QUANDO «LA GENTILEZZA È FAKE» MA LA POESIA È VITA
Io & Tu, titolo originale I and You, è un dialogo avvincente tra due animi (che non sono anime) che s’incontrano quasi per caso, senza conoscersi; anzi, si vogliono, forse addirittura si devono, incontrare per stabilire un primo punto di contatto sensibile che soltanto alla fine li porterà a un più concreto sodalizio. Nella scrittura dell’americana Lauren Gunderson c’è il modo di capire e di riflettere che Io e Tu sono lei e l’altro, più che lui e l’altra. Ce lo indica bene Gianluca Merolli, raffinato regista di quest’allestimento, che presenta al pubblico che ancora entra in sala, la visione di una ragazza sola che per lungo tempo si aggira imperturbabile nella claustrofobia di una stanza, nella quale, però, in apparenza, si sente perfettamente a suo agio. Gioca con una tartaruga di pelouche, ascolta musica, canta spensierata e, come tutti i ragazzi di oggi, mostra una disinvolta manualità con il cellulare e le sue applicazioni, ma conosce anche l’incantesimo delle ombre riflesse sulle pareti: con le mani intrecciate, infatti, davanti alla lanterna magica, proietta le immagini del suo cartoon personale dove un paio d’ali vorrebbe spiccare il volo.
Lei è Carolyn (Aurora Spreafico). Giovane, bionda, bella, di una vitalità entusiasmante anche nella più coatta solitudine, malgrado – dirà – «il mio corpo mi odia». Lui (Derli Do Rosario Soares) annuncia il suo arrivo con il rumore cadenzato di un pallone da basket che rimbalza sul suolo. Ragazzo affasciante, spavaldo, sportivo e gentile, sa d’imbattersi in un carattere non facile, affatto docile, ma genuino. Si presenta a lei con la scusa di dover finire una ricerca scolastica sull’uso del pronome tu nella poesia di Walt Whitman. È risaputo che Carolyn è stata una studentessa assai brillante, ma da diverso tempo non può più frequentare la scuola a causa di una malattia: costretta a convivere ormai con il pensiero della morte, è suscettibile a ogni provocazione. «La gentilezza è fake», è il motto della di lei diffidenza.
Sarebbe ingiusto proseguire a raccontare la trama di una storia che sembra essere molto lontana dalle ambigue incognite di un giallo, ma poi, per certi aspetti, diventa un vero e proprio thriller che mantiene lo spettatore in bilico tra la tensione emotiva e la commozione. Per circa un’ora Lei e Lui giocano, si stuzzicano, si addolciscono, litigano, s’allacciano incautamente con le dita, distrattamente si accarezzano, s’azzuffano, si stringono in un abbraccio vitale, si sfiorano le labbra in un veloce bacio casto e appassionato, ma sempre una ventata di realtà li distrae allontanandoli. Loro sembrano obbedire a questa forza ineluttabile che passa leggera sopra ogni desiderio smorzandolo, eppure la loro reciproca intimità cresce e s’adopera per tenerli uniti.
Come cresce la curiosità dello spettatore che sente aumentare costantemente l’intensità e la forza della poesia di Whitman, la cui importanza in questa pièce è fondamentale. È il cardine che unisce i due animi e li fa combaciare come una porta a due ante che si apre e si chiude senza mai sbattere e senza mai restare completamente spalancata. Come le ante, anche Io e Tu si guardano, si sfiorano, ma ognuno rimane ancorato nella sua posizione. Carolyn, che inizialmente rifiutava di leggere il lungo poema (Canto di me stesso), cede improvvisamente perché anche lei intuisce che in quei versi c’è la ragione della sua vita. «E filtrerò, rafforzerò il tuo sangue. / Se subito non mi trovi non scoraggiarti, / se non mi trovi in un posto cercami in un altro, / in qualche posto mi sono fermato ad aspettarti.» Così il poeta chiude il suo poema.
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Io & tu di Lauren Gunderson, traduzione di Andrea Paolotti e Chiara Loria; con Aurora Spreafico e Derli Do Rosario Soares e con la voce di Paola Sambò. Scene, Paola Castrignanò. Regia, Gianluca Merolli
Nella foto: Derli Do Rosario Soares e Aurora Spreafico © Pino Le Pera