19 novembre 2024

«Se mi conosci…» di Vincenzo Mastropirro

Il libro di poesie

Roma, 18 novembre 2024


«LA SEPARAZIONE È IL PRINCIPALE ATTO DI DOLORE DELLA VITA»

Chiedo scusa all’autore della silloge se mi permetto di cominciare questo soliloquio sul suo volume da una sensazione assolutamente personale. Scopo della poesia è proprio il tentativo di entrare nelle pieghe della sensibilità altrui: così è accaduto e così l’ho fatta mia. D’altronde, il titolo della raccolta diventa un richiamo per ricordare la madre di Vincenzo Mastropirro, che mai mi ha conosciuto, ma che invece il sottoscritto è riuscito a gustare, pur se a distanza, grazie alle brevi frasi che il figlio scriveva sul suo profilo Facebook, riportando piccoli aneddoti carichi di saggezza popolare, di lapidarie sentenze tanto colorite d’affetto quanto spietate nel giudizio. Trascrivo dalla postfazione di Angela De Leo che, a differenza di me, conosceva Ninetta, donna «coraggiosa, battagliera e volitiva con cui il figlio era solito battibeccare in duetti dispettosi d’amore, ricamo di note tenerissime.»

18 novembre 2024

«Barbablù» di Hattie Naylor

Roma, Teatro Belli
17 novembre 2024
Per la rassegna Trend
Nuove frontiere della scena britannica

CON L’ESTASI DELLA SUBORDINAZIONE CALA IL SIPARIO SU TREND XXIII

Al termine della performance, tra gli applausi di una platea affettuosa, Edoardo Frullini, oltre ai canonici ringraziamenti, ha raccontato un breve episodio, accaduto sabato sera, che introduce bene il discorso su questo barboso Barbablù. Una signora all’ingresso ha chiesto cosa si rappresentasse, e il protagonista, che in quel momento arrivava al Belli, ha illustrato brevemente il racconto scritto da Hattie Naylor. L’altra, un po’ contrariata, ha espresso il desiderio di voler vedere in palcoscenico storie più leggere e non di violenza, ma l’attore ha ribattuto dicendo che è compito di un certo genere teatrale far luce su questioni, anche scomode, che affliggono la quotidianità di tutti. Quindi, teatro sociale. Teatro che, come in questo caso, s’impegna a far conoscere storie talvolta vere, talvolta inventate che ricalcano episodi della realtà. Nello specifico, dunque, trattandosi del personaggio di una famosa favola noir di Charles Perrault, si parla ovviamente di femminicidio: e – concordo con Frullini – il teatro spesso ha il dovere di affrontare temi scottanti per portarli alla ribalta, denunciando, contestando, accusando. Principio verissimo e sacrosanto.

16 novembre 2024

«Cyrano de Bergerac» di Edmond Rostand

Roma, Teatro Cometa Off
15 novembre 2024

LA COMETA NON S’ADDICE ALLA COMMEDIA EROICA

Operazione impossibile quella di allestire una «Commedia eroica in cinque atti in versi» nello spazio concentrato del Cometa Off. Certamente nell’adattamento di Matteo Fasanella è contemplata una riduzione, ma si tratta di una riduzione del testo che non corrisponde a una riduzione delle gesta ardimentose dei famosi cadetti di Guascogna. Fasanella, in un luogo simile, avrebbe dovuto presentare il suo Cyrano de Bergerac, come una commedia «da camera» per un quintetto poetico, invece, ha lasciato inalterato l’entusiasmo irrefrenabile dei moschettieri per il «gioco dello stocco»: arte irrappresentabile in pochi metri quadrati, laddove lo spirito dell’opera originale andava completamente rimaneggiata.

15 novembre 2024

«Aspettando Re Lear» di Tommaso Mattei

Roma, Teatro Quirino
14 novembre 2024

UN REBUS CHE SUONA COME UN CONCERTO DODECAFONICO

Desidero subito tranquillizzare i miei venticinque lettori, forse ventisette: al termine dello spettacolo un’emozione arriva; difficile capire bene quale sia, ma arriva; non si tratta di forte commozione né di folgorante entusiasmo, eppure il testo di Tommaso Mattei, benché assomigli a un vero e proprio rebus, riesce a toccare le corde emotive degli spettatori, dopo aver scandagliato il rapporto tra padri e figli. E se non tutti sono padri, certamente tutti siamo figli. Altra certezza è che gli attori sono di ottima levatura. Arianna Primavera, nel doppio ruolo di Matto/Cordelia (come Ottavia Piccolo con Strehler, oltre cinquant’anni fa) è la più brava. Non se la prendano i protagonisti, ma interpretare contemporaneamente due parti, essere figlia e parlare con le battute strampalate del Fool e viceversa, dar vita a due personalità nello stesso istante senza alterare né toni né gestualità e riuscire ad equilibrare due diversi caratteri in un unico animo, be’, considerata la giovane età dell’attrice… Chapeau!

14 novembre 2024

«Venere nemica» di Drusilla Foer e Giancarlo Marinelli

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
13 novembre 2024

A DOMANDA RISPONDE UN SILENZIO

Il meglio di sé Drusilla Foer lo offre agli applausi finali, quando ferma il tripudio del pubblico della prima per ringraziare a voce i suoi collaboratori. Allora vien fuori subito il suo animo schietto e sincero: la sua naturale generosità, la sua verve da showgirl giocosa e affascinante, la sua intelligente ironia e la sua amabile simpatia. Virtù innate e dirompenti della diva transgender, che non aspettavano altro di essere liberate dalle maglie di un copione che, per più di un’ora, l’ha costretta ad essere quella che non è. Malgrado sia stata proprio lei, insieme a Giancarlo Marinelli, ad aver scritto il testo, ispirato alla favola di Apuleio «Amore e Psiche», la Venere che ha creato con le sue stesse mani, diventa la prima nemica.

