VERY GOOD PLAY!
Al Belli il sesto appuntamento della rassegna Trend sulla nuova drammaturgia inglese propone The wasp, una commedia noir, assai intrigante e ben scritta da Morgan Lloyd Malcom che, con un impeccabile senso della suspense, assesta due colpi di scena molto avvincenti capaci di rapire l’attenzione dello spettatore, ma anche di inchiodare il critico al silenzio coatto: raccontare la trama di un thriller affascinante, o svelarne i meccanismi, sarebbe errore imperdonabile.
Senza perderci d’animo, analizzeremo altro.
Dall’inglese, «the wasp» si traduce con «la vespa», ma nel bel mezzo della vicenda scopriamo che si tratta di un insetto molto più sofisticato nella sua crudeltà, denominato il falco delle tarantole. La femmina di questo particolare Pompilidae (Wikipedia ci aiuta a trovare sinonimie appropriate), quando deve deporre il suo unico uovo va a caccia della tarantola. L’insetto, dotato di un ottimo fiuto, riesce a individuare la preda anche all’interno della tana. Facendosi largo tra le ragnatele, con il potente pungiglione colpisce la vittima in pieno petto, paralizzandola con il veleno. Quindi, all’interno del corpo del ragno, introduce l’uovo che genererà una larva, la quale si ciberà delle sue interiora fino a quando avverrà la metamorfosi e sarà in grado di spiccare il volo salutando la tarantola che l’ha ospitata e che ormai è ridotta a cadavere.
Queste le premesse scientifiche di «The wasp». Tuttavia ritracciare le precise analogie tra il falco delle tarantole e le due protagoniste che si contendono rivalità e vendette, non è così semplice ed evidente, non perché manchino, ma perché non si capisce bene – e non si deve capire – chi sia il falco e chi la tarantola. In scena al finale, spunta anche un pungiglione, ma… neanche sotto tortura del falco delle tarantole riveleremo quel che accade.
Si può dire, però, che Erica sia la miglior nemica di Carla e viceversa; e anche che durante il loro primo incontro, dopo quindici anni, riemerge un passato pieno di livori. Ora sono due donne: una è alla quinta gravidanza, l’altra ancora non è madre. Entrambe sono figlie della violenza più severa, quella reiterata. Erica, pur se spietata, è in cerca di un «cerotto umano» che lenisca le sue ferite e dentro di sé sente il desiderio di voler interrompere questo malsano ciclo di violenza, ma la ragione le suggerisce che a questo mondo «la gentilezza non funziona».
Erica e Carla sono interpretate da Guenda Goria e da Miriam Galanti: brave, spigliate e convincenti. Al termine della performance entrambe sono state giustamente applaudite sia per l’energia che per lo spirito collaborativo con cui hanno «giocato» a odiarsi.
Garbata ed essenziale la messa in scena di Piergiorgio Piccoli che s’avvale di un’idea scenica molto semplice e d’effetto: prima un bar dove si consumano i preliminari, poi una stanza che accoglie il ring dove le antagoniste si sfidano. Anche il passaggio da un luogo all’altro avviene con tempi placidi e sereni che, però, sollecitano la tensione che è in agguato.
Due piccoli appunti. L’apparato illuministico predilige il centro scena, dimenticandosi di far vivere lo sfondo: così soprattutto la collezione d’insetti, tra cui la bestiolina che trionfa sul manifesto, resta un po’ nell’oblio, facendo una comparsata soltanto quando se ne parla, altrimenti fa le veci di un bassorilievo. Anche il gesto finale arriva come un «fuori sincrono»: soffre di una frettolosità che toglie pathos alla scena.
Trend. Nuove frontiere della scena britannica (XXI edizione). Rassegna teatrale a cura di Rodolfo di Giammarco. Al teatro Belli fino al 18 dicembre.