Roma, 20 giugno 2025
UN BUON MINISTRO AIUTA, NON CONDANNA
Nel 1965, durante il Concilio vaticano II, una commissione composta da cardinali, vescovi e teologi, decise di cancellare il nome di San Gennaro, protettore della città di Napoli, dal calendario ufficiale dei santi. I napoletani, pur se offesi, risposero con la solita ironia, scrivendo sui muri esterni dei palazzi divertenti ed affilate pasquinate (direbbero a Roma) contro la Chiesa e contro il Papa, esortando il loro beniamino dalla faccia ‘ngialluta (ossia, gialla perché tale il colore dei riflessi dorati che risplendono sul viso della statua che viene portata in processione) a non prendere troppo sul serio la decisione del Vaticano: San Genna’, futtatenne, fu il motto più popolare e affettuoso nei riguardi del martire a cui il clero voltò improvvisamente le spalle. Il declassamento del Santo, oltre all’offesa morale inferta ai seguaci, ebbe come unica ripercussione effettiva il fatto che la Chiesa romana non riconobbe più quale patrono metropolitano la figura di un idolo a santità ridotta, salvo poi relegarlo in extremis ufficialmente a simbolo di una fede circoscritta al luogo del culto. Santo sì, ma fino al Garigliano! Tuttavia, malgrado l’onta, San Gennaro, anche se non più ascritto al calendario protocollare di Gregorio, continuò puntuale a compiere il miracolo dello scioglimento del sangue, fino a quando nel 1980 Giovanni Paolo II lo riabilitò a santo di primo grado: addirittura, lo proclamò patrono ufficiale di Napoli (decisione senza precedenti), spodestando l’intoccabile Madonna Assunta. Terremoto in Paradiso! E per la prima volta, infatti, San Gennaro, sia per rispettare la classifica celeste, sia per ovvii diritti di sacra precedenza, sia per onorare con galanteria la Madre di nostro Signore, e probabilmente sentendosi anche umiliato dal potere ballerino dei discendenti di Pietro che potevano in terra decidere il bello e il cattivo tempo dell’empireo, a prescindere dalla volontà divina, rispose con severità rimanendo quell’anno ostentatamente rappreso nell’ampolla: segno premonitore di catastrofi imminenti. Era il mese di settembre: sessantaquattro giorni dopo l’Irpinia e la Campania furono devastate dal sisma. Un cataclisma – guarda caso – circoscritto al luogo del culto del santo, vescovo di Benevento. Da allora la Chiesa non osò mai più ostacolare credenze e tradizioni che accompagnano il mito di San Gennaro.