PER AGGIRARE LA CENSURA MEGLIO IL FURTO COL SORRISO
Blonde crazy del 1931 non è soltanto una «bionda pazza», ma una deliziosa mademoiselle (Anne) astuta, intelligente, simpatica, onesta malgrado si accompagni a un ragazzaccio scapestrato (Bert), abilissimo nel recuperare cinquemila dollari in un pomeriggio, ma incapace di afferrare il momento propizio per dichiarare il suo sentimento alla bionda. Lui è James Cagney, cameriere d’albergo con velleità di truffatore, lei è Joan Blondell, bionda di nome (nome d’arte, naturalmente) e di fatto. L’azione si svolge sempre nell’albergo principale delle varie città dove i protagonisti agiscono per mettere a segno i loro colpi truffaldini ai danni dei malcapitati. Quando però si ritrovano di fronte a un furfante di professione le cose cambiano. Costui, Dan, un elegantissimo Louis Calhern, con cappello a cilindro e altra bionda al seguito (sono gli anni in cui Jean Harlow impazza), con la scusa di voler addestrare l’ex bell-boy ancora alle prime armi, lo ripulisce di tutti i suoi risparmi. Bert è un imbroglione volenteroso, ma anche troppo impegnato a corteggiare le bionde, e si lascia facilmente abbindolare. Anne, invece, da integerrima mademoiselle, va con prudenza trasformandosi in arguta socia d’affari (loschi), sfoderando anche un codice etico di tutto rispetto: truffare sì, ma rubare mai! E visto che ora il suo amico si trova in difficoltà organizza lei, per lui, una vendetta ai danni di Dan coi controfiocchi. È bionda, sì, ma anche pazza, e pazza nel senso migliore, per cui capisce che fare gli occhi dolci a un astuto vegliardo sarà l’arma migliore per farlo abboccare all’amo.
Il film (in Italia col titolo «La bionda e l’avventuriero») procede svelto e sempre con ritmo incalzante, pieno di colpi scena, fino al termine quando finalmente i due furfanti si dichiarano il loro amore. E non fa niente che lui al momento si trovi in carcere. Visivamente è molto interessante la sequenza completamente muta, a pellicole sovrapposte, nella quale Bert, contando le banconote, frutto di un «affare» andato in porto, sembra entrato in una nube di sogno e già immagina come spendere tutto quel denaro: in viaggi, in champagne, in divertimenti, in amore. Come erano teneri e casti i desideri di una volta!
L’uscita di «Blonde crazy» è di un anno precedente a «Trouble in paradise» (visto nella stessa rassegna il 2 aprile scorso): anche qui ci troviamo di fronte a due affascianti bari, due simpatiche canaglie che privilegiano gli alberghi di lusso per rapinare i clienti di passaggio. Il furto o la truffa, che il codice Hays metteva all’indice, sono affrontati come uno scherzo da ragazzi, un’esibizione giocosa priva di ogni tensione determinata dal pericolo. I protagonisti quando agiscono sfoderano sempre un sorriso smagliante che infonde una sicumera addirittura gioviale. Viene il sospetto che, per raggirare la censura, la regia di Roy Del Ruth abbia imposto questo escamotage affinché si avesse l’impressione di una innocente marachella anziché di un’operazione illecita. Soltanto così si giustifica il mancato intervento, anche negli anni successivi, della mannaia censoria che avrebbe dovuto ritirare l’intera pellicola dalle sale.
Foto: Joan Blondell con James Cagney