29 maggio 2025

«Masaniello», di Elvio Porta e Armando Pugliese

Napoli, Cortile d’Onore di Palazzo Reale
27 maggio 2025

LA RIVOLTA DI TOMMASO ANIELLO A PALAZZO REALE. IMPRESA EROICA!

Dopo mezzo secolo, riecco il Masaniello di Armando Pugliese. A quasi un anno dalla scomparsa del regista napoletano, forse il più incompreso genio teatrale italiano del Novecento, Bruno Garofalo, che all’epoca curò la scenografia, rende omaggio all’amico con il quale collaborò per innumerevoli progetti, riallestendo lo spettacolo che lo rese celebre sin dal 1974, quando, con Elvio Porta, autore, e Silvia Polidori per i costumi (il tributo si estende anche a loro), diede vita alle imprevedibili gesta rivoltose del pescatore di piazza Mercato. Cinquantuno anni fa lo spettacolo debuttò a Napoli, proprio nello spiazzo antistante la basilica dedicata alla Madonna del Carmine, adiacente a quel monastero dove il 16 luglio 1647 Masaniello, sorpreso nel sonno, fu sparato da un colpo di archibugio, e la sua testa mozzata fu poi esposta nella piazza. Oggi la cornice è cambiata e alla vastità dello slargo abbascio ‘o Mercato s’è preferito il più raccolto Cortile d’Onore di Palazzo Reale, sgombro dagli echi entusiastici per i festeggiamenti del quarto tricolore azzurro che in questi giorni hanno riempito l’attiguo emiciclo del Plebiscito.

22 maggio 2025

«La gatta sul tetto che scotta», di Tennessee Williams

Roma, Teatro Vascello
21 maggio 2025

SORSI DI MORTE IN MILLE BOTTIGLIE DI WHISKY

Leonardo Lidi, in un’intervista pubblicata sul programma di sala, lancia una giusta provocazione: «Ho visto molte rappresentazioni della Gatta sul tetto che scotta, ma nessuna mi ha reso felice. Al contrario, mi hanno fatto arrabbiare … Adesso vendicherò io questo testo». Quindi – provocazione per provocazione – mi sento in diritto di poter affermare che la cosa migliore di questa edizione diretta dal regista arrabbiato è il programma di sala distribuito a pochi eletti. Interessantissimo. Un libricino da leggere attentamente per comprendere tutte le motivazioni che hanno spinto Lidi a mettere in scena l’opera di Tennessee Williams. Nelle sue parole c’è logica d’intenti, c’è ordine nei pensieri, e soprattutto si mette a fuoco la continuità artistica che ha portato il regista dello Stabile torinese a passare dalla trilogia sulla disgregazione della famiglia aristocratica fotografata da Cechov a quella tradizionale borghese rivisitata dallo scrittore americano.

16 maggio 2025

«Come nei giorni migliori», di Diego Pleuteri

Roma, Teatro India
15 maggio 2025

SANT’AGOSTINO: «AMA E FA CIÒ CHE VUOI»
MA IN TEATRO DIVERTITI

Evidentemente la liberazione dell’omosessualità dev’essere stata raggiunta, se ora c’è chi la racconta quasi come un tormentone frenetico e quotidiano, giocoso al limite del ridicolo, come le coppie etero che si amano, litigano, si lasciano e si riabbracciano nell’arco di poche ore. Evidentemente non siamo tutti così arretrati e omofobi, come ancora sostiene qualcuno, se Diego Pleuteri, giovanissimo autore, sente la necessità di dar vita a una crepitante scaramuccia, odi et amo, tra due sentimenti potenti e opposti che convivono con naturalezza nello stesso individuo: laddove l’odio, ovviamente, è di natura amorosa di catulliana memoria. Un odio tenerissimo che trapela da uno dei due personaggi senza nome di Come nei giorni migliori, testo che mette a confronto due visioni dell’amore: c’è chi cerca l’unione e chi tenta di difendere la propria libertà minacciata dal sentimento esploso all’improvviso per l’amico appena conosciuto.

15 maggio 2025

«Felicissima jurnata», di Emanuele D’Errico

Roma, Teatro Vascello
14 maggio 2025

LINA COME WINNIE: INTERRATA FIN SOPRA ALLA VITA

«Felicissima sera a tutte ‘sti signure ‘ncravattate…», cantava Mario Merola. Il titolo dell’opera di Emanuele D’Errico sembra strizzar l’occhio ai primi versi del famoso brano che Libero Bovio dedicò allo zappatore, invece, le origini di Felicissima jurnata appartengono a tutt’altro pianeta: è infatti la traduzione in napoletano di Giorni felici di Beckett, dramma in cui, «interrata fin sopra alla vita, esattamente al centro del monticello, c’è Winnie», si legge nella didascalia del premio Nobel. «Dietro di lei, alla sua destra, ma nascosto dal monticello, Willie dorme sdraiato per terra», è scritto ancora tra le indicazioni d’apertura che introducono i due personaggi che lo scrittore irlandese crea per fotografare la sua negativa visione dell’esistenza. Tuttavia, Winnie e Willie sono anche creature, certamente ridicole, che tentano di sopravvivere alla noia e di proseguire col sorriso il loro cammino insieme, eppure, per lei, è impossibile muoversi, bloccata com’è «fin sopra alla vita».

