28 febbraio 2023

«Van Gogh Café», scritto e diretto da Andrea Ortis


Roma, Ambra Jovinelli
27 febbraio 2023

OMAGGIO A VAN GOGH CON LE CANZONI DI EDITH PIAF

Una commedia musicale, oggi più di ieri, è fatta di musica più che di parole, e la tecnologia, oggi più di ieri, favorisce la proiezione delle immagini più che la rappresentazione stessa della commedia; se si aggiunge che gli habitué di questo genere di spettacoli amano svagarsi con scioltezza tra canzoni e colori, più che immergersi negli imi dello spleen intellettuale, allora si riesce a inquadrar meglio l’idea del progetto musicale che Andrea Ortis presenta all’Ambra Jovinelli per due sole repliche romane.

27 febbraio 2023

«Emozioni dietro il palco», un documentario su Gian Luca Giudici

Roma, Sound Art 23
25 febbraio 2023

L’ARTE DI RIEMPIRE GLI STADI SENZA PALLONE

Molto probabilmente il mestiere del produttore è ben chiaro soltanto a chi, come Gian Luca Giudici, esercita questa professione da 30 anni, ma non è detto, perché è una professione talmente personalizzata che ognuno la interpreta a modo suo. I produttori di teatro di prosa svolgono attività completamente differenti da quella di Giudici; tra i cinematografici esistono coloro che hanno fiuto per i talenti e altri che intuiscono solo dove reperire i denari. Gian Luca, invece, si è specializzato nell’organizzare i grandi eventi, soprattutto i concertoni: se si può riempire uno stadio tanto meglio, anche per un grande teatro riscalda i motori, altrimenti preferisce restare ai box. Giudici, classe 1969, definisce il produttore un visionario, un artista razionale, l’unico che deve rimanere lucido in un mondo di emozioni.

Alla Sound Art 23 di via Ferrari è stato presentato Emozioni dietro il palco. Gian Luca Giudici: lo spettacolo in una vita, documentario di Valerio Polverari sulla carriera del più noto produttore italiano degli ultimi anni. Formatosi al fianco di Adriano Aragozzini, colui che portò in Italia star come Ella Fitzgerald, Ray Charles, Tina Turner, e che fu il manager di Domenico Modugno e di Patty Pravo, Giudici è approdato definitivamente alla serie A del mondo dello spettacolo nel 1998 con il concerto di Claudio Baglioni all’Olimpico: un evento innovativo con il palco piatto al centro del campo in modo da poter sfruttare l’intera ellisse dello stadio, proprio come se fosse una partita di calcio. Risultato, duecentomila spettatori in due serate.

Il record di pubblico, però, spetta al concerto di Antonello Venditti al Circo Massimo. Anno 2001. Venditti vuole festeggiare con i tifosi la sua squadra del cuore campione d’Italia per la terza volta, e un milione di persone sono lì con lui a cantare «Grazie Roma». Insomma, se c’è da riempire uno stadio senza nemmeno il pallone o una grande piazza bisogna rivolgersi a Gian Luca Giudici. Lui sa come fare.

Il filmato di Polverari mostra chiaramente che prima di ogni altra virtù occorre una grande passione per riuscire a concretizzare uno spettacolo che all’inizio contiene soltanto un nome. E su questo si comincia a ipotizzare uno spazio e come riempirlo, un palco e come usarlo, un parco luci e come accenderle, un impianto per il sonoro che sia all’altezza dell’evento, e poi la pubblicità, i permessi, le prove, e tutta una serie di altre forniture e partecipazioni che chiudono il cerchio del progetto. Quindi, il lavoro più noioso, ma anche il più importante, senza il quale non si può dire «ok, si parte»: la ricerca dei fondi, ossia banche a cui occorre mostrare tanta fiducia, e tanta credibilità, e non solo.

Lo spettacolo per Giudici non si esaurisce con la musica, ma abbraccia anche il teatro – ben inteso, un certo tipo di teatro – quello capace di richiamare le folle: un nome su tutti, Gigi Proietti. Nel 2000 il mattatore romano riaccese i riflettori su un suo grande successo: «A me gli occhi, please» che presentò la prima volta al Teatro Tenda di Carlo Molfese a piazza Mancini nel 1976. Giudici, con coraggio e caparbietà ripropose lo spettacolo allo stadio Olimpico. Una vera scommessa, vinta naturalmente.

