VITO LAVERMICOCCA, UN LUPACCHIOTTO IN RITIRATA
Maurizio Micheli ha presentato, per due sole repliche (4 e 5 maggio) al teatro Ciak di via Cassia, Nessuno è perfetto, «commedia comica», scrive l’autore nelle note, ma con un consistente velo malinconico che la rende molto più vicina alla realtà di quel che forse avrebbe voluto essere. Infatti, la sera del 9 luglio 2006, mentre, in quel di Berlino, Zinedine Zidane rifilava una testata in petto a Marco Materazzi in mondovisione, Vito Lavermicocca, in una stanza d’albergo di Pavia, sbatteva il muso (metaforicamente, s’intende) contro una granitica ragazzona del centro Europa che l’aveva ospitato nella sua camera per una ipotetica avventura. Vito, per un paio d’ore d’amore con Regina, aveva rinunciato a vedere la finale della Coppa del Mondo, quella che poi l’Italia vinse ai rigori contro la Francia, e sarebbe stato pronto a privarsi di molte altre cose, a patto che la giovane e attraente straniera si fosse concessa.
Durante un breve prologo, Micheli dipinge il suo personaggio, che è il motivo che introduce la malinconia nella storia: Vito, infatti, è un attore fallito che insegna recitazione alle scuole elementari (magari ce ne fossero di queste realtà!); si impegna anche per quattro spettacoli al giorno, con il terrore costante che i bambini possano protestarlo. Il resto della sua vita lo trascorre pensando al sesso, ai piaceri carnali, perché lui è il lupo, e il lupo è cacciatore, dice. Invece, in questa dichiarata bugia si scorge il baratro di una solitudine infinita, per cui quando in un bar conosce Regina, lei diventa l’ancora della salvezza più che la ciliegina sulla torta.
Naturalmente, per l’anziano lupo che ha già perso molto pelo, anche se si ostina a mantenere alto l’onore di un vizio, in verità, ormai caduto e stanco, le difficoltà di convincere la bella Regina a concedergli le sue giunoniche grazie aumentano ogni istante di più (complice un cellulare che squilla fin troppo spesso), fino a un epilogo, ahinoi, già annunciato dal titolo. «Nessuno è perfetto», soprattutto per un attore, qual è Micheli nella vita e qual è Vito in scena, ha un solo punto di riferimento: il finale di quel capolavoro cinematografico firmato da Billy Wilder che è «A qualcuno piace caldo». Chi ricorda l’ultima scena, intuisce bene dove la parabola vada a parare. Per il nostro eroe Vito, uno dei tanti dall’animo borghese piccolo piccolo, travestito da maschio italiano e amante instancabile, il gong suona come una beffa, a cui la nostalgica recitazione di Micheli dona una rassegnazione che stringe il cuore. Meglio battere in ritirata. In fondo, il temibile lupo era soltanto un lupacchiotto molto solo e assai buono, tendenzialmente sfigato.