UN INELUTTABILE NAUFRAGIO D’AMORE
Nella costruzione della mia intima «biblioteca interna» (rubo l’espressione a Peter Stein), cominciata in maniera del tutto involontaria sin dall’infanzia, alcune opere teatrali hanno col tempo acquisito senso e valore molto più di altre: e non sto ora a spiegare né il per come né il perché. Tra queste ci sono «Natale in casa Cupiello» e «Il giardino dei ciliegi»; e quando ho approfondito lo studio su Cechov, immediatamente mi sono reso conto di quanto Eduardo fosse il più cechoviano dei drammaturghi nostrani e quanto Cechov fosse il più napoletano degli scrittori russi. Le indagini sulla famiglia che i due hanno saputo portare in palcoscenico hanno molti punti in comune. Anche Ibsen e Pirandello, per citare altri nomi eccelsi, hanno analizzato i rapporti familiari, ma il loro modo di accostarsi all’argomento è meno viscerale, oserei dire meno napoletano. Tra russi e partenopei – e non sono io a scoprirlo – ci sono molte affinità emotive e dopo aver visto, con gli occhi velati di lacrime, questo straordinario testo di Andrew Bovell sarei tentato di accostare al binomio, che ormai mi appartiene, anche gli australiani. Ma forse è solo un azzardo dovuto all’emozione della prima ora.