Giudici con un gran sorriso non si nasconde: «Sono stato fortunato. A volte anche molto fortunato. Ma ho anche lavorato tantissimo senza mai perdermi d’animo». E Aragozzini aggiunge: «Quando capii che Gian Luca era davvero bravo, gli affidai qualunque incarico e lui lo portava a termine meglio di me».  La passione l’ha scoperta a Castrocaro Terme, quando nel 1990 partecipò al Concorso delle voci nuove, voleva fare il cantante, ma in realtà lì s’innamorò di tutto quel che succedeva dietro il palco. Ed è scoppiata lì la scintilla che ha acceso la passione per avviare una felice carriera che lo ha visto protagonista dei mega eventi, tra i quali, nel 2004 a Fiuggi, un confronto canoro, entrato nella storia della musica, tra Patti Smith e Lou Reed. «Lei – racconta Giudici – felicissima di potersi esibire al fianco della star che considerava il suo maestro. Lui alquanto spigoloso e molto chiuso: ad ogni domanda che gli veniva rivolta, rispondeva con un imbarazzante “No comment”. Il concerto si aprì con la rockstar di Chicago che in un attimo portò entusiasmo tra il pubblico, ma appena Reed entrò sul palco inspiegabilmente lanciò la chitarra addosso a Patti Smith colpendola sulla fronte. Fu un vero incubo.»

Simili rischi con Massimo Ranieri, Enrico Brignano, Teo Mammucari, Maurizio Battista non si corrono. «Con molti di loro s’è ormai stabilito un rapporto di amicizia». E forse è questa la migliore condizione per lavorare in serenità; qualità che si raggiunge con l’esperienza. Eppure, Gian Luca Giudici ha soltanto 54 anni: «Infatti, sono soltanto a metà strada!» Segno che altre emozioni seguiranno, per lui e per milioni di spettatori. (fn)
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Emozioni dietro il palco, lo spettacolo in una vita, documentario su Gian Luca Giudici, con Gian Luca Giudici, Adriano Aragozzini, Marco De Antoniis, Alessandro Dobici, Luigi Marinelli, Roberto Ramberti, Andrea Sembiante, Guido Tognetti, Tania Vega. Regia di Valerio Polverari

Foto: Gian Luca Giudici, tra Tania Vega e Luigi Marinelli (© ???)

Pubblicato anche su Quarta Parete il 27/02/23

25 febbraio 2023

«Un uomo è un uomo» di Eduardo De Filippo?

Roma, Teatro della Visitazione
23 febbraio 2023

SOTTO «L’UOMO» DI BRECHT,
«IL SINDACO DEL RIONE SANITÀ»

Non sembri un errore il punto di domanda posto a chiusura del titolo. Antonio Barracano è diventato, per antonomasia, il sindaco delle cause sporche, quelle che è meglio non portare in un’aula di tribunale. Personaggio eduardiano, tanto abile, quanto logico, nel restituire perpendicolarità all’ago di una bilancia che pende sempre e comunque dalla parte del male. Don Antonio accoglie in casa sua, proprio come in un’aula giudiziaria, piccoli gangster che si sparano per un nonnulla, loschi individui che campano sulle spalle altrui con lo strozzinaggio, gente disperata e afflitta in cerca di vendetta, e lui li accontenta tutti cercando di portare giustizia in una terra che mai l’ha conosciuta. Né ieri, né oggi, né domani.

22 febbraio 2023

«Pour un oui ou pour un non» di Nathalie Sarraute


Roma, Teatro Argentina
21 febbraio 2023

ORSINI E BRANCIAROLI METTONO ALLA PROVA L’AMICIZIA

Com’era bello il teatro quaranta anni fa, si direbbe parafrasando l’incipit di un romanzo, ahinoi, sconosciuto ai più giovani. Quattro o cinque decenni orsono, infatti, i tre artisti che ieri sera hanno dato vita a Pour un oui ou pour un non erano ancora nel pieno della loro carriera e lavoravano insieme a Luchino Visconti, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Giorgio De Lullo, Rossella Falk, Carmelo Bene, Luca Ronconi. Oggi Pier Luigi Pizzi, regista e scenografo, Umberto Orsini e Franco Branciaroli, insieme, superano i duecentocinquant’anni d’età, ma la loro freschezza non ne dimostra nemmeno la metà.

Pizzi, classe 1930, non era presente alla première perché impegnato in un’altra regia; Orsini e Branciaroli, invece, erano lì a dividersi i meritati applausi dopo aver illuminato con la loro ineccepibile recitazione il teatro Argentina che li ospiterà fino al 5 marzo prossimo con la delicata commedia della scrittrice franco-russa Nathalie Sarraute.

