‘E FIGLIE SE ‘MPARANO CU LLUOCCHIE!
La stagione teatrale è appena cominciata ed è già un continuo rincorrere l’ultima replica degli spettacoli in programma per cercare di non rimanere indietro con le visioni. Il teatro, che una volta era molto faticoso per attori e tecnici, quando le compagnie attraversano l’Italia in lungo e in largo e i debutti si susseguivano ogni giorno, talvolta senza nemmeno la pausa del riposo, ora che le tournée sono in ribasso, diventa un’ardua impresa più per l’assiduo spettatore stakanovista che per gli addetti ai lavori. Il Teatro di Roma, propone, in apertura all’India, Supernova, scritto e diretto da Mario De Masi, con un cast di tre bravi attori e una eccellente drammatica danzatrice e coreografa di origine russa, Lia Guisein-Zadé. Occorre partire dal titolo per capire il ciclo evolutivo della «follia» di un autore partenopeo che vede il nucleo, affettivo e carcerario, della famiglia girare intorno alla figura materna che paragona all’effetto cosmico più possente e splendente. «La supernova – sintetizza la nota riportata sul programma – è un’esplosione stellare provocata da una stella che ne ingloba un’altra più piccola, dando luogo a una reazione violentissima e luminosissima che dura per un certo tempo. La materia prodotta dall’esplosione si disperde nell’universo dando vita a nuove stelle, mentre il nucleo collassa su sé stesso e crea un buco nero».
De Masi ha una visione della madre alquanto ossessiva ma anche poetica, soprattutto perché, come una stella, essa riluce nel cielo come un punto fisso con forza centripeta. Senza bisogno di parlare mantiene stretto il cordone che unisce la famiglia. Lei è il cardine intorno al quale girano i tre figli (Italo, Massimo e Christopher) che la amano come una Madonna e la detestano come un’aguzzina, ma comunque la preservano da qualunque pericolo. Lei è il cuore della vicenda. Lei è causa e soluzione del dramma dei figli che non riescono a sciogliersi e a trovare la giusta indipendenza. E la potenza del suo imperio che si esprime non a parole, ma con il linguaggio del corpo, e che a volte esplode in gesti violentissimi, è una tipica attitudine che soltanto un antico detto popolare riesce a condensare con sapienza rurale: ‘e figlie se ‘mparano cu ll’uocchie (i figli si educano con lo sguardo). Forse la mamma è malata, forse gioca a far la malata per evitare dispersioni di materia (i figli sono la sua materia) quella con la quale si nutre succhiandone l’esistenza. Insomma, nella complessità di una supernova, De Masi ci legge tutto il carattere fermo e risoluto di una matriarca del nostro Sud che, proprio negli affetti più caldi, agisce sempre con violenza.
Il padre non è presente in scena – un’assenza tanto simbolica, quanto realistica – ma viene riesumato come materia cosmica già dispersa, per rivangare il passato e raccontare come andarono i fatti quando fu colto da infarto fulminante. È l’unico momento in cui i tre figli tentano nel dolore di protestare contro il comportamento materno. Arrivano perfino ad insultarla. Le loro reazioni, nel sentirsi improvvisamente adulti e caricati di nuove responsabilità, sono molto differenti. Massimo (Fiorenzo Madonna) si eclissa per dar consistenza ai suoi studi astronomici, Italo (Alessandro Gioia) si erge a capofamiglia e Christopher (Antonio Stoccuto) si adatta a badante della mamma. È il ritorno di Massimo che sancisce la sconfitta di tutti e tre, e la vittoria di una madre che può morire soddisfatta per non aver lasciato mai liberi i suoi figli.
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Supernova, scritto e diretto da Mario De Masi. Con Alessandro Gioia (Italo), Fiorenzo Madonna (Massimo), Antonio Stoccuto (Christopher), Lia Guisein-Zadé (la mamma). Luci, Desideria Angeloni. Disegno sonoro, Alessandro Francese. Costumi, Diana Magri. Produzione, I Pesci. Al teatro India, ultima replica
Foto: Fiorenzo Madonna, Alessandro Gioia, Antonio Stoccuto e Lia Guisein-Zadé (© Tommaso Vitiello)