E QUANDO MENO TE L’ASPETTI, ARRIVA IL REDPILLATO
La nota di presentazione dichiara: «Approda a Roma al Teatro Biblioteca Quarticciolo il 5 dicembre, nell’ambito dei Premi Tuttoteatro.com, Amore cointestato – La corazza emotiva – Primo movimento, uno spettacolo redpillato e multimediale di Enoch Marrella, prodotto da Tuttoteatro.com». E inoltre: «Spettacolo sovratitolato per le persone sorde e ipoudenti». Dunque, una rappresentazione piena di iniziative. E non è finita: tra i crediti si legge anche che ci sono un artwork, un sound design e un visual designer.
Chiedo scusa in anticipo se questa paginetta scritta a notte fonda potrebbe dare l’impressione di uno svolazzo irridente e irriverente, quindi, mi preme subito chiarire che invece ammiro e porto rispetto per l’enorme difficile mole di lavoro che soprattutto l’autore (nonché interprete e regista) ha affrontato con i suoi collaboratori per realizzare un allestimento tecnologicamente all’avanguardia. Confesso di non aver mai assistito a «uno spettacolo redpillato e multimediale», né mi aspettavo di poterne beneficiare senza preavviso, e confesso pure di aver sempre partecipato (oltre 30 anni fa) a grandi produzioni con registi, scenografi, costumisti, musicisti, elettricisti, datori luci, macchinisti, attrezzisti, e potrei continuare l’elenco citando tutte le maestranze ricorrendo, però, esclusivamente al tradizionale vocabolario italiano, che oltre a chiarire meglio i ruoli delle persone impegnate in uno spettacolo, per una strana e irrazionale coincidenza, corrispondeva (all’epoca) anche una più percettibile empatia tra palcoscenico e pubblico.
C’è poco da fare: ci si può sbizzarrire quanto si vuole per trovare corrispettivi anglofoni alla nomenclatura classica dei collaboratori, ma se poi in palcoscenico il pathos (parola greca, figlia di quella terra dov’è nato il teatro) viene risucchiato dall’innovativa apparecchiatura multimediale e non scende in platea, ogni encomiabile sforzo diventa vano. Il teatro si fa in due e l’attore e il regista, insieme, con tutti gli altri, devono costruire il rapporto sensibile con il pubblico: se l’interprete dialoga con l’intelligenza artificiale, a me, spettatore amante di Shakespeare, non mi coinvolge neanche un po’, anzi mi esclude da un «sistema» ormai consolidato da circa duemila cinquecento anni, che non è poco, e non è mai stato né multimediale, né tantomeno redpillato.
Le energie del personaggio che interpreta Enoch Marrella, un marito sfortunato, sono impegnate su due fronti che assorbono soltanto, senza restituire nulla: in effetti, mettono a segno un furto ai danni dello spettatore, rubando tutto quel che Marrella vorrebbe proporre con la sua recita. Il primo fronte è uno schermo dove l’immagine di un vate, dal severo autocontrollo, risponde imperturbabile a ogni sfogo del protagonista senza mai offrirgli né soddisfazione né contrarietà. Il secondo è una donna in carne e ossa, una moglie, (Giulia Salvarani) che non vuole avere alcuna relazione con suo marito: ossia, assume un atteggiamento che dovrebbe impegnare il regista a trovare la soluzione adatta per figurare al meglio un non-rapporto.
Foto: Enoch Marrella con Giulia Salvarani (© ???)