18 febbraio 2023

«Miti d’acqua» di Sista Bramini

Roma, Teatro Basilica
17 febbraio 2023

CHIARE E FRESCHE DOLCI ACQUE

L’arte della semplicità può essere molto teatrale: a volte è sufficiente una voce protagonista e un suono che la riveste di un’atmosfera, anche impalpabile, per evocare una suggestione. Due donne, Sista Bramini e Camilla Dell’Agnola, ci raccontano i Miti d’acqua tratti dalle «Metamorfosi» di Ovidio. Sono narrazioni che fanno parte di quella storia precedente alla storia, quando il mondo conosciuto era abitato dagli dèi, dalle ninfe e dalle naiadi. Le loro vicende s’intrecciano, proprio come quelle degli umani, ma i loro destini sono guidati da una mano invisibile che può essere tanto quella di un dio supremo (Giove), quanto l’altra di un poeta scrittore che ne ha tramandato le gesta fino ai nostri giorni.

17 febbraio 2023

«Molly Bloom» dall’«Ulisse» di Joyce

 

Isabella Caserta

Roma, Accento teatro
16 febbraio 2023

LA PENELOPE ADULTERA DI JAMES JOYCE

Molly Bloom è la moglie Leopold Bloom, protagonista dell’«Ulisse» di James Joyce. È lei il personaggio a cui lo scrittore irlandese affida l’epilogo del suo romanzo più famoso. «Capitolo 18, Penelope, il letto»: come lo stesso Joyce indicò il titolo della sezione conclusiva del suo libro, vietando che venisse stampato all’interno dell’opera. Pertanto la minuscola sala dell’Accento teatro di Testaccio s’è trasformata per l’occasione in un grande letto rosso che accoglie Molly e suo marito Leopold. E allo spettatore accorto, pur se seduto su una sedia dell’esigua platea, è parso di far parte di quell’alcova coniugale; ospite nemmeno troppo indesiderato, visto l’argomento.

15 febbraio 2023

«Come tu mi vuoi» di Luigi Pirandello

Lucia Lavia e Francesco Biscione
Roma, Teatro Quirino
14 febbraio 2023

L’IGNOTA DANZA RIFLESSA SULLA QUARTA PARETE

Tra il 1927 e il 1932, un’altra Italia, quella che ancora ignorava le rassegne canore televisive, ma leggeva con avidità giornali e riviste, si appassionò a un fatto di cronaca che divenne un affascinante caso giudiziario, denominato «Bruneri-Canella», altrimenti conosciuto come lo smemorato di Collegno. Il professor Giulio Canella, uno dei tanti dispersi della Grande guerra, fu riconosciuto dalla moglie in una fotografia pubblicata nel febbraio del 1927 dalla Domenica del Corriere, sotto la quale si poteva leggere di un ricoverato nel manicomio di Collegno che non ricordava più nulla di sé, nemmeno il nome. La probabile consorte andò a trovarlo, lo abbracciò e se lo riportò a casa. Dopo qualche tempo, però, una lettera anonima riaprì il caso. Il Momento, quindicinale milanese, cominciò a sostenere che lo smemorato non fosse il Canella, piuttosto il tipografo Mario Bruneri, più volte condannato per truffa e falsa personalità. Malgrado la sentenza del tribunale, in seguito, stabilì che si trattasse realmente del losco Bruneri, la signora Canella continuò a riconoscerlo e a pretenderlo come suo marito.

10 febbraio 2023

Intervista a Maddalena Crippa

Roma, Sala Umberto
1° febbraio 2023

«IL “FAMOLO STRANO” OGGI VINCE SUL TEATRO D’ARTE»

Quando in sala si spengono le luci e i personaggi della commedia di Pinter* s’affacciano in palcoscenico si avverte immediatamente un’atmosfera differente rispetto agli spettacoli teatrali che si vedono da qualche stagione, soprattutto nella capitale. La scena è impeccabile; le luci sono precise, nel dosaggio e nei puntamenti, e non formano ombre né sul palco né sui laterali; gli attori sono guidati perfettamente da una coscienziosa bussola che hanno fissata nella mente; le battute sono scandite perfettamente con la giusta intonazione corale, ogni parola conserva piena finanche la vocale finale; insomma, tutto sembra calibrato dalla mano di un deus ex machina per Il compleanno di Harold Pinter, in scena alla Sala Umberto. Non solo, ma quel che più di ogni altra cosa salta all’occhio, è la sintonia e l’affiatamento di una squadra vincente di attori che regalano allo spettacolo una perfezione simile a quella di un ingranaggio d’orologio.

