COM’È BELLO ESSERE SODOMIZZATI DALL’IMPERIALISMO!
Non c’è modo più banale per mortificare uno spettacolo che chiedere «Ti è piaciuto?», oppure «Com’è stato, bello o brutto?». Non avevo mai visto una performance di Antonio Rezza. Ne avevo sentito parlare con grande entusiasmo, e se ora dovessi trovare un aggettivo che descriva al meglio quel che, mio malgrado, mi ha coinvolto, non esiterei a dire che si tratta di uno spettacolo «pericoloso». Pericoloso non per quel che si è visto in palcoscenico, ma per le reazioni del pubblico: per come è stato facile al protagonista dirigere le emozioni degli spettatori e plasmarne il pensiero, con un gesto, con un gorgheggio, con suono incomprensibile, con un niente che, fatto con dovizia e determinazione, diventa, appunto, un pericolo.
Premetto che la personalità in scena di Rezza è fortissima, è coinvolgente, è complice dell’impalpabilità di una comunicazione subdola che si manifesta con il sorriso facile, ma diventa lo specchio della nostra nullità. Rezza in palcoscenico si prende gioco delle debolezze e delle esigenze del pubblico, di chi tossisce, di chi sbadiglia; rimprovera chi non applaude, fa sedere chi si sta alzando; ordina il silenzio per antipasto, l’applauso come piatto forte e il sorriso per contorno. Fa del pubblico, ormai alla frutta, quel che vuole. E si serve delle nostre portate come un sovrano alla sua mensa. Restituendo soltanto un provocatorio effimero (ma intelligente) sberleffo.
Beninteso, la mia recensione non vuole essere una critica diretta al bravissimo mattatore, bensì agli spettatori che si lasciano ammaestrare dalle bizze di un funambolico ectoplasma che propone, con eccellente inventiva e lucidità, con ironica baldanza e sottile arguzia, una ricompensa alla sottomissione del suo popolo in adorazione. Ad alcuni rappresentanti di questo popolo, divertiti e soddisfatti, mi sono permesso di chiedere, a fine spettacolo, intrattenendomi con curiosità ad ascoltare i loro giudizi, che cosa avessero visto e quale fosse il significato o il senso della performance, e quale l’emozione provata. In pochi hanno saputo esprimere un concetto logico direttamente legato all’esibizione. Qualcuno, tra i più audaci, ha ammesso che tra i vari quadretti offerti da Rezza mancasse un filo conduttore. Eppure tutti concludevano il commento dicendo «… però mi è piaciuto», «… però è stato bello» «… però mi sono divertita» … però, però, però… però nessuno ha saputo chiarire quel che ha visto, perché nessuno ha capito bene cosa Rezza abbia voluto dimostrare, benché lo abbia fatto molto bene.
Foto: Antonio Rezza (© Stefania Saltarelli)