27 aprile 2024

«Intramuros» di Alexis Michalik

Carlotta Proietti e Gianluigi Fogacci

Roma, Teatro Sala Umberto
26 aprile 2024

IN CARCERE COME IN PALCOSCENICO:
LA FINZIONE AIUTA A LEGGERE LA REALTÀ

Non è una trovata stravagante se, all’improvviso in ribalta, un attore (Raffaele Proietti, che poi interpreterà il ruolo del regista) chiederà al pubblico: «Secondo voi, che cos’è il teatro?» Gli spettatori, in verità, in quel momento, non si aspettano una simile domanda, così, diretta. In realtà, non hanno nemmeno capito se la commedia sia iniziata: d’altronde, le luci in sala sono accese, qualcuno in platea sta ancora prendendo posto, i cellulari non sono tutti spenti, eppure è evidente che lo spettacolo abbia già preso il via, se qualcuno s’affaccia in proscenio. Pirandello ce lo insegna: «La rappresentazione è cominciata, se io sono qua davanti a voi», fa dire al Dottor Hinkfuss, direttore di una compagnia pronta a dar vita a un tentativo di recita a soggetto (1929). Bei tempi per mettere a soqquadro un teatro! Oggi è meglio osservare l’interno di un carcere: è lì che si trovano le storie più incredibili da raccontare.

Lo sa bene Alexis Michalik, che partendo dalla domanda che sembra voler introdurre il tipico gioco pirandelliano del teatro nel teatro, cerca, invece, di portare l’attenzione del pubblico sulla mansione specifica dell’attore, il quale vive le proprie emozioni attraverso le esperienze degli altri. Su questo teorema costruisce un esperimento teatrale all’interno delle mura di una prigione. «Iliacos intra muros peccatur et extra», scrive Orazio, si pecca sia dentro che fuori le mura iliache: è la locuzione latina che, oltre a dare il titolo all’opera, ne diventerà, al finale, anche la morale. Come a ribadire che i peccatori sono rinchiusi in carcere, ma i peccati restano fuori ad accalappiare altri innocenti. Angelo (Gianluigi Fogacci), due volte vittima del destino beffardo, si ritrova, infatti, coinvolto in reati, senza mai averli commessi direttamente. Diversa è la situazione di Kevin (Ermenegildo Marciante) che invece viene arrestato per rapina.

Le drammatiche vicissitudini dei due detenuti, in Intramuros, vengono esaminate durante un seminario di teatro all’interno della casa circondariale, dove Riccardo, il regista, viene invitato da Adele (Valentina Marziale), rappresentante dei servizi sociali, a tenere un corso di recitazione. In aiuto a Riccardo c’è un’attrice, la sua ex moglie (Carlotta Proietti). In scena, dunque, soltanto cinque attori pronti a rappresentare almeno quattro storie, l’una intrecciata all’altra, che coinvolgeranno più di trenta personaggi. Ai lati del palco, a vista, ci sono ci sono vestiti ed elementi che, di volta in volta, saranno utili per veloci travestimenti e per allestire i luoghi dove si svolgono i fatti da simulare. Si passa dalla banca all’ospedale, dal tribunale al supermercato, dal ristorante alla discoteca. Ma si resta sempre chiusi in prigione. Allora, mentre gli attori proseguono la loro recita, e le storie si incrociano e i personaggi si avvicendano, la domanda iniziale torna alla mente degli spettatori: «Che cos’è il teatro? A cosa serve il teatro?».

La risposta più convincente la offre Gianluigi Fogacci che interpreta un personaggio silenzioso, nel quale si addensa una tensione fortissima. Angelo, dopo la seconda condanna, ha smesso di parlare, e con grande ritrosia, e anche con evidente dolore, cede alla tentazione di riaprire un discorso rimasto sospeso quattordici anni prima. Arriva faticosamente a un compromesso con se stesso, soltanto perché vede gli altri che giocano a far teatro, i quali, con l’opportunità della finzione, si rivelano l’un l’altro e a se stessi. Quindi il teatro è un giocare a scoprir le carte? Certamente, ma questo è solo il primo passo previsto dal seminario di Riccardo, perché il gioco continua. Dopo poco si intuisce che è una possibilità per arrivare a individuare la verità. E osservando gli occhi muti di Angelo, i suoi sguardi rivolti al passato, si comprende che il teatro è una terapia per capire i propri dolori, per scoprire i propri errori e anche quelli degli altri (sì, sicuramente, ma dopo di noi!).

La lezione di Alexis Michalik, però, è più profonda. Mentre ci racconta la vita di alcune persone che la gente ignora, ci vuol far capire che anche il palcoscenico è una metafora del carcere, un carcere benefico naturalmente, da cui si può evadere senza commettere reato; è un mondo isolato dove la vita prende la forma più idonea per mostrarsi e conquista la parola più sincera per raccontarsi, e finalmente uscire dalla cinghia delle mura. Il gioco infantile del «facciamo finta che io sia una regina e tu il re» diventa il modo più semplice per ritrovare un equilibrio naturale, rotto dalle ingiustizie e sotterrato dal silenzio. La scrittura teatrale della finzione serve, dunque, a leggere la realtà. E le emozioni che gli attori vivono in scena sono le sensazioni dei personaggi che interpretano. Talvolta, però, come nel caso di Angelo e di Kevin, succede di interpretare se stessi. E le sorprese non mancano.

Di Fogacci, ottimo attore, ho già parlato, ma non ho detto chiaramente che si concede con più intensità durante i lunghi silenzi, sia se sta fronte al pubblico sia se si apparta di lato. La sua invadente innocenza è costante e ossessiva. Carlotta Proietti, alle prese con almeno tre interpretazioni di un certo rilievo (più altre minori), riesce con abilità a trovare un differente equilibrio per ciascun personaggio più nella fisicità che nella parlata, ma ciò le consente di non eccedere in caratteri che qui stonerebbero. Ottima anche la prova di Ermenegildo Marciante, assai convincente, sia come Kevin, dall’inflessione dialettale, sia negli altri ruoli. Il regista di Raffaele Proietti è perfetto, né incarna tanto le stonate velleità attoriali quanto gli improbabili atteggiamenti esibizionistici (a cominciare dal prologo), il suo è un lavoro davvero raffinato. Più genuini e somiglianti, e anche leggermente puerili i personaggi interpretati da Valentina Marziali. La regia di Virginia Acqua rispetta le esigenze del testo, che ha tradotto magistralmente, sostituendo (immagino) la realtà italiana a quella francese descritta dall’autore. (fn)
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Intramuros di Alexis Michalik. Con Carlotta Proietti (Giulia), Gianluigi Fogacci (Angelo), Ermenegildo Marciante (Kevin), Valentina Marziali (Adele), Raffaele Proietti (Riccardo). Scene, Fabiana di Marco. Costumi, Susanna Proietti. Luci, Umile Vainieri. Musiche, Fabio abate. Traduzione e regia di Virginia Acqua. Teatro Sala Umberto, ancora stasera (h. 21.00) e domani (domenica, h. 17.00)

Foto: © Silvia Amoroso / Ag Cubo

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