VENTURIELLO ESALTA I COLORI DELLA LINGUA DEL POPOLARE COMMISSARIO
Il commissario più famoso d’Italia, dopo i successi televisivi e dopo i clamori dell’audiolibro, si rifugia in palcoscenico. E ne sceglie uno piccolo, il Teatro Sette, quasi nascosto, in una zona poco teatrale della Capitale, per offrire il meglio di sé: il suo linguaggio, quello del suo autore, naturalmente. Andrea Camilleri. Sono queste le belle occasioni in cui si benedice il confortante calore teatrale che scalda l’intelletto e, di conseguenza, si maledice la spazzatura che la televisione ci propina offrendo prodotti dozzinali per ogni palato.
A teatro Massimo Venturiello restituisce a Montalbano e al suo mondo quella raffinatezza popolare che soltanto la buona letteratura riesce a costruire quando a scriverla è un autore illuminato. L’idioma che si usa, la costruzione delle frasi, la scelta delle parole creano l’autenticità del territorio dove i «montalbanesi tutti» prendono vita grazie agli intercalari, alle pause, agli ammiccamenti che l’attore sopraffino plasma per ciascuno di loro.
Venturiello porta sul palco La prima indagine di Montalbano, uno dei primi racconti della serie del maestro di Porto Empedocle dedicati all’ormai noto commissario, e ne interpreta una lettura con voci (sì, al plurale) originali, con espressioni e gestualità che sembrano essere indigene, che arricchiscono la scrittura senza mai tradirla. Le doti di Venturiello si condensano nei colori visivi al servizio di un linguaggio vivace e articolato come può esserlo l’opera del genio espressionista. Montalbano vive delle tinte della sua lingua e la lettura del testo scivola leggera e piacevole dalla prima all’ultima parola, spezzata qua e là, o sostenuta appena, da brevi frammenti musicali che diventano indispensabili nei ritmi che Venturiello impone alla performance. I musici – armati di mandola, chitarra e mandolino – sono i fratelli Buzi, Emanuele e Vladimiro, che con eleganza e discrezione segnano la fine di un capitolo o più raramente delineano una tensione con tipico sarcasmo popolaresco.
Nella foto: Massimo Venturiello © Giovanni Canitano
Pubblicato anche su Quarta Parete il 25/1/24