07 giugno 2024

Teatro Vittoria, la stagione 2024/25

Roma, Teatro Vittoria
4 giugno 2024

VIVIANA, DOV’È FINITA LA COMMEDIA?

Le quattro fotografie, raggruppate in una sola immagine sopra il titolo, condensano perfettamente la cifra della prossima stagione del Teatro Vittoria presentata da Stefano Messina e Chiara Bonome, in collegamento telefonico con la Toniolo, padrona di casa: si vedono (in alto a sinistra) due persone che si confrontano dietro i leggii; (in alto a destra) una one woman show; (in basso a sinistra) un one man show; e (in basso a destra) finalmente due attori che recitano. La stessa constatazione si può ricavare contando i primi dieci titoli in cartellone: tra essi sopravvive una sola commedia.

Il teatro Vittoria è storicamente rinomato per la rappresentazione di un’opera che in Italia è stata resa nota dalla compagnia di Attilio Corsini: Rumori fuori scena, a cui deve moltissimo, replicata da Attori & Tecnici per oltre trent’anni: e ancora fino a due stagioni fa. Il merito va a Viviana Toniolo che non ha mai smesso di credere in quelli che oggi sono diventati i rumori del cuore. D’accordo, i tempi sono cambiati, ma se su 29 proposte (tre di Ascanio Celestini), soltanto sei sono dedicate alla prosa, significa o che gli attori hanno dimenticato i fondamentali del loro mestiere o che i gestori dei teatri non hanno più fiducia nell’arte primaria del teatro. E di questo ce ne dispiace. Ormai, l’idea principale per allestire uno spettacolo è quella di abbattere la quarta parete e dialogare con il pubblico, interpretando se stessi, o quasi. Un modo di cavalcare la scena, un tempo raro, ma soprattutto considerato audace, tant’è che ne facevano uso soltanto i grandi mattatori, i quali, con esperienza e sensibilità, captavano le esigenze del pubblico. Poi all’improvviso s’è scoperto che è più facile intrattenere gli spettatori con un microfono in mano, come fosse un aperitivo da condividere con la platea tutta, anziché conquistare l’attenzione attraverso le emozioni di un personaggio.

Che non ci siano più attori capaci? Non è vero. Che non ci siano più personaggi da proporre? Sarebbe come dire che l’umanità non esiste più. E allora, signori miei, è soltanto un fattore economico. Tenere in scena una copiosa compagnia costa una cifra spropositatamente maggiore rispetto alla possibilità di risparmiare con un solo attore (al massimo due): gli impresari spendono meno e l’attore percepisce di più (ma mica troppo!). In sintesi, la ragione primaria è questa. Bisogna far quadrare i conti da entrambe le parti: produttori ed esecutori e quindi anche i gestori. Perdipiù il pubblico – diseducato dalla quotidiana spazzatura che trasmette la televisione – si accontenta di qualunque cosa. E allora, se in palcoscenico, dietro un leggio (che è l’opposto della recita), ci troviamo Aldo Cazzullo e Moni Ovadia, due menti culturalmente raffinate, i quali propongono un approfondimento sul libro dei libri – la Bibbia, di cui oggi, soprattutto nelle scuole (per una malsana idea progressista) se ne avverte la totale mancanza di conoscenza – ci dobbiamo ritenere fortunati, malgrado i due non siano attori (Ovadia non me ne voglia!) e nulla di teatrale possono offrici al di là di una prelibata lectio divina.

Tuttavia, è da notare che, per il 28° anno consecutivo, il professor Marcello Teodonio, sul palcoscenico del Vittoria, manterrà puntuale l’appuntamento con i suoi tè letterari, che altro non sono che approfondimenti culturali su testi, autori, artisti e opere d’arte del passato e del presente. Allora mi chiedo: quale differenza sostanziale ci può essere tra un tè con Teodonio e un aperitivo con Cazzullo? E ci sono anche altre performance costruite sulla base letteraria di poeti, scrittori e artisti che poco hanno a che fare con la drammaturgia: apre Sebastiano Somma con le poesie di Pablo Neruda; incalza Maddalena Crippa con i versi e le lettere di Wislawa Szymborska; reitera Giuseppe Cederna con le composizioni di Zbigniew Herbert, prosegue Jacopo Veneziani con la spiega delle opere visive e letterarie che hanno segnato l’arte della Parigi d’inizio Novecento.

