31 gennaio 2025

«Bianco» di Marco Buzzi Maresca

Roma, Teatro Sophia
30 gennaio 2025

TROPPI PARABORDI IN MARE APERTO!

Il punto, signori miei, è che in teatro non si giudica mai l’operato del protagonista, ma sempre quello dell’autore in primis, e a seguire quello del regista. E quando alla fine non si ha nient’altro da dire, allora si esamina la capacità degli attori. Tuttavia, in questo caso l’opera del protagonista diventa fondamentale, in quanto viene presa a pretesto sia dall’autore che ne illustra letterariamente la genesi, sia dal regista che la usa per l’allestimento scenico. D’altronde stiamo parlando di Jackson Pollock e Lee Krasner, due artisti innovativi, pittori eccentrici, coppia irregolare di un’America a cavallo del secondo conflitto mondiale, in cerca di una corrente pittorica anticonformista che desse finalmente una moderna identità artistica al Paese che ancora manteneva nella civiltà dei pellerossa il distintivo indigeno di un’arte figurativa più vicina alla preistoria che a Picasso.

Dunque, al di là della guerra, al di là della bomba atomica, Jackson e sua moglie Lee furono coloro che, più di chiunque altro, si emanciparono intellettualmente per inventarsi una pittura made in Usa; da sempre patrimonio della vecchia Europa. Marco Buzzi Maresca parte da questa esigenza artistica di Pollock per raccontarne disordini e ossessioni, paure e insicurezze, usando uno stile letterario simile alla concezione creativa dell’artista. L’autore, infatti, lascia il pennello della logica scenica e struttura il testo immergendosi dentro i sentimenti e le emozioni del protagonista, sporcandosi mani e corpo con una secchiata di poesia disordinata, variopinta, libera, ma talvolta necessariamente oscura. Ne vien fuori un collage di colori violenti, tormentati, psicotici che coinvolgono lo spettatore in un flusso oppressivo e senza spiragli di luce solare. Non c’è storia nei dipinti di Buzzi Maresca, come non c’è soggetto nelle tele di Pollock. Aleggia ovunque la follia che, tra un affanno sessuale e qualche bicchiere di troppo, sembra invitare in ogni istante la morte a ballare.

Soltanto brevissimi dialoghi tra lui e lei, naturalmente aggressivi, poi ci sono racconti di lei sull’infelicità di lui, pensieri di lui sulle pulsioni che lei gli provoca. Disturbi, ansie, riflessioni in forma di frammenti che lasciano macchie distintive: «I padri muoiono prima che tu li possa uccidere». Sono angosce, sono paure che si tramutano in una rabbia repressa («Figlio bastardo di me stesso», dice Jackson bestemmiandosi addosso) che insieme a un senso di continua indecisione aiutano poco il manoscritto alla possibilità di una rappresentazione teatrale, eppure, Gianni De Feo, che ha compreso perfettamente questa estrema difficoltà, ha accettato la sfida tuffandosi in una realizzazione che contenesse ed esaltasse il Bianco, il non colore. S’è rimboccato le maniche e ha curato una regia che in sostanza è un controcanto al testo: se Buzzi Maresca ha fatto la parte di Jackson, a De Feo è toccata quella di Lee, ossia sorreggere la follia, proteggerla, dar valore visivo all’opera dello scrittore. Così s’è scelto di creare una base teatrale ben solida, piena di sostegni, anche troppi: immagini, proiezioni di quadri, musiche, parole registrate, in inglese e in italiano, sovrapposizioni di colori sui corpi, danze di sesso e danze di creazioni, misteri mimati, cambi di recitazioni repentine, rumori, tanti e tanti effetti che quando a un certo momento si sente soltanto il suono limpido della parola sembra che la morte abbia strappato la voce alla vita.

L’operazione di De Feo (che di diritto diventa co-autore) mi pare riuscita anche grazie a una buona recitazione sua e di Serena Borelli (moglie, madre, amante e puttana), e la sfida registica è certamente vinta, tuttavia, se da una parte c’è un eccesso di astrattismo letterario che rende il poetico vasel in un bateau ivre, dall’altra c’è una abbondanza di parabordi che rischia di frenarne l’andatura per paura di una mareggiata improvvisa in mare aperto. (fn)
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Bianco, il volto di Jackson Pollock e Lee Krasner, di Marco Buzzi Maresca. Coreografie e aiuto regia, Maria Concetta Borgese. Musiche originali, Theo Allegretti. Drammaturgia musicale, Gianni De Feo e Roberto Rinaldi. Scene e costumi, Roberto Rinaldi. Con Serena Borelli e Gianni De Feo. Regia di Gianni De Feo. Al TeatroSophia, fino al 2 febbraio

Foto: Serena Borelli e Gianni De Feo (© Manuela Giusto)

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