14 maggio 2025

«Ritorno a casa» di Harold Pinter

Roma, Teatro Argentina
13 maggio 2025

COME UNA MANTIDE, RUTH DIVORA I SUOI UOMINI

Il ritratto della famiglia è stato, nel teatro del Novecento, argomento tra i più battuti e dibattuti. Harold Pinter, per riuscire a sgretolare i classici schemi, sceglie un nucleo sciolto dalla figura materna, dalla brava mogliettina che mantiene le redini comportamentali e morali, e in The homecoming, abbandona la conduzione della casa nelle mani di Max, vedovo con tre figli e un fratello. Subito, ad apertura di sipario, la sciatteria più del disordine, l’arredamento liso più del contorno (la scena è di Maurizio Balò) che invece appare sontuoso seppur vetusto, la cialtroneria della posizione di Lenny disteso sulla greppina e l’indolenza della camminata di Max, vestito senza alcuna decenza (di Gianluca Sbicca i costumi), danno l’impressione che l’andazzo in casa è piuttosto lassista, al limite del dissoluto. Infatti, un attimo dopo, l’anziano genitore, cresciuto a «ceppo e mannaia» nella macelleria del padre, per rimproverare il figlio, gli getta addosso il contenuto di un posacenere che resterà in terra, senza che qualcuno si preoccupi di ripulire.

12 maggio 2025

I vincitori del Festival inDivenire 2025

Roma, Spazio Diamante
11 maggio 2025

ELOGIO DI RICCARDO CACACE

«Facciamo teatro per fuggire dall’inferno», ha detto in chiusura di serata Massimo Popolizio, invitato d’onore alla premiazione della VI edizione del Festival inDivenire (ideato da Alessandro Longobardi) che s’è svolta ieri sera allo Spazio Diamante. L’inferno è sempre lì fuori che ci aspetta: è la vita reale piena di ostacoli e turbamenti, mentre, all’interno della Sala Black del teatro di via Prenestina, la gioiosa festa s’è consumata troppo in fretta. Talmente in fretta da lasciare un velo di nostalgia sugli occhi di tutti i partecipanti che avevano affollato la platea in attesa di sapere quali fossero i responsi dei giurati che hanno osservato i 15 studi presentati in otto giorni. Soltanto la compagnia Remuda teatro ha dato forfait dopo essere stata scelta tra i magnifici sedici, su quasi 80 progetti passati al vaglio nei mesi scorsi.

11 maggio 2025

«La denuncia», di Ivan Cotroneo

Roma, Teatro Belli
10 maggio 2025

UN «PASTICCIACCIO BRUTTO» FIGLIO DEL NOSTRO TEMPO

Ivan Cotroneo, che sa scrivere per il palcoscenico come pochi altri autori contemporanei, sceglie per La denuncia un tema attualissimo e scottante, ossia l’inganno, quello peggiore, strettamente legato al ricatto e alla consapevolezza di poter approfittare dell’immediata protezione sociale che una donna, per di più minorenne, gode nei confronti di un adulto. Un tipico «pasticciaccio brutto» figlio del nostro tempo. All’inizio sembra di assistere a un autentico processo: imputato e parte lesa sono di fronte al giudice più severo, il pubblico, ossia il popolo, colui che oggi, grazie ai social, emette sentenze drastiche senza conoscere né cause né effetti, senza prove e talvolta senza nemmeno accuse appropriate. Eppure al tribunale di massa è sufficiente il presagio di un indizio per mandare al rogo immediatamente il presunto autore di una presunta violenza. In questi anni sono accadute tante – troppe – violenze di genere e giustamente i carnefici vanno individuati e puniti, ma – si chiede evidentemente Cotroneo – tutti i casi di violenza denunciati alle autorità sono davvero frutto di una realtà tanto agghiacciante, oppure ci sono episodi che dovrebbero essere osservati con maggior attenzione e scevri da pregiudizi?

07 maggio 2025

«La banalità dell’amore» di Savyon Liebrecht

Roma, Teatro India
6 maggio 2025

HANNAH E MARTIN TRAVOLTI DA UN INSOLITO DESTINO

Chi vive nel male non si rende conto di vivere all’inferno, così come – all’opposto – chi vive nell’amore non si rende conto di vivere in uno stato grazia. Sono le due facce della stessa medaglia che Savyon Liebrecht mette insieme in un testo per il palcoscenico, del 2007, dedicato ad Hannah Arendt, «teorica della politica» (come lei stessa si definisce) vissuta in Germania nella prima metà del Novecento, vittima delle leggi razziali naziste, fuggì prima in Francia e poi negli Stati Uniti, per le sue origini ebraiche. Nel 1961 la Arendt, inviata per il New Yorker, seguì il processo Eichmann a Gerusalemme, e successivamente raccolse gli articoli in un libro dal titolo ormai famoso, «La banalità del male», in cui si evince che i crimini attuati dalle SS furono azioni commesse da persone assorbite da una realtà malata e incapaci di pensare; quindi, non in grado di valutare l’orrore che stavano perpetrando. «Non era stupido – scrive la Arendt di Eichmann, ascoltando la sua deposizione – era semplicemente senza idee (una cosa molto diversa dalla stupidità), e tale mancanza di idee ne faceva un individuo predisposto a divenire un criminale». Teoria che le fece comprendere quanto banali fossero le motivazioni di quel male.

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