«La storia», da Elsa Morante (drammaturgia Marco Archetti)


Roma, Teatro Vascello
9 febbraio 2023

CABRA ILLUMINA USEPPE CON LA MAGIA DEL TEATRO

Spettacolo emozionante, per la qualità del testo e per l’audace messa in scena. Certamente onore al merito dei tre fantastici interpreti, subito menzionati con lode: Franca Penone, Alberto Onofrietti, Francesco Sferrazza Papa. Ma soprattutto onore al coraggio di Fausto Cabra, regista, che porta in teatro uno dei romanzi più struggenti della letteratura italiana, allestendolo (in versione ridotta da Marco Archetti) così come è scritto, senza dialoghi teatrali, ma lasciandolo al suo linguaggio raffinato e poetico. Proprio com’era la sensibilità di Elsa Morante.

08 febbraio 2023

«Barbablù» di Costanza Di Quattro

Roma, Teatro Vittoria
7 febbraio 2023

PERCHÉ HITLER È MORTO
E BARBABLÙ ANCORA SOPRAVVIVE?

C’era una volta – e c’è ancora oggi – un uomo tanto brutto e crudele di nome Barbablù: così si potrebbe sintetizzare la favola di Costanza Di Quattro in scena al Teatro Vittoria fino al 12 febbraio.

Charles Perrault, nel XVII secolo, trascrisse in un libro le «Storie e i racconti del tempo passato», una raccolta di fiabe per i più piccoli. Costanza Di Quattro sceglie, tra queste, la storia di Barbablù per raccontarla, con qualche aggiunta al testo originale, non più ai bambini, ma agli adulti, affinché sappiano che quel mostro (dicevano anticamente), quell’assassino (dicevano i nostri nonni), quell’uxoricida (diciamo noi oggi) dalla barba blu che nascondeva in cantina i cadaveri delle sue mogli, in verità, non è mai morto. E probabilmente non morirà mai.

05 febbraio 2023

Omaggio a Giorgio Gaber: mal riuscito!

Giorgio Gaber

Roma, Teatro Città
4 febbraio 2023

NON SI VUOLE INTENDERE CHE IL TEATRO È PRIMA DI TUTTO EDUCAZIONE

Ieri sera – e per fortuna accade raramente – non ho visto un pessimo spettacolo, non ho assistito neanche a un lavoro sbagliato o fatto male; peggio, molto peggio: mi sono sentito mortificato da un evento che offende il teatro. E siccome il sottoscritto non ha né voglia né desiderio di maltrattare qualcuno, stavolta, per correttezza, non farò nomi, omettendo finanche il titolo dello spettacolo. Dirò soltanto che – nelle intenzioni – doveva essere un omaggio a Giorgio Gaber. Un tributo, a vent’anni dalla scomparsa, di cui l’artista milanese probabilmente non ne sarebbe troppo orgoglioso.

Nella mia carriera di spettatore (mai) addormentato, ho visto Gaber, proprio lui, al Giulio Cesare con «Il grigio», poi al Nazionale con «Il teatro canzone», e lo vidi anche in uno straordinario concerto a Milano, la sua città: teatro gremito, spettatori di ogni età tutti festosi e in piedi; lui sorridente e felice, non era mai stanco; pubblico in visibilio, mentre, con lo sguardo incantato dell’eterno fanciullo, proponeva bis a volontà; non finivano mai né le canzoni né gli applausi, e si restava tutti lì, stipati in platea fino a oltre la mezzanotte. L’artista, sempre al centro della scena, vivace, senza mai sedersi, non distoglieva gli occhi dal suo pubblico, quella vista lo inebriava: con lui, solo un microfono e la chitarra a tracolla; i musicisti erano sempre alle sue spalle. Per lui c’erano solo gli spettatori e dal palco, dopo ogni pezzo, chiedeva: «Ne volete un’altra? Tranquilli, ne conosco più di duecento a memoria. Possiamo stare qui fino all’alba». Pausa. Quindi, sussurrando al microfono: «Se mi danno il permesso!» Cantava, cantava e rideva, e completamente sudato, ma sempre in giacca e cravatta, talvolta correva in quinta a bere un sorso d’acqua. Questo, in sintesi, era Giorgio Gaber, quello che ho visto io: istrione, mattatore, ma sempre ligio all’educazione del palcoscenico.

