09 novembre 2025

«Naked», regia di Giorgia Giuntoli

«Naked», regia di Giorgia Giuntoli

Roma, Teatro Sophia
8 novembre 2025

L’IMPROVVISAZIONE COME ATTO DI RESISTENZA

Sollecitato dal suggerimento di un conoscente, mi precipito al TeatroSophia per ammirare la performance di Patrizio Cossa e Fabrizio Lo Bello. Il titolo è Naked, che significa indifferentemente nudo o nuda, oppure, anche al plurale, nudi o nude, e in questo frangente si accosta al sostantivo sottinteso che è l’attore, al di là del genere. Che sia esso maschile o femminile, infatti, poco conta, l’importante è che sia un mestierante spogliato di ogni convenzione: scena, costumi, trucco, arredamento, finanche la più semplice attrezzeria. Di tutto si può fare a meno, fuorché della parola. Parola come arma personale per la difesa della recitazione: l’unica possibilità che l’attore ha per sopravvivere della sua arte e per far sopravvivere la sua arte. Il tema della prova è essenzialmente questo: resistere di fronte al continuo impoverimento del nostro teatro. Quante compagnie sono già costrette a dover fare a meno delle scene, dei costumi, dell’arredamento; troppo poche però rinunciano ai microfoni! Invece, con maggior coerenza, Patrizio e Fabrizio, usano soltanto due sedie e pochi proiettori, che servono a illuminare lo spazio scenico più che a creare atmosfere con particolari effetti.

Si sceglie a caso uno spettatore che posiziona le sedie a suo piacimento e si dà inizio all’azione. I due attori entrano come Sergio e Roberto, una coppia omosessuale che si appresta a cominciare la giornata: Sergio sfoglia un quotidiano, Roberto ha finito di preparare i pancake per la colazione. Un buongiorno e la sfida prende il via. Il dialogo diventa subito una calamita per l’attenzione del pubblico. In poche battute la tensione sale e s’intuisce che il conflitto, tra i due, verte intorno a un tradimento. Ma in questo genere di spettacolo accennare ai particolari che illustrano la trama non ha lo stesso significato che in altri, né in verità avrebbe alcun senso, perché il tentativo di recita a soggetto, pur se giunto in porto con le migliori aspettative, non si ripeterà più. Resterà unica rappresentazione, irripetibile. E anche se in futuro ci sarà una ripresa con gli stessi personaggi e le stesse prerogative, sarà comunque una invenzione diversa.

E allora, con simili esperimenti, il critico che ci sta a fare? Qual è la sua funzione di recensore? Un testo da analizzare non esiste, una scena da giudicare non c’è, e non c’è nemmeno una regia canonica da osservare (anche se in locandina il nome di Giorgia Giuntoli è indicato come regista). Tuttavia, se un pubblico siede intorno a una coppia d’attori (o attrici) che dialogano, il teatro è vivo. E questo, al giorno d’oggi è assai confortante. Dovere del critico, quindi, è riportare le sensazioni che scaturiscono dal confronto diretto tra i due contendenti, che (come mi è stato riferito) ieri erano due spie, oggi una coppia omosessuale, domani chissà. E domani vorrei esserci ancora per sapere se la prossima improvvisazione avrà la stessa precisione di quella a cui ho assistito.

Talmente preciso il battibecco che mi è mancata l’esitazione della recita a soggetto, l’indecisione del personaggio nella scelta della parola, del gesto, l’imbarazzo del respiro, la sporcatura della battuta che s’accavalla con quella dell’altro: Cossa e Lo Bello si sono affrontati con l’assoluta fermezza di essere Roberto e Sergio, sposati da dieci anni e fotografati nel giorno in cui Roberto scopre di essere stato tradito. Il cellulare (inesistente) dell’uno diventa la cassaforte della verità e i pancake dell’altro vengono presi a pretesto per la sottile vendetta. È chiaro che non si va in scena senza un canovaccio, senza uno straccio di idea concordata, qualcosa di preordinato c’è, ma la domanda è proprio questa: fino a che punto Patrizio e Fabrizio hanno studiato la parte e da quando Sergio e Roberto hanno guidato la scena? Lassù sul tavolo di regia, dove si manovrano le luci, c’è un cronometro che indica agli attori la durata dell’improvvisazione. Loro si sono dati un tempo massimo di cinquanta minuti, e il buio è calato soltanto due minuti prima. Ma questo è un dettaglio del tutto superfluo.

La performance è basata su una serie di studi profondi, che gli artefici definiscono nudi, e soprattutto su una preparazione generica dell’essere attore, sull’arte di creare al momento l’improvvisazione, ascoltando e vivendo quel che accade in modo tale da poter reagire quasi istintivamente, affidando cioè il proprio impulso a quello del personaggio che saprà rifletterlo per la scena teatrale. Credo che la difficoltà maggiore sia contenuta proprio nel quasi, ossia nel saper dosare il sentimento del proprio ego con le ragioni dei personaggi. Comunque spero quanto prima di poter assistere a un’altra prova dei bravissimi Patrizio Cossa e Fabrizio Lo Bello per meglio spiare e comprendere il loro affascinante e divertente gioco. (fn)

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Naked, studi nudi di improvvisazione teatrale Regia di Giorgia Giuntoli. Con Patrizio Cossa e Fabrizio Lo Bello. Produzione Ast Company. Al Teatro Sophia, oggi ultima replica 

Foto: Patrizio Cossa e Fabrizio Lo Bello (© Csf Adams)

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