LA COMETA NON S’ADDICE ALLA COMMEDIA EROICA
Operazione impossibile quella di allestire una «Commedia eroica in cinque atti in versi» nello spazio concentrato del Cometa Off. Certamente nell’adattamento di Matteo Fasanella è contemplata una riduzione, ma si tratta di una riduzione del testo che non corrisponde a una riduzione delle gesta ardimentose dei famosi cadetti di Guascogna. Fasanella, in un luogo simile, avrebbe dovuto presentare il suo Cyrano de Bergerac, come una commedia «da camera» per un quintetto poetico, invece, ha lasciato inalterato l’entusiasmo irrefrenabile dei moschettieri per il «gioco dello stocco»: arte irrappresentabile in pochi metri quadrati, laddove lo spirito dell’opera originale andava completamente rimaneggiata.
Il personaggio di Cyrano ideato da Rostand è, sì, un poeta, ma per diletto, per passione, per amore, perché prima di tutto è uno spadaccino al servizio della corona di Francia. Nella versione di Fasanella, invece, la parte dedicata alla spada in pratica non c’è. Non si vede mai un duello, non si vedono i cadetti, non si sentono le lame che si toccano. Cyrano, insomma, perde l’identità di schermidore concentrando la sua abilità soltanto nel comporre versi all’impronta. Se l’autore ha inventato un genio che sa utilizzare con la medesima destrezza la lama e le parole per tirare le sue sferzate (la metafora – lo sappiamo – è chiarissima), si dovrebbe vedere quel personaggio, che la storia dice riuscitissimo, nella sua completezza e non solo una metà.
Le spade in scena ci sono, vengono impugnate, agitate (con cautela per timor di danneggiare), esibite più in verticale che in orizzontale, ma, al momento di incrociare i ferri, un’inquartata striminzita, una parata di sbieco e alla fin della licenza il tocco è sfumato. Fasanella non reiventa un Cyrano anziano e ormai fiaccato nel fisico, che ricorda le gesta di un passato glorioso, ma segue la scrittura dell’autore al presente, dove sfoggia le sue energie con agilità e passione, cosicché è il testo, più degli attori, a patirne le conseguenze, a rimanere schiacciato tra le strette pareti di una stanza: soprattutto il famoso brano in difesa del naso e la Ballata del duello, scene divenute ormai icone teatrali, ma qui trasformate in mera declamazione di versi priva di qualsiasi abile e baldanzosa azione all’arma bianca.
A conferma di quel che sostengo è il fatto che l’allestimento acquista un suo fascino nella scena del balcone, quando Cyrano, avvolto dal mantello della notte, si sostituisce a Cristiano e corteggia lui direttamente Rossana. Allora la poesia prende il sopravvento, la recitazione, sposando i piccoli gesti e i leggeri movimenti, cresce e diventa più godibile. Matteo Fasanella, infatti, declama con buona tecnica i versi martelliani di Mario Giobbe che tradusse il testo di Edmond Rostand nel 1898. Ma anche in questa occasione lo spazio riserva le sue inconvenienze: Rossana è posta su un ballatoio altissimo, rispetto al piano della recita, ed essendo gli attori troppo vicino agli spettatori, questi o guardano su in alto perdendosi i duetti, o guardano giù perdendo le reazioni di lei!
Alcune scene di gruppo – tra cui la battaglia finale – sono mostrate attraverso la trasparenza di un telo, su cui dal retro sono proiettate le ombre degli interpreti che comunque non hanno spazio opportuno per muoversi adeguatamente. Per carità, non mi si fraintenda, non è un errore portare oggi in scena il Cyrano de Bergerac, è soltanto sbagliato pensare di fare un allestimento di una commedia tanto movimentata al Cometa Off che ha struttura intima e riservata eleganza, qualità adatte per un altro genere di spettacoli, non certo per la commedia eroica. Dove le corse fuori scena dei cadetti finiscono inevitabilmente contro una parete!
Foto: Virna Zorzan e Matteo Fasanella (© Christian Sicuro)