Roma, 1° gennaio 2025
NATALE IN CASA… SALEMME
Non ho visto Vincenzo Salemme in Natale in casa Cupiello, né in teatro e nemmeno, qualche sera fa, in televisione. Sarei potuto andare al Sistina la scorsa stagione, ma per il costante tutto esaurito – buon per lui e per l’intera produzione – ho dovuto rinunciare. Non ho, invece, volutamente visto la registrazione televisiva perché lo sguardo teatrale è certamente falsato, e assistere dal video, per la prima volta, a un allestimento ideato per il palcoscenico mi avrebbe soltanto confuso e ingannato.
Cominciai ad apprezzare la versione televisiva della più famosa commedia di Eduardo, quella che per anni è stata trasmessa dalla Rai durante il periodo natalizio, soltanto dopo averla vista e rivista in teatro con l’autore. Ne compresi in ritardo il valore di quel documento perché il mio battesimo teatrale avvenne ascoltando un’incisione audio, registrata su un doppio vinile (credo del 1971) con le voci di Eduardo, Pupella, Pietro De Vico e Ugo D’Alessio: versione che, da bambino, sentendola e risentendola, imparai a memoria, e nel mio immaginario ne feci una regia che modificavo e perfezionavo ad ogni ascolto. Non nascondo, anzi, che quando vidi le primissime volte la commedia, sia in teatro che in tv, certi toni di voce per me inediti e certe pause differenti, da quelli (toni e pause) a cui il mio orecchio era stato educato, mi disorientavano; così come mi irritavano alcune battute leggermente modificate; e quanta insofferenza mi procurava la vista, al primo atto, di quel presepe ancora abbozzato posizionato accanto al letto. Ma quando mai – riflettevo tra me – s’è costruito un presepe ai piedi del letto se poi, al secondo atto, l’avremmo ritrovato in sala da pranzo! Certamente la mia pervicace fantasia di bambino non teneva conto dei compromessi teatrali, che sono esigenze di copione, eppure, anche allora, osavo silenziosamente contestare la scelta di contato autore. Roba da pazzi o, meglio, infantili illusioni!
Dicevo di non aver visto l’allestimento di Salemme, ma (a parte qualche recensione della passata stagione pubblicata in occasione del debutto teatrale) ne ho letto (dopo la teletrasmissione) talmente tanti commenti sui social che mi pare di averne, inopportunamente, compreso pregi e difetti. Tuttavia, il difetto principale che se ne evince dal florilegio di giudizi spericolati e qualche invettiva al limite dell’educazione, è quello di voler fare paragoni con le versioni già esistenti. Non molto tempo fa m’è capitato d’assistere all’ennesima messa in scena del Giardino dei ciliegi e non m’è venuto nemmeno il desiderio di confrontarla con l’edizione di Strehler, di cui anche esiste una testimonianza televisiva, per fortuna. Le registrazioni delle opere teatrali sono, per la maggioranza dei telespettatori, la riproposizione dell’opera stessa, così come la si vede dalla platea. No, questo è il più grossolano errore che si possa commettere. Quelle registrazioni, che non sono film e neanche teatro, servono da testimonianza di un evento irripetibile, fungono da archivio teatrale, conservano una memoria: è questa la loro fruibile funzione ed è questo il loro inestimabile valore. Cercare di ritrovare in una ripresa televisiva l’ineguagliabile (perché unica) rappresentazione che Eduardo diede del suo Natale, è pretesa assurda.
Non ho visto Salemme nel ruolo di Luca Cupiello, ma se pensassi di ritrovare nel suo personaggio il viso scavato di Eduardo, le sue espressioni, gli ammiccamenti, le pause, i sottintesi, quelli che ancora conservo gelosamente nella memoria, sarei il più perfetto masochista pronto a gioire della sofferenza che il paragone mi arrecherebbe: non perché Salemme sia meglio o peggio, ma per il semplice motivo che Vincenzo non è Eduardo. Non può esserlo, e (conoscendolo) so che non avrebbe mai preteso di diventarlo. Sì, certamente Eduardo per lui, come per molti altri, è stato un faro oltre che un Maestro (con la Maiuscola), ma Salemme – che non è fesso – aveva già osservato da ragazzo tanti suoi colleghi, anche più maturi, che proprio per non aver mai desistito dal tentativo di emulazione si sono spesso resi ridicoli. Dunque, perché inerpicarsi sull’erta d’improbabili confronti che provocano inevitabilmente commenti assai inconcludenti? Volendo giocare oserei dire che, pur con qualche audacia, si potrebbe paragonare una Ferrari a un’antica Topolino, ma mettere sullo stesso piano la Ferrari con un ragù non ha alcun senso! Mi sfizia ricordare che a Napoli mai nessuno s’è sognato di paragonare, invertendo tempi e genialità, Maradona a Vinicio o a Jeppson. Dunque perché farlo con Eduardo? Perché il presente teatrale deve trovare nel passato rappresentativo eduardiano un imprescindibile esempio di paragone?
