22 dicembre 2024

«Cose che so essere vere» di Andrew Bovell

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
21 dicembre 2024

UN INELUTTABILE NAUFRAGIO D’AMORE

Nella costruzione della mia intima «biblioteca interna» (rubo l’espressione a Peter Stein), cominciata in maniera del tutto involontaria sin dall’infanzia, alcune opere teatrali hanno col tempo acquisito senso e valore molto più di altre: e non sto ora a spiegare né il per come né il perché. Tra queste ci sono «Natale in casa Cupiello» e «Il giardino dei ciliegi»; e quando ho approfondito lo studio su Cechov, immediatamente mi sono reso conto di quanto Eduardo fosse il più cechoviano dei drammaturghi nostrani e quanto Cechov fosse il più napoletano degli scrittori russi. Le indagini sulla famiglia che i due hanno saputo portare in palcoscenico hanno molti punti in comune. Anche Ibsen e Pirandello, per citare altri nomi eccelsi, hanno analizzato i rapporti familiari, ma il loro modo di accostarsi all’argomento è meno viscerale, oserei dire meno napoletano. Tra russi e partenopei – e non sono io a scoprirlo – ci sono molte affinità emotive e dopo aver visto, con gli occhi velati di lacrime, questo straordinario testo di Andrew Bovell sarei tentato di accostare al binomio, che ormai mi appartiene, anche gli australiani. Ma forse è solo un azzardo dovuto all’emozione della prima ora.

Tuttavia, in Cose che so essere vere m’è sembrato, e più di una volta, di ritrovare sia i rapporti simbiotici di Luca Cupiello con la moglie Concetta, sia le atmosfere drammatiche e ineluttabili della famiglia di Ljubov Andreevna. Nella villetta di Hallet Cove, periferia di Adelaide, nel sud dell’Australia, dove si svolge la vicenda, il giardino non manca: non ci sono i ciliegi, ma tra quelle piante, dove una volta si sentiva l’odore pieno di vitalità, ora non restano che fantasmi di un’allegria evaporata, ed è più facile, invece, riscontrarci la fatuità dei pastori del presepe di Luca Cupiello. Quel giardino, dice infatti Fran, «è una scusa per evitare di vivere».

Per ovvie questioni di epoca, più che di latitudine, Bovell sceglie argomentazioni più attuali, assai distanti da quelle care a Eduardo e preferite da Cechov, per far perdere l’equilibrio affettuoso e premuroso, apparentemente disinvolto e benigno di una famiglia borghese che all’improvviso collassa su se stessa, sgretolandosi un pezzo alla volta, prima che le verdi foglie del giardino abbiano il tempo di ingiallire. Una mamma, Fran (Giuliana De Sio, mai vista così brava), che ha dedicato la vita a crescere i figli (ne ha quattro), cercando di avere pronta la soluzione a qualunque problema, sempre troppo presente ed eccessivamente solerte, continua a non mutare atteggiamento nei confronti di chi ora ha a che fare con le difficoltà della vita, con le scoperte e le amarezze che questa riserva. L’autore racconta il dramma attraverso gli occhi della più giovane e la meno coinvolta, Rosie (Giordana Faggiano), la quale, di ritorno da un viaggio in Europa, si ritrova suo malgrado di fronte alla famiglia «scoppiata». I suoi fratelli, che ormai vivono tutti fuori casa, portano tra le mura avite le loro esperienze, le proprie delusioni, cosicché ciascuno mette a dura prova la stabilità di quei valori con i quali è stato educato. Ma il presepe, come insegna Luca Cupiello, è fatto di cartapesta e ogni colpo provoca uno squarcio irreparabile.

A contemplare lo sfacelo casalingo è l’apatia coatta di Bob (straordinario Valerio Binasco in una trasformazione che conferma le sue eccellenti doti), marito in pensione, dedito alla cura del giardino, incapace finanche di preparare un caffè, perché in casa ha pensato sempre la moglie a far ogni cosa, anche e soprattutto a parlare, a decidere e talvolta a sbagliare, sì, se lei stessa ammette, in un momento di distrazione, che il marito avrebbe dovuto essere più duro con lei. Il protagonista costruisce un personaggio, che spesso trova le espressioni migliori nella mimica, il quale sposa perfettamente il carattere esuberante della moglie: lei, tipica matriarca del sud (evidentemente anche l’Australia soffre dell’egemonia delle mamme meridionali!), egocentrica e onnipresente, che tutto sa fare e a tutto pensa e provvede; lui, costantemente in disparte, spesso inascoltato, prende parola soltanto in poche occasioni, tirando fuori tutte le sue insicurezze, frutto di un accumulo di rinunce.

Se Binasco attore è da lodare, Binasco regista lo è forse ancor di più. Il suo lavoro sulla recitazione di tutti è evidente e convincente, ed è il risultato di un attento cesello su ogni battuta. Il punto di forza della regia – non ho dubbi – è la scelta azzeccatissima di Giuliana De Sio nel ruolo di Fran, la quale, nonostante si trovi nella parte più bassa dell’emisfero australe, fa sentire quelle accensioni materne, affettuose e indisciplinate, del nostro meridione. Soltanto un appunto al regista: si ha l’impressione che troppo spazio abbia dedicato ai soliloqui che i personaggi, di volta in volta, vengono a esporre in proscenio, facendo cadere la tensione che s’era creata in scena. Di grande effetto, invece, la declamazione della lettera scritta e letta dalla figlia più grande (intensa Stefania Medri) alla madre. Commovente. Assai curiosa e innovativa la scena girevole di Nicolas Bovey: una cucina moderna e attrezzatissima che s’affaccia sul giardino, dove nemmeno l’amore riesce a salvaguardare gli affetti più cari. La famiglia di Bob, come quella partenopea di Luca Cupiello, e come quella russa di Liubov, vive d’amore, amore vero, ma nessuno sa trovare le parole adatte per evitare il naufragio. (fn)
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Cose che so essere vere (Things I know to be true), di Andrew Bovell. Traduzione di Micol Jalla. Scene e luci di Nicolas Bovey. Costumi di Alessio Rosati. Suono di Filippo Conti. Video e pittura di Simone Rosset. Con Valerio Binasco (Bob), Giuliana De Sio (sua moglie Fran), Fabrizio Costella (Ben), Giovanni Drago (Mark), Giordana Faggiano (Rosie), Stefania Medri (Pip). Regia Valerio Binasco. Produzione: Teatro Stabile Torino (Teatro Nazionale), Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile del Veneto (Teatro Nazionale). Al teatro Ambra Jovinelli, oggi ultima recita (h. 17)

Foto: Fabrizio Costella, Giordana Faggiano, Valerio Binasco e Giuliana De Sio (© Virginia Mingolla)

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