13 novembre 2024

«Lo scrittojo di Pirandello» di Roberto Gandini e Roberto Scarpetti

Roma, Teatro India
13 novembre 2024

PER LE SCUOLE SI GIOCA ALL’ENRICO IV CON FILENO E LA FIGLIASTRA

Chi va a teatro ogni sera, o quasi, da anni, difficilmente riesce a essere spettatore anche alle recite della mattina: sia per una questione d’orario, sia perché (rimescolo nei ricordi), soprattutto sono rappresentazioni assai rumorose, essendo frequentate solitamente da studenti in «gita» scolastica. Tuttavia, per Luigi Pirandello un’eccezione si fa. Attirato dal titolo, e in particolar modo dalla parola scrittojo, proprio con quella vocale addolcita, tipica di Pirandello, nonostante arrivassi da poche ore di sonno, sono andato a vedere lo spettacolo di Roberto Gandini, convinto di assistere a una commedia disturbata da una comitiva di studenti scalmanati.

«Vorrei una voce» di Tindaro Granata

Roma, Sala Umberto
12 novembre 2024

QUALCHE COSA DI SICURO IO FARÒ… SOGNERÒ

Il sottotitolo avverte con chiarezza: «Tindaro Granata con le canzoni di Mina». Sembra uno scherzo, quasi un paradosso, finanche si sospetta una presa in giro: non per mancanza di fiducia nei confronti del protagonista che potrebbe avere una gran voce, un talento canoro insospettabile, ma per una ovvia questione di permessi, diritti e concessioni. La curiosità, quindi, s’impenna e si corre alla Sala Umberto per scoprire cosa si nasconde dietro lo strillo del manifesto che suona tra il sibillino e il canzonatorio. Oltretutto «Vorrei una voce» è un verso di un famoso brano cantato dalla Tigre di Cremona. Dunque, com’è possibile che Tindaro Granata possa portare in scena le canzoni di Mina?

12 novembre 2024

«Parthenope» di Paolo Sorrentino

Roma, cinema Savoy
12 novembre 2024

LA GRANDE BELLEZZA CHE NON SALVERÀ NAPOLI E NEMMENO IL MONDO

A chi mi ha chiesto se l’ultima opera di Paolo Sorrentino mi sia piaciuta o meno, ho risposto che lei, l’attrice protagonista, è talmente bella che il mio giudizio sul film non interessa più neanche a me. Due ore e mezzo per vedere il film e quattro ore almeno per disintossicarmi da tanta bellezza per riuscire a riveder le stelle. Una bellezza che non salverà il mondo nemmeno quando c’erano i bambini, ma anzi lo graverà, e non poco, di infelicità, di spleen, di appucundria, perché giunge dalle acque di quel golfo popolato dalle sirene, creature mitologiche che rapirono con il canto e con lo sguardo i loro spasimanti affogandoli nelle profondità marine. Una bellezza talmente ossessiva e malinconica da rimanere avviluppati nell’infelicità di Parthenope. D’altronde «è impossibile essere felici nella città più bella del mondo», dove Dio è l’unico a non amare il mare, perché quel mare è un tenace feudo del mito. Mito antico che risale al viaggio di Ulisse, ma anche mito moderno che si concentra nel sorriso di Celeste Dalla Porta.

11 novembre 2024

«Regine di cartone» di Marina Pizzi

Roma, Teatro Marconi
10 novembre 2024

GINA, TONTA E RUVIDA COME MASCIA, OLGA E IRINA

Durante la lunga pedalata che dal teatro mi ha accompagnato fino a casa, lo sguardo ha incrociato almeno tre situazioni simili a quella appena vista in palcoscenico. Clochard distesi in terra in mezzo ai cartoni: uno completamente nascosto per ripararsi dall’umidità; un altro arruffato e con la barba lunga, sguardo perso nella solitudine, la miseria nelle mani; infine, una donna, scialle strappato che le pendeva sulle spalle, indaffarata nel nulla a recuperare stoffe per passare la notte tra le nevrosi di uno stato d’animo tarato dall’inquietudine. Nessuno discuteva con un compagno. Nessuno citava passi di Medea. Nessuno allargava le braccia nel tentativo di stringere quelle di un altro. Soltanto la donna borbottava da sola sotto il porticato di una piazza del centro.

10 novembre 2024

«Amelia e Sophie. Le aviatrici» di Anna Ceravolo

Roma, Teatro di Documenti
9 novembre 2024

LE PRIME DONNE VOLANTI VITTIME DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

In quest’epoca, sentimentalmente arida e romanticamente arsa, sono tanti gli autori drammatici che sentono la necessità di adeguarsi a un incosciente standard sociale che sembra obbligarli a esaltare il valore della donna attraverso peregrinazioni letterarie che nulla hanno a che fare con il linguaggio teatrale. Voglio dire che pur prendendo a pretesto storie vere, interessanti, con protagoniste donne di indiscusso e ardimentoso valore, queste scritture vengono trattate usando un cliché narrativo senz’anima, quindi senza alcuna personalità, senza un adeguato stile individuale. Tante volte accade in una redazione che un giornalista sia invitato a seguire la cronaca di un evento di cui ha scarsa padronanza: il risultato è che le parole vengono ugualmente scritte e, una dopo l’altra, formano certamente un articolo, talvolta persino comprensibile, ma che mai soddisferà il lettore, perché privo di quei particolari gustosi, captati dall’occhio più esperto e smaliziato, capaci di catturare l’attenzione e di accendere la curiosità di chi legge.

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