PATRICK ROSSI GASTALDI:«FACCIAMO FINTA DI…»
Le luci in sala sono ancora accese e la chitarra è già lì, in un angolo del palco, che aspetta di essere abbracciata, attende il suo momento. Grazia Di Michele, lo sappiamo, è una cantautrice e non un’attrice e la chitarra è la sua appendice. Lei è pronta in quinta a sinistra: dalla sedia dove seggo ne intravedo il vestito color fucsia e le mani che gesticolano. Di fronte a lei, dalla parte opposta, a destra, spunta soltanto un paio di scarpe – quelle di Patrick Rossi Gastaldi – non poggiano a terra, ma sulla pedanina di una sedia a rotelle. Si fa buio. Stanno per entrare in scena. Grazia è la prima a presentarsi al pubblico, ma non pensa alla chitarra, è palesemente distratta: deve andare dal suo amico ancora nascosto in quinta, il quale ha già cominciato a prenderla in giro brontolando come «una pentola di fagioli».
Il fascino indiscreto dell’ipocrisia è un progetto di stima e d’amicizia reciproca, per stare insieme e insieme narrare storie che si ascoltano, e che si vedono, e che sono lì, davanti ai nostri occhi, ora affascinati, ora indiscreti, abbastanza sorpresi. Il testo è formato in parte dagli episodi che la Di Michele ha raccolto e pubblicato in un libro: Rose, principi e serpenti (Castelvecchi, 2022). Il volume è composto da una trentina di racconti molto brevi, divertenti e paradossali, fantasiosi al punto che spesso sfiorano l’universo onirico. Durante la performance ne ascoltiamo qualcuno: c’è lo studioso folle che osserva il cielo per rintracciarne i confini; la donna che ha sei dita per mano (e per piede) e mette in atto una sottile vendetta; la bimba che, per il padre, si chiama Quattro di Bastoni, ma per la madre, Regina di Denari; e c’è il bambino che inventa un nuovo linguaggio e che sconcerta il mondo degli adulti, scuola compresa.
«Rose, principi e serpenti – si legge nelle note di copertina – è spazio di vita e di lotta per una lunga serie di personaggi in cerca d’amore». Il fascino indiscreto dell’ipocrisia è esattamente lo stesso spazio, ma ricavato su un palcoscenico, per due amici che consolidano il loro legame mettendosi alla prova giocando. E animano il gioco, prima di tutto, con il loro reciproco affetto. La giostra, in scena, però, la guida Patrick seduto sulla sua sedia. E senza ipocrisia. È lui che conosce i trucchi del mestiere. Dice: «Facciamo finta di… », è il dogma per imparare a capire cosa significa recitare, quell’arte che in francese, in inglese, in tedesco, in russo si traduce con il nostro verbo che indica, appunto, giocare. Confesso che raramente m’è capitato di osservare qualcuno in scena che abbia dato prova tanto convincente di voler giocare come ieri ha dimostrato Patrick. Anche quando ha intonato una vecchia canzone di Barbara, Göttingen: «… Quand ils ne savent rien nous dire // ils restent là à nous sourire …»
«Sai che ti puoi mettere anche di spalle… », suggerisce a Grazia, abituata a cantare sempre rivolta al pubblico. Ma è normale che la sua amica abbia l’abitudine a rivolgersi alla platea, i cantanti vivono di questo rapporto diretto. Meno normale è che l’andazzo stia diventando un pessimo vizio di tanti attor giovani. Invece lui, Patrick, malgrado, la rotazione della sedia non lo agevoli nei movimenti, mantiene con costanza il portamento in scena, secondo gli insegnamenti classici, controllando la posizione, lo sguardo, la spensieratezza del gioco che diventa sempre più vero, anche quando la veletta del lutto della bigotta gli scivola dal capo.
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Il fascino indiscreto dell’ipocrisia, da Grazia Di Michele. Regia Patrick Rossi Gastaldi. Con Grazia di Michele e Patrick Rossi Gastaldi. Teatro Off/Off, stasera ultima recita
Foto: Grazia di Michele e Patrick Rossi Gastaldi (© ???)