Suona un po’ come una beffa, insomma, il distico scelto per lo spettacolo di Lella Costa, tratto da una frase di Ivano Fossati: «Di precise parole si vive, e di grande teatro». Sì, ma dov’è questo grande teatro? Dove sono Shakespeare e Goldoni, Cechov e Molière? Dov’è la commedia? Di quale grande teatro stiamo parlando? La Costa porta in scena una piaga (patriarcale, sottolinea Vacis coautore) dell’Otello, ma è sola in scena; la performance, pur se aggiornata, conta già 24 anni. Consistente il numero delle esibizioni musicali: tre, in cui la musica è protagonista, e altrettante in cui si alterna con la parola. Da segnalare l’ormai rinomato Novecento, monologo firmato Baricco ed eseguito stavolta da Stefano Messina, divenuto perno centrale, insieme con la Bonome, delle produzioni Attori & Tecnici: c’è, infatti, Stand up family, spettacolo che, pur mascherandosi da commedia, intrattiene direttamente il pubblico. Torna Viviana Toniolo nelle vesti dell’investigatrice Miss Marple; e «tra un pannolino e un pannolone c’è un buco a cui bisogna dare un senso», ecco come annunciata Ma cosa ha in testa?, commedia di Andrea Muzzi.

Tralasciando doppi sensi e sottintesi, raccomando quel discolo di Esterino: alias Antonello Pascale, ottimo attore, scatenato scugnizzo a metà tra Pinocchio e Lucignolo che se la deve vedere con un grosso imbroglione (Roberto D’Alessandro), medico della psiche e con un nonno un po’ impiccione (Riccardo Bàrbera). Inoltre, piena fiducia alla coppia Wertmüller-La Ginestra. A volte basta una parola per capire, Come Cristo comanda, qual è il senso delle presentazioni, eventi di routine che Massimo Wertmüller, dall’alto della sua esperienza, così sintetizza: «Quando si sta qui si avverte la fatica dell’essere simpatici: una violenza tristissima, per cui vi invito a non venire». Ha ragione. Tutti gli attori, quando si tratta di edulcorare il loro prodotto diventano banali imbonitori dalla finta simpatia, dal coatto sentimento del volemose bene che invece – sempre per MW – è diventato davvero «un’urgenza in questo mondo di pazzi». A proposito, il più pazzo di tutti – teatralmente parlando e da quel poco che s’è visto – è l’imprevedibile Paolo Nani che, da 30 anni cerca di scrivere una lettera usando 15 espedienti differenti: nemmeno questa sembra una commedia, piuttosto un’artistica poesia mimata, silenziosa e affascinante.

In antitesi la frase del giorno citata da Gennaro Duccilli: «Il teatro è un luogo dove il nulla ci scivola tra le dita». Questa, sì, che fa parte della commedia! (fn)
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Teatro Vittoria, stagione 2024/25. Hanno condotto l’evento, Stefano Messina e Chiara Bonome. Presenti (tra gli altri, in o.a.) in sala: Luisa e Stefano Amatucci, Marco Battilocchi, Fabio Canino, Roberto D’Alessandro, Gennaro Duccilli, Edoardo Erba, Marco Falaguasta, Elena Ferrantini, Morgana Forcella, Michele La Ginestra, Sergio Maifredi, Alessandro Mancini, Eleonora Mancini, Andrea Muzzi, Antonello Pascale, Natalia Paviolo, Giancarlo Ratti, Sebastiano Somma, Marcello Teodonio, Paolo Triestino, Paolo Vanacore, Massimo Wertmüller. In video: Luciana Di Bella, Maria Di Biase, Ascanio Celestini, Lella Costa, Paolo Nani, Corrado Nuzzo, Moni Ovadia, Jacopo Veneziani.

Foto: (in senso orario) Aldo Cazzullo e Moni Ovadia; Lella Costa; Michele La Ginestra e Massimo Wertmuller; Ascanio Celestini

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