Ieri sera, invece, oltre al microfono, in scena c’era un leggio e dietro una sedia, e in terra una bottiglietta d’acqua: una pessima abitudine che sta prendendo piede tra molti artisti diseducati. Un leggio per Gaber, e perché? Perché l’interprete non sapeva una sola parola a memoria e – Dio mio, mi vergogno per lui – non sapeva neanche leggere. E non dico una bugia, né un’esagerazione: s’è impaperato almeno dieci volte. Lascio a voi immaginare il giudizio sui ritmi di recitazione che non esistevano. Pensare di interpretare Gaber, senza avere tempi e toni che l’ironia impone, è un’assurdità. Ma perché, mi domando, non accorgersi che qualcosa non funziona; che il pubblico non reagisce e deve essere spronato per lasciarsi andare a un applauso? L’interprete, imperterrito, invece, continuava a leggere, sbagliando le vocali, incespicando nelle consonanti, prendendo male i respiri e continuando ad agitare le mani con le «ciambellette» (cioè, formando il cerchio con le dita unendo il pollice con l’indice). Un vero delirio!

E perché la bottiglietta d’acqua? Semplice! Perché ad ogni pezzo c’era un sorso da tracannare davanti al pubblico (una grossa mancanza di rispetto), con tanto di rumore della plastica della bottiglia amplificato dal microfono.

Poi, a un certo punto, siccome la fatica lo ha sopraffatto, l’esecutore si è tolto la giacca, s’è arrotolato le maniche della camicia, come se stesse nel salotto di casa sua, esibendo vistosi tatuaggi sulle braccia, e ha girato un’altra pagina e un’altra ancora, raggiungendo un grado di spossatezza che lo ha costretto, poco dopo, ad abbassare il leggio, ad accorciare l’asta del microfono e a sedersi su una sedia. Un inno alla maleducazione, che significa non essere educati a stare in scena.

«Non si vuole intendere che il teatro è soprattutto spettacolo», scriveva Pirandello. E come può un signore in maniche di camicia, seduto su una sedia, nascosto da un leggio, senza saper né leggere né parlare, come può costui pensare di fare spettacolo? Una vera follia! Ah, dimenticavo, c’era pure un regista.

Mi si perdoni lo sfogo. (fn)

Pubblicato anche su Quarta Parete il 5/2/23


 

03 febbraio 2023

«Daimon, l’ultimo canto di John Keats» di Paolo Vanacore


Roma, Teatro Lo Spazio
2 febbraio 2023

SE PER KEATS LA BELLEZZA È VERITÀ, PER HILLMAN LA BELLEZZA DIVENTA AMORE

La terra è cattiva perché è priva di amore e di felicità. La vita è transitoria, ma non l’amore che la riveste. Non importa quanto si vive su questa terra, ma è fondamentale sapere quanto abbiamo amato. Perché soltanto l’amore che doniamo e che riceviamo ci avvicina alla bellezza. James Hillman, dopo anni di studi e approfondimenti psicoanalitici, ha deciso di stare dalla parte della bellezza; infatti, un giorno, senza neanche rifletterci troppo, trovò a conforto delle sue nuove teorie alcuni versi di John Keats: «Bellezza è verità, verità è bellezza, questo solo sulla terra sapete, ed è quanto basta».

02 febbraio 2023

«Fiori di campo» di Siddhartha Prestinari

Roma, Cometa Off
1° febbraio 2023

LA MORTE BALLA IL FLAMENCO TRA LITI E FINTI ORGASMI

Non soltanto il due novembre c’è l’usanza d’andare al cimitero per adornare il loculo marmoreo del proprio caro. Nei suoi versi più famosi Totò ci raccontò l’avventura che gli era appena capitata trovandosi al cospetto di due ombre che tomi tomi se ne tornavano verso le loro tombe discutendo sull’uguaglianza che la morte stabilisce senza remissione. Siddharta Prestinari, in Fiori di campo, invece, ribalta la situazione offrendo l’opportunità al pubblico degli estinti di ascoltare i capricci dei vivi, i quali, di volta in volta, ogni giorno, con la scusa di portare all’avello margherite e crisantemi, vengono a confessarsi davanti a chi, in realtà, non può più sentirli. A causa di questa ineluttabile certezza il cimitero si anima (sic!) di tutte quelle situazioni imbarazzanti che soltanto noi vivi sappiamo creare e portare avanti.

Pour vous