’Eliseo; oggi è il responsabile del Diamante di Alessandro Longobardi. Pino, meglio di chiunque altro, ha sintetizzato con un gustoso e significativo acronimo il sapore del suo teatro, rubando al linguaggio informatico quel PDF che si usa per indicare i file che viaggiano in rete senza poter essere modificati. E quando ha asserito, in privato, che lo Spazio Diamante è esattamente un PDF, immediatamente ha aggiunto, affinché non cadessi nel tranello: «Pieno Di Felicità». È proprio questo il motivo che spinge centinaia di giovani (ma anche qualche ex giovane, me compreso) a frequentarlo e a trovar lì il giusto ristoro tra giovialità, confidenza e scambi culturali. Tutto questo accade grazie alla passione del patron Longobardi: «Il nostro teatro deve attrarre le nuove generazioni. Deve diventare sempre più il luogo del dialogo, del confronto».
Non è una cosa semplice. Il Diamante, in poco più di due anni è diventato il trampolino di lancio per tanti artisti che debuttano o che si rimettono in gioco, o anche per coloro che trovano difficoltà a esibirsi su altri palcoscenici off più centrali, ma forse meno felici. C’è un’atmosfera giovane, festosa, allegra, soprattutto costruttiva. Sì, è vero, sentendo che in una sola stagione andranno in scena 58 spettacoli (sul sito ufficiale il programma completo), potrebbe venire il mal di testa; a vedere il palcoscenico affollato di artisti quasi più della platea convince che il teatro oggi vive di attori che recitano e attori spettatori. Però loro, quelli delle nuove generazioni, si conoscono tutti, si confidano intimità amichevoli e consigli professionali. Sembra la tattica di un’ottima squadra ben affiatata, una squadra numerosissima, sorridente, ma che gioca da sola. Ciascuno porta la sua dose di felicità e di professionismo che insieme diventano sinonimo di teatralità e di fratellanza. Ecco spiegato il PDF inventato da Pino Le Pera, un acronimo che possiede l’intrinseco significato della pace. Quel che ci vuole!
Con 58 spettacoli in cartellone, divisi per tre sale, si evince che la drammaturgia contemporanea, quella che per alcuni anni abbiamo pensato fosse scomparsa, in realtà è attivissima, le idee fervono, quasi si accavallano: ma allora perché non nasce, non dico un nuovo Pirandello o un novello Goldoni, ma almeno un Brusati, un Pinter nostrano non sarebbe male, o anche un Testori del Pigneto. La responsabilità è sempre imputabile al nostro strampalato sistema teatrale che non riguarda solo Longobardi e i suoi teatri, ma tutta Italia. Gli spettacoli nascono in continuazione per vivere appena l’espace d’un matin. Le esibizioni si alternano per l’intera stagione come fosse un eterno festival. Talvolta le rappresentazioni non fanno in tempo nemmeno a trovare il giusto equilibrio che spariscono per sempre. Si dissolvono in un attimo come una bolla di sapone. Qualcuno ritorna: e infatti la stagione del Diamante prevede alcuni ripescaggi della scorsa stagione andati in scena sullo stesso palcoscenico, ma anche «adescati» altrove, e già condannati all’oblio. Questo è un vero peccato. O forse qualcosa di più grave: c’è l’energia della gioventù in quegli allestimenti che restano in scena due, tre, forse cinque recite. Poi il nulla o soltanto speranze.
Foto: (da sin) Veronica Cruciani, Claudio “Greg” Gregori, Monica Belardinelli, Alessandro Longobardi, Pino Le Pera
