27 gennaio 2025

«Lo stato delle cose (2)» di Massimiliano Bruno & C.

Roma, Teatro Parioli
25 gennaio 2025

ERRARE HUMANUM EST, PERSEVERARE AUTEM DIABOLICUM

Già il titolo, ampiamente abusato, è un’indicazione precisa. Si sa che non c’entra il film di Wenders, si capisce che non è il libro di Ford, s’intuisce che non ha nulla a che fare con la trasmissione di Giletti, ma l’unico riferimento resta, per Massimiliano Bruno, ideatore del carosello, la citazione di se stesso. Infatti, lo spettacolo (o quel che sembra) è un remake, finto teatrale, finto televisivo, della prima serie andata in scena nel 2003. Così nasce la seconda parte de Lo stato delle cose, una carrellata senza lode di quel misero modo di far avanspettacolo, scimmiottando il più banale esempio televisivo. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, dicevano i saggi. Eppure Bruno non si tira indietro e con coraggio e determinazione, per regalare soddisfazione agli allievi della sua scuola di teatro, lui, il maestro, offre loro l’opportunità di esibirsi in ribalta davanti a una platea costituta per lo più da amici e parenti. Gli attori sono una trentina, forse più, quindi non è poi così difficile riempire la sala e consolarsi con gli applausi.

Ma veniamo al fatto. Anzi, al fattaccio, che, se lo sapesse Giletti, ne farebbe una bella puntata investigativa per rintracciare il colpevole. Ma noi, dopo aver assistito a una sola replica, abbiamo subito individuato il responsabile, il quale, pur avendo relegato ufficialmente quasi tutto ad altri, ha lasciato impronte dappertutto che lo incastrano senza possibilità d’ammenda. Eppure, Bruno apre con un prologo intelligente, facendo ben sperare: il nuovo patron del Parioli viene rapito da tre ragazze che lo tengono in ostaggio, incappucciato, legato e imbavagliato, fino a minacciarlo, per poter far teatro. Ora, dico (sposando la finzione scenica), care ragazze, arrivare a macchiarsi la fedina penale per far teatro, non ne vale la pena, nemmeno fosse con Strehler o con Peter Brook! Tuttavia, la vittima cede ai ricatti esprimendo la propria diffidenza sul mondo teatrale di oggi che si attiva soltanto per interessi economici. Bruno illustra benissimo quali sono i sacrifici ai quali, ciascuna di loro, dovrebbe immolarsi per riuscire ad avere notorietà, lavoro costante e anche qualche soddisfazione professionale. A dir la verità, non sono impegni molto gratificanti, ma purtroppo non lontani dalla realtà.

Detto ciò, poco altro c’è da aggiungere. Comincia una serie di «corti teatrali», come vengono nominati, i cui «autori vari» sono ovviamente incolpevoli del risultato, perché qualcuno (non tutti) ha una sua cifra stilistica, una coerenza drammaturgica, ma sono giovani che credono in quel che fanno e occorre essere benevoli con loro. Le esibizioni, infatti, crollano clamorosamente sulla messa in scena e sulla recitazione. Si dice che anche le regie dei corti siano di «registi vari», ma se così fosse sarebbero strutturate diversamente, invece sono l’una la copia dell’altra. Tutti sketch recitati impietosamente al pubblico, come se si stesse davanti a una telecamera in cerca del primo piano. Non si riesce mai a percepire un rapporto tra i personaggi che si alternano, a capire i loro sentimenti. E un personaggio vive solo di sentimenti! Soprattutto la ripetitività stanca tanto che dopo il terzo corto, per lo spettatore avulso da amicizie e parentele, sopraggiunge implacabile lo sbadiglio. Il pubblico implicato, invece riserva applausi ai singoli beniamini. Così, però, non si fa il teatro e nemmeno una scuola di teatro. Così sorride soltanto Maurizio Costanzo che da lassù, vede, nel suo regno, il proseguimento di un lavoro che ha tenuto un palcoscenico per quarant’anni sotto scacco delle telecamere.

Ma più di ogni altra recriminazione, conta il fatto che i giovani vanno protetti in scena. Non possono essere gettati allo sbaraglio in ribalta senza un’adeguata regia che gli faccia capire cosa sia un personaggio, come si interpreta un carattere, quale il confronto con l’antagonista. Come si usa la quarta parete, come si modula la voce e cambiare i registri di recitazione. Non c’è nulla di tutto questo, ma soltanto un dir battute alla men peggio in una scenografia che rappresenta le librerie di una grande biblioteca, che poco s’addice a quel che s’è visto, ma che potrebbe ricordare un atto di una famosa edizione di My fair lady. E allora mi chiedo se davvero si sia fatto del bene a questi trenta innocenti, vittime di un pastrocchio più televisivo che teatrale. Avevamo già assistito a saggi teatrali, ma a saggi d’avanspettacolo del sabato sera, ancora no! (fn)
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Lo stato delle cose (seconda parte), uno spettacolo di Massimiliano Bruno su testi di autori vari. Con un folto numero di giovani interpreti incolpevoli del disastro. Regia di Massimiliano Bruno e Sara Baccarini. Musiche originali, Roberto Procaccini, Scene, Alessandro Chiti. Costumi, Paola Tosti. Produzione, Il Parioli Costanzo. Al teatro Parioli

Foto: Una scena d’insieme (© ???)

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