VENTOTTO PERSONAGGI CON LA STESSA VOCE E UN INUTILE MICROFONO
Non faccio a tempo a uscire da un teatro, dove mi lamento della locandina, per entrare in un altro che invece contrappone un capolavoro del marketing. Non vorrei sembrare ripetitivo, ma l’importanza della locandina è determinante: non certo per la buona riuscita di uno spettacolo, ma per predisporre l’animo dello spettatore, per incuriosirlo, per allettarlo, per consolarlo e a volte anche per adescarlo: com’è successo per questo Candido che non ha nulla né di Voltaire né di G. B. Shaw che ne scrisse una famosa versione al femminile. Il personaggio interpretato da Michele Savoia conserva il carattere gaio, innocente, fresco di genuinità, ma non pretende di emulare il suo omonimo predecessore. Il richiamo in locandina si espande con varie voci: la prima è «… e altri 28 personaggi», e poi «produzione musicale», ma soprattutto quando leggo «coreografie» la mia curiosità prende il sopravvento. In scena è annunciato un solo attore, a me sconosciuto, dall’aspetto assai giovanile: sarebbe davvero un peccato – penso – perdersi un simile talento, uno che balla, canta e capace di interpretare circa trenta personaggi. Mica è poco!
Decido quindi di recarmi, anche se all’ultima replica, allo spettacolo che ha inaugurato la lunga maratona stagionale dello Spazio Diamante. Mal m’incolse! Già una bandiera arcobaleno, adagiata su una sedia in proscenio, mi ha insospettito. Perché? Mi chiedo. Che bisogno c’è? E me lo chiedo con una certa intima delusione: occorre, dunque, dichiararsi ufficialmente a favore della pace per far capire agli altri che non si sta dalla parte della guerra, della ferocia, della morte? Se non porto con me un vessillo, che testimonia la mia fratellanza, potrei quindi essere scambiato per un animo belligerante? Mi auguravo che la bandiera facesse almeno parte della recita. No. Soltanto una vistosa macchia colorata che con lo spettacolo non c’entra nulla. Tuttavia la libertà di espressione resta valore inattaccabile: anche quella di Michele Savoia che si presenta al pubblico in abito scuro per cantare e ballare, accennando anche qualche passo di tip tap. Alla Fred Astaire? No, alla Michele Savoia, con il papillon arcobaleno che troppo presto vien gettato in quinta. Quindi l’attore in scena si spoglia del vestito elegante per indossare pantaloni larghi e maglietta con un paio di scarpe da ginnastica rosse.
E qui comincia il prologo sulla spiegazione di un desiderio: Candido vuole fare l’attore. Benissimo. Tutti ne hanno diritto. Anche lui. Poi, però, occorre dimostrarlo. Che al giorno d’oggi si preferisca cantare con il microfono, passi per via della musica amplificata che potrebbe coprire qualche tono; se cantando si balla pure, allora il microfono è perfino giustificato per via di quei fiati che potrebbero uscire spenti a causa dell’affanno, ma quando un attore recita in una sala di proporzioni utili a contenere una cinquantina di persone, non di più, allora il microfono diventa un deterrente alla dimostrazione. E qui le responsabilità di Candido diventano quelle di Savoia, l’interprete. Se penso di essere un attore dovrei essere in grado di farmi sentire, almeno per quanto riguarda la recitazione, da un’esigua platea, altrimenti dimostro l’esatto contrario. Se ho studiato da attore dovrei saper usare il diaframma, dovrei saper timbrare le parole in modo da farle arrivare nitide e intere fino all’ultima fila. Insomma, se ho studiato da attore dovrei possedere quel bagaglio tecnico che in teatro è indispensabile per coinvolgere il pubblico con la mia voce dal vivo e non con quella falsata da un altoparlante. Questione anche di orgoglio, credo! Viceversa se in condizioni così vantaggiose sento la necessità di dover usare un microfono allora potrei lasciare una cattiva impressione.
Candido narra l’esperienza, scritta a quattro mani da Tobia Rossi ed Eleonora Beddini, in prima persona, di un giovane attore che s’appresta a sostenere un provino per ottenere la parte in un film. Durante l’avventura s’imbatte in una serie di personaggi ai quali presta la sua fisicità e la sua voce, ma nonostante qualche goffo tentativo di modificare gestualità e tonalità resta sempre lui, Michele Savoia, con un archetto che gli deturpa inutilmente il viso. E non si capisce il motivo per il quale un attore – che in camerino dovrebbe trovare, davanti allo specchio, nella quiete che precede l’interpretazione, la perfetta espressione che lo guiderà per 90 minuti – preferisce sentirsi una macchia sul viso che con i personaggi non c’entra nulla.
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Candido di Tobia Rossi ed Eleonora Beddini. Diretto e interpretato da Michele Savoia. Disegno audio e luci, Vito Di Leo. Produzione musicale, Davide Dadamo. Coreografie, Marco Valentino. Produzione: ProEnergy. Allo Spazio Diamante, (sabato 4/10, ultima replica)
Foto: Michele Savoia (© ???)