30 gennaio 2025

«Radio Argo Suite» di Igor Esposito

Roma, Teatro India
29 gennaio 2025

STRAPPIAMOCI DI DOSSO L’ABITO DELLA VANITÀ

Più che il Mazzotta poté l’Esposito. Peppino Mazzotta è un ottimo interprete (ma...!). A settembre scorso vinse il Premio Le Maschere per la realizzazione di Radio Argo Suite, monologo che già nel 2011 ricevette il Premio nazionale della Critica, e che ora torna in ribalta al teatro India fino al 2 febbraio. Peppino Mazzotta, ripeto, è un ottimo interprete, eppure è il testo di Igor Esposito a lasciare il segno sugli spettatori, a graffiare il mondo del potere dei pochi e della vanità dei molti. Come Vittorio Alfieri, per far rivivere ai suoi giorni (fine Settecento) il mito degli Atridi, riscrisse in endecasillabi – Notte! funesta, atroce, orribil notte… il più famoso incipit – il ciclo di Argo, ispirandosi all’Orestea di Eschilo, Esposito, per lo stesso intento, ha scelto, nella sua originale soluzione teatrale, di simulare una trasmissione radiofonica, con un conduttore dalla tipica profonda voce notturna, che introduce i personaggi della tragedia a cui offre un microfono per lasciargli il tempo di raccontare ciascuno il proprio dramma. O, per essere più precisi, un radiodramma in versione suite, proprio come sono certe trasmissioni della notte, che alternano brani musicali a momenti più «funesti».

Apre la serie Ifigenia che dichiara piena fiducia nel padre, il quale, però, a breve, la ucciderà nel bosco; poi Egisto, l’amante della regina Clitennestra, al meglio della sua indolenza sicula; finalmente ecco Agamennone, il re dei re, che viene a perorare la sua causa, in pettorina antiproiettile, occhiali scuri e guanti neri; quindi, è la volta della profezia di Cassandra, naturalmente inascoltata, la quale (non so perché!) mi ha ricordato Pasolini; e infine Oreste, giustiziere e paciere, lontano da ogni aspirazione di potere e di arrivismo, sembra una persona perbene, Oreste, un uomo d’onore, uno che quando si indigna per la ignobile realtà che lo circonda, non lo dice soltanto per giustificare i propri interessi, ma agisce secondo logica e secondo disgusto. E al termine redarguisce il popolo della platea, invitandolo a scrollarsi di dosso la vanità, che oggi è la regina di tutti i mali. Sono soltanto cinque e in breve riassumono i fatti e condensano i sentimenti già descritti dall’Alfieri, più che da Eschilo, il quale si dilunga tra processi e interventi degli dèi. Gli eroi di Esposito, invece, sono uomini a tutto tondo, corrotti dai vizi degli umani, senza intromissione alcuna. Cosicché ogni squarcio sul passato appare sempre più vicino alla nostra epoca. Ifigenia è l’ingenuità, Oreste il riscatto (non più la vendetta). I riferimenti alla società contemporanea si moltiplicano sempre più, in una galoppata che mira a scuotere qualche coscienza fino a inchiodarla alla croce della, ormai consueta, temeraria corruttibilità.

Nel suo linguaggio, Esposito lascia parlare l’orgoglio, il potere, la cupidigia, la vendetta, la superbia: tanta superbia, quasi in tutti. Agamennone, il capo, il superbo numero uno, si sente addirittura vicino a Dio: un suo protetto, un superuomo, perché è ricco, e soltanto con la ricchezza si può creare la civiltà. La sua idea di civiltà: infatti, soltanto il ricco può permettersi di andare oltre il lecito, uccidere una figlia e creare il terrore, affinché gli altri diventino mansueti e obbediscano. Soltanto il ricco può muovere una guerra e godere dei piaceri della guerra, mentre guarda i soldati che eseguono i suoi ordini fino a lasciarci la pelle. Questa è la civiltà determinata dalla ricchezza. Sono le atrocità raccontate su Radio Argo, tra un brano musicale e l’altro, su testi di Igor Esposito, un nome che ha il sapore amaro di un ossimoro, com’è amara la sua scrittura, che cerca di addolcire con qualche rima sempre fendente: se al maledetto bisogno di governare preferisce il rumore del mare.

Senza dubbio il merito dell’effetto del linguaggio del poeta, ossia l’arte di riuscire a sbrogliare la matassa emotiva con tempi e toni che abbracciano sia l’innocenza che la perversione è di Peppino Mazzotta, minuzioso affabulatore, assai convincente soprattutto nella parte di Agamennone spietato calcolatore e in quella di Oreste, invece, denso di umana rabbia; a voler essere puntigliosi, si potrebbe dire che l’attore pecca un po’ di retorica nella coloritura di Ifigenia, e sovraccarica Egisto con un carattere eccessivamente esplicito. Esemplare la follia esasperata di Cassandra. Peppino Mazzotta è un ottimo interprete, certamente, ma... ma beve alla bottiglia di plastica, in scena, davanti al pubblico: questa scivolata, un vincitore del Premio le Maschere, non se lo può permettere. Non deve. Non l’ha fatto Gabriele Lavia in cinque ore di monologo su Re Lear, interpretando tutti i personaggi di Shakespeare; per settanta minuti, il buon Mazzotta, potrebbe evitare! (fn)
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Radio Argo Suite, di Igor Esposito, diretto e interpretato da Peppino Mazzotta. Musiche di Massimo Cordovani che esegue dal vivo insieme con Mario Di Bonito alla batteria. Produzione Teatro Rossosimona. Al teatro India, fino al 2 febbraio

Foto: Peppino Mazzotta (© ???)

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