IL POLITICALLY CORRECT SORPRENDE ANCHE IL SIGNOR G.
Due ore piene, senza intervallo, in compagnia di Giorgio Gaber. Anzi due! Sì, ce n’è anche uno con la barba. È lo spettacolo che ha ideato, scritto e realizzato Riccardo Leonelli. È in scena, da ieri, fino a domenica 14 al Belli. Chi ama il repertorio del teatro canzone non dovrebbe perderlo. Ai più giovani, che forse conoscono poco Gaber, mi permetto di consigliarlo vivamente. Per i sostenitori del politicamente corretto, be’, sarebbe una buona occasione per redimersi e godersi due ore di sana libertà. A tal proposito, mi piace ricordare che poco più di un anno fa vidi un altro spettacolo sul cantautore milanese e così, guarda caso, titolai la recensione: «Quando Gaber e Luporini erano liberi di essere politicamente scorretti». C’era una volta il nostro linguaggio, quello adottato fino a quando una forte ventata di moralismo ha cominciato a strapparci le parole di bocca, rendendoci tutti uguali, tutti spenti, tutti muti. Tutti senza pensiero individuale «perché la parola, se non trova asilo nella bocca dell’uomo, è già la morte, senza resurrezione», scrisse un altro poeta contemporaneo.
Leonelli – si è detto – porta in scena due Signor G, entrambi con un padre, e con le caratteristiche che quelli della mia generazione conoscono ormai a memoria: «Il mio papà è molto importante.» – «Il mio papà no.» – «Il mio papà è forte, sano e intelligente.» – «Il mio papà è debole, malaticcio e un po’ scemo.» L’alter ego, con cui Gaber talvolta duettava (famosa l’esibizione con Mina) per proporre questo famoso pezzo, qui si rende necessario perché offre l’opportunità, con un dialogo anche originale, di sottolineare l’importanza delle diversità. «Senza due pensieri differenti non c’è futuro» è il grido d’allarme lanciato da Gaber che Leonelli raccoglie e amplifica in una scena dove la grande fotografia di G con la mano sul cappello trionfa nostalgicamente dall’al di là, tra alcune riproduzioni pittoriche di Leonardo Martellucci.
Quindi da una parte c’è Emanuele Cordeschi, in abito nero, il Signor G sopravvissuto alla sua stessa scomparsa, che vigila, sarcastico ma impotente, sulla società di oggi. Dall’altra appare, di bianco vestito, Riccardo Leonelli, ossia il Signor G, morto il 1° gennaio 2003, e rimasto fermo, congelato anche intellettualmente, a quella data. All’improvviso, però, costui si risveglia, incontra il suo riflesso sopravvissuto e, tra una battuta e una canzone, il dialogo, in apparenza surreale, prende consistenza e si diffonde come una voce profetica. Così i brani scritti da Gaber e Luporini diventano un vero e proprio oracolo divinatorio. Tutto, infatti, era già stato previsto: finanche che la sinistra resiste oggi soltanto nelle parole del papa, ma poi la Chiesa, lo Stato, la scuola, la lingua, il governo… ce n’è per tutti! L’unico imprevisto è il politically correct. «E che cos’è?» chiede il bianco fantasma. In effetti è il contrario del pensiero. «E non posso neanche più ridere?». Sì, ma in silenzio!
Sarà per questo motivo che l’affiatata coppia Leonelli-Cordeschi non vorrebbe mai smettere di cantare (il repertorio canoro è vastissimo e molto piacevole), di duettare e, per usare una parola cara a Gaber, «di partecipare». Con loro: Lorenzo D’Amario ed Emanuele Grigione, entrambi ottimi strumentisti. Lo spettacolo, malgrado le due ore, è piacevole, scorrevole, e soprattutto generoso grazie all’entusiasmo dei due protagonisti.
Nella foto: Riccardo Leonelli