08 febbraio 2024

«Roma Banco 24» di G. Silvestri

Roma, Teatro de’ Servi
7 febbraio 2024

IL GRIDO DI RABBIA DI LOREDANA

Commedia assai realistica quella scritta da Gabriella Silvestri. Un dialogo che denuncia uno spaccato cruciale nell’inferno della nostra società bassa, tra Loredana, sulla cinquantina, e sua figlia Karida, la sera prima del suo diciassettesimo compleanno. Il confronto si svolge all’interno di un appartamento di borgata, a Roma. C’è una gran confusione in sala. Oltre al divano e al tavolo da pranzo, c’è uno stendino aperto con i panni stesi e l’asse da stiro pronto all’uso. È il disordine tipico di chi s’affanna con il lavoro e non ha tempo di badare alla casa. Karida, al cellulare, organizza con qualcuno la festa per il giorno successivo. È abbastanza spensierata, gioiosa, forse innamorata; certamente lontana dal peso dei pensieri che si porta dietro sua madre.

La donna lavora al mercato rionale, al Banco 24, dove prepara panini con la porchetta, un’attività che ha ereditato dal padre della ragazza, un egiziano fuggito in patria poco dopo la nascita della figlia. Un uomo che cominciò a corteggiarla sin da quando lei batteva il marciapiede; un cliente fisso, bello ma bugiardo. Madre e figlia mostrano grande disinvoltura nell’affrontare il delicato discorso sul passato di Loredana, prostituta ad appena 14 anni, messa fuori casa dalla madre e poi riaccolta solo perché determinante al sostentamento della famiglia. Nella serenità del dialogo, però, si percepisce un’angoscia che – lo scopriremo poi – fa parte del presente.

Il racconto della donna è condito da profonda tenerezza nei riguardi di Karida, una premura materna quasi commovente. Loredana è riuscita negli anni ad addolcire l’inaudito suo passato al vaglio della figlia, narrandole che, all’epoca, grazie al copioso guadagno conquistato sul marciapiede, il padre poteva andare a bere in trattoria, e la madre risparmiava per comprarsi una collana d’oro che avrebbe indossata nella bara. La descrizione della nonna di Karida è raccapricciante, e ricorda molto la vicenda delle baby squillo dei Parioli che nel 2013 riempì le pagine di cronaca di tutti i quotidiani, non solo perché tra i clienti delle due quindicenni figuravano uomini d’affari ed esponenti politici, ma soprattutto per il ruolo attivo delle madri delle ragazze: un’inquietante rivelazione che portò all’arresto di una delle due donne sia perché al corrente dell’attività di prostituzione della figlia quattordicenne, sia perché percepiva parte dei profitti. E, pur se in un contesto sociale ben diverso, il personaggio della madre di Loredana è stato dipinto sull’esempio preso dalle cronache romane.

Quando poi Karida tenta di contrastare i principi di sua madre che vede la prostituzione come un’esperienza che le ha dato la possibilità di poter vivere discretamente, Loredana risponde che non è tutto sporco quel che sembra e sottintende che ci sia qualcosa di ancora più nero: il suo, quello di una volta, è il lavoro più antico del mondo, dice; nessuno lo ha mai fermato; è un lavoro socialmente utile. Ci ride e ci scherza sul suo passato per sdrammatizzare il presente.

La sensibilità dell’autrice vien fuori dal fatto che mai giudica, né tantomeno condanna, l’immoralità della professione (che fu anche della signora Warren), ma vede, con occhio lucido e distaccato, esclusivamente il lato pratico. Ora che Loredana svolge un’attività lecita e morale non guadagna abbastanza da poter estinguere un debito nascosto, nato per dover riscattare il Banco 24. «E non potevi rivolgerti alla banca?», chiede Karida, venendo a sapere l’angosciosa realtà. In questa domanda si concentra il dramma sociale di Loredana (e certamente non solo il suo). La Silvestri costruisce un contesto molto efficace, tanto che con appena quattro parole apre una voragine sull’inadeguatezza del nostro sistema economico. Se i prestiti bancari fossero più accessibili ci sarebbero meno usurai e probabilmente Loredana (e quelle come lei) non avrebbe mai più pensato di poter tornare a esercitare il mestiere più antico del mondo, l’unico che le permetterà di guadagnare (a nero) la cifra che la renderebbe libera.

«Roma, banco 24» è lo spietato ritratto di un circolo vizioso, formato dal classico uroboro che si morde la coda. È uno squarcio pasoliniano sul male oscuro della nostra società sempre più moralista, e sempre più impegnata a puntare il dito sul lerciume in superficie che nasconde un pericolo assai più grave. È un grido di rabbia di chi conosce la realtà di una vita nascosta.

La Silvestri attrice mostra una disinvolta padronanza della scena; è una donna di casa pratica oltre che una madre carezzevole; agile nel dribblare l’eccessivo (ma voluto) mobilio casalingo. Usa una lingua popolare e casareccia che mastica con la dolcezza della veracità romana. Più ingenua nella recitazione, Valentina Marziali che a volte scivola nel lezioso. La regia di Federico Vigorito risente di una generale eccessiva illuminazione. Il palcoscenico de’ Servi è piccolo e basta pochissimo per abbagliarlo. (fn)
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Roma Banco 24 di Gabriella Silvestri, con Gabriella Silvestri (Loredana) e Valentina Marziali (Karida, sua figlia). Scene e costumi, Area5lab. Regia di Federico Vigorito

Foto © Denise Prandini

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