I principi che hanno spinto Salemme a portare in scena il capolavoro di Eduardo sono molto diversi da quelli che l’autore ha raccolto durante il lungo concepimento dei tre atti. Lo spirito di Salemme è certamente molto più vicino alla prima edizione dell’opera, quand’era ancora un atto unico (ossia il secondo, dov’è rappresentata la cena della Vigilia, con il presepe già in bella vista in sala e non in camera da letto), quando il breve copione fu scritto per le esilaranti improvvisazioni dei due fratelli De Filippo che all’epoca (1935) si esibivano, insieme con Titina, al Kursaal di via Filangieri. Eduardo, in quel momento storico, sapeva che avrebbe riscosso più facile successo, sbarcando in questo modo meglio il lunario, puntando sulla comicità delle situazioni teatrali, più che sul significato drammatico. Soltanto così riuscì a costruirsi una popolarità. E Salemme oggi si trova in un momento storico in cui il pubblico vuole ridere in maniera superficiale più che angustiarsi con vicissitudini familiari ormai decisamente fuori stagione! E lui accontenta le esigenze del pubblico.
Non ho visto Salemme, eppure le critiche che lui ha ricevuto mi hanno fatto tornare alla mente le mie critiche di bambino «tradito» da Eduardo stesso, quando io cercavo, con ingenua dissennata passione, nelle rappresentazioni alle quali ho assistito in teatro (compresa la registrazione Rai) le stesse identiche battute, e i toni che già sapevo a memoria e quei gesti e quei movimenti che m’ero immaginato ascoltando la versione audio del vinile che avevo in casa. Per anni ho sperato di risentire il racconto di un sogno, che Luca Cupiello confidava a sua moglie Concetta, quando lavorava al porto e scaricava sacchi da sopra a un piroscafo: un’affascinante descrizione citata durante il primo atto, in cui si condensava tutta la contraddittorietà dell’anima di Luca, che fu tagliata e mai più ripristinata.
Eppure il senso della rivolta che s’è sollevata sui social nei confronti di Vincenzo Salemme che ha osato cambiare gli abiti a Luca Cupiello, modificarne appena l’ambiente, ridipingerne il carattere – sì, è vero, non ho visto lo spettacolo, ma conosco troppo bene le capacità di Salemme, tanto che potrei anche recensire il suo Natale, e se non lo faccio è solo per rispetto nei suoi confronti e per mia serietà – … dicevo che quel senso di rivolta ha una sua radice che affonda nell’orgoglio partenopeo, quello più audace e colorito, quello più spensierato e corrucciato, di aver avuto come nostro mentore un uomo immenso come Eduardo De Filippo che, grazie a quella registrazione televisiva ha fatto breccia anche nelle case dove non era riuscito mai ad arrivare, esattamente come anni dopo riuscì Maradona, grazie a quella registrazione televisiva Eduardo ha creato un linguaggio educativo e di civiltà a chi ne era orfano, grazie a quella registrazione televisiva è riuscito a donare parole significative a gente che non le avrebbe mai avute. Grazie a quella ripresa televisiva tanti hanno cominciato a fare il presepe ai loro figli, un presepe che negli anni Sessanta e Settanta era un’arte decisamente decaduta.
Vincenzo Salemme è stato il primo a riproporre in televisione – e quindi a entrare nelle case di milioni di telespettatori che non hanno mai messo piede in teatro – Natale in casa Cupiello con un protagonista che non avesse le sembianze di Eduardo, la parlata di Eduardo, la camminata di Eduardo, il suo linguaggio mimico e dialettico; proponendo un Luca Cupiello one man show, come vuole il pubblico televisivo di oggi che è il pubblico educato da Mike Bongiorno, da Pippo Baudo fino a Brignano. È stato il primo a riproporre un Natale in casa… Salemme e a ricordare a tanti telespettatori che esiste anche un teatro da visitare, magari come un presepe.
Buon Natale, caro Vincenzo, e grazie. E buon anno a tutti. (fn)