15 gennaio 2025

«I parenti terribili» di Jean Cocteau

Roma, Teatro Quirino
14 gennaio 2025

ESISTONO BENI SUPREMI CHE ESIGONO RINUNCE RADICALI

Eligio Possenti, tra i primi a recensire I parenti terribili, scrisse che «la trama potrebbe servire per un vaudeville». Lo stesso Jean Cocteau, nel testo, sottolinea più volte che l’assurda vicenda che si sta creando in famiglia assomiglia a una farsa. «Non so se sia una tragedia o una farsa; in ogni modo è un capolavoro», è la battuta di Léonie che ha dato a Filippo Dini l’opportunità, da regista, di virare decisamente verso la commedia brillante, accentuando le situazioni e portando i ritmi di recitazione sui canoni del vaudeville. Non è una scelta sbagliata, ma nemmeno perfetta: la scrittura di Cocteau è abbastanza solida da reggere bene la novità, anzi, la leggerezza dell’allestimento applaudito al teatro Quirino (in scena fino al 19 gennaio) rende leggibile la struttura delle relazioni familiari basate sui legami dell’antico mito che, per sfatare le mostruosità create dall’uomo, raccontò il suo lato più oscuro e spietato. Inoltre, quando Cocteau immaginava quel che accadeva in casa di Georges e Yvonne, ancora fervevano gli studi freudiani, e i rapporti madre-figlio e padre-figlia erano attentamente osservati sotto ogni tipo di lente.

Comprensibile e giusta, quindi, la scelta di affiancarsi a Milva Marigliano, attrice che conosce bene tempi e toni comici, e soprattutto li mastica con naturalezza. Dirò di più: laddove lei arriva con gran disinvoltura, senza necessità di caratterizzare sopra le righe il suo personaggio, non sempre riesce a Dini, il quale, invece, sente il bisogno di rivestire Georges di un ingombro talvolta un po’ grottesco, che però aiuta a nascondere il mostro che c’è in lui. Tuttavia, i duetti tra Georges-Dini e Léonie-Marigliano, densi di comicità della migliore tradizione, aiutano – persino l’autore – a sciogliere meglio un groviglio che oggi sarebbe artificioso e forse anche un po’ patetico, in una commedia parossistica e a tratti esilarante.

Zia Léonie, però, così impostata, perde il suo lato «terribile», quello voluto da Cocteau, costituito dal rancore nei confronti dell’ex fidanzato, colui che poi ha sposato sua sorella Yvonne (Mariangela Granelli). Nella versione di Dini, infatti, più dei parenti, sono terribili i soli genitori che creano situazioni che sfiorano l’assurdo, annunciate dai primi versi appena mormorati in chiave drammatica, di Papaveri e papere. È il ricordo di un gioco infantile che subito dopo diventerà un incubo. Anche le reciproche isterie tra madre e figlio, la mano di lui che le accarezza la coscia e lei che mantiene le gambe aperte, lui che la bacia sulle labbra con insistenza e lei che non accenna a scansarsi, sono accorgimenti registici che nel testo non sempre risultano così evidenti e – a parer mio – non so quanto possa intonarsi, al clima farsesco voluto da Dini, accentuare un’ambiguità che nell’originale (1938) è appena accennata.

Si diceva dei genitori terribili: non a caso, in francese, con les parents si indicano sia i parenti tutti che i soli mamma e papà. A Yvonne vengono rimproverati il troppo amore e le eccessive attenzioni nei confronti del figlio Michel, che crescono di pari passo con l’età del ragazzo che ora ha 22 anni e si è innamorato di Madelaine (Giulia Briata). La madre reagisce gridando con sofferenza che quel che lui darà a un’altra (cioè, l’amore) lo toglierà a lei, che ha fatto del «sentimento per il figlio un’abitudine del cuore.» Puro egoismo (e non solo). Vizio che detiene anche Georges, il padre, il quale, sentendosi tradito dalla moglie che da anni ha dimenticato ogni genere di tenerezze nei suoi confronti (terribile anche questo), si è avventurato in una storia con una ragazza più giovane, proprio Madeleine, che senza alcun preavviso e senza spiegazioni interrompe la relazione. Sarà proprio Michel (Cosimo Grilli), sotto l’effetto dell’innamoramento che l’acceca, a rivelare inconsapevolmente a suo padre il motivo dell’improvviso abbandono: situazione certamente imbarazzante per Georges, appunto terribile, ma ancora più terribile è la soluzione che egli cercherà di attuare ai danni della giovane coppia per soddisfare il suo egoismo. Per fortuna, Zia Léonie, dall’alto della sua correttezza, per riportare ordine nel caos sentimentale dello scellerato nucleo familiare, invita Georges a concedersi «il lusso di contraddirsi» e a non rovistare troppo nel cuore, né nel suo né in quello altrui, ché dentro ci si trova di tutto.

L’allestimento di Dini si conclude con una battuta aggiunta che non può passare inosservata. Sempre Léonie, la fiera Léonie, l’esemplare Léonie, raggiungendo il corpo ormai senza vita di sua sorella, dice: «Lasciate che siano le donne a seppellire i morti». Frase che ricorda certamente Antigone che getta la sabbia sul cadavere del fratello, ma anche e soprattutto le parole di Gesù: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti», dice al discepolo che gli aveva chiesto di voler a seppellire il padre (Matteo, 8, 21-22). Scelta audace, quella di Dini, che da una parte cerca di ritrovare un aggancio culturale al Cocteau giovanile che ridusse la tragedia di Sofocle nel 1922, dall’altra usa una parafrasi del Vangelo per evidenziare che esistono beni supremi che esigono rinunce radicali, come la morte di Yvonne: per donare la libertà a Michel occorre sacrificare la vita di sua madre. (fn)
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I parenti terribili, di Jean Cocteau. Traduzione di Monica Capuani. Scene, Maria Spazzi. Costumi, Katrina Vukcevic. Luci, Pasquale Mari. Musiche, Massimo Cordovani. Con Milvia Marigliano (Léonie), Mariangela Granelli (Yvonne), Filippo Dini (Georges), Giulia Briata (Madeleine), Cosimo Grilli (Michel). Regia di Filippo Dini. Al teatro Quirino, fino al 19 gennaio

Foto: Filippo Dini, Mariangela Granelli, Milvia Marigliano (© Serena Pea)

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