21 novembre 2024

«Fuori uso» di Costanza Di Quattro

Roma, Teatro de’ Servi
20 novembre 2024

PORTATE I RAGAZZI A TEATRO

Soltanto avendo una visione generale, frequentando le platee tutti i giorni e a tutte le ore, si cominciano a delineare i contorni del fantasma, spesso nascosto, del male del teatro italiano: il Ministero della Cultura (chiamato affettuosamente Mic) che appare e scompare, proprio come uno dei pirati di Stevenson. Il Mic è un’entità burocratica sempre presente quando deve riscuotere, assai sfuggente quando serve il suo aiuto: spesso sembra non esserci mai stato, ma invece, anche in maniera invisibile, s’introduce negli ambienti teatrali più fragili, dove trova terreno assai morbido per infiltrarsi con i suoi famelici tentacoli. Quando servono soldi per sostenere imprese valide, sparisce; quando c’è da promuovere uno spettacolo interessante, si dilegua e demanda; quando si tratta di riaprire un teatro, dorme o sonnecchia sotto le coltri dell’ambiguità tra «pubblico e «privato».

Quando invece si tratta di spettacoli appositamente confezionati per le scuole (come se i ragazzi non fossero all’altezza di assistere a opere di Pirandello o di Shakespeare o di Molière), o per qualche categoria ancor più sfortunata degli studenti italiani, ecco che il Ministero della Cultura appare travestito da crocerossina, e si preoccupa affinché il fine sia raggiunto con meticolosa precisione – improvvisamente Svizzera! – e scende in campo con regolamenti dell’ultim’ora e con un cassetto colmo di denari per promozioni e agevolazioni, per disposizioni e gare a favore di una esigua minoranza. Attività, in apparenza, encomiabile che andrebbe benissimo se il teatro – quello canonico – navigasse in buone acque, se l’Eliseo non fosse tenuto in ostaggio, se il Valle avesse riaperto dieci anni fa, se il Sistina avesse le poltrone nuove, se le compagnie tutte e i gestori non fossero costretti, dal cappio economico, a tenere in scena uno spettacolo per sole tre/quattro repliche. Insomma, se lo Stato, quando vuole, trova la presenza di spirito di responsabilizzarsi, l'impegno dovrebbe esserci sempre e per tutti, in maniera proporzionata ed equilibrata alla struttura e alle capacità artistiche delle compagnie.

D’accordo, ma cosa c’entra questa premessa, con lo spettacolo visto, mercoledì mattina, al teatro de’ Servi? C’entra. Eccome se c’entra! Fuori uso è un testo composto per allievi delle medie inferiori e superiori: età media 15 anni. Direi, scritto spudoratamente per le recite scolastiche; caratteristica che si avverte dopo pochissime battute: linguaggio semplificato, argomenti appena sfiorati, temi scottanti che però non scottano. Con questo non voglio dire che sia scritto male, anzi, in verità ho apprezzato molto il lavoro di Costanza Di Quattro, perché mi ha aperto gli occhi e perché in passato ho potuto constatare che l’autrice siciliana sa scrivere molto meglio di come ha fatto in questa occasione (vedi Barbablù).

Infatti, Fuori uso è apprezzabile come componimento per un uditorio, sì, giovanissimo e vivace (com’è giusto che sia), ma evidentemente «incapace» di comprendere Il piacere dell’onestà o La tempesta o La locandiera. E questa presunta incapacità, ipotizzata esclusivamente dalle autorità ministeriali che promuovono (e quindi sollecitano) certe iniziative culturalmente assai scialbe – questa presunta incapacità, dicevo, che ho riscontrato nei dialoghi dei quattro protagonisti, anch’essi poco più che adolescenti, diventa, a mio avviso, quasi un’offesa da parte di chi sostiene (Mic e Siae) con energie, impegno e sovvenzioni, un progetto tanto «fragile», come se i nostri ragazzi fossero un tantino deficienti e avessero bisogno di un aiutino intellettivo. Lo sappiamo bene che questa è l’agognata speranza del Mic e di tutti i ministeri e dei governi passati, presenti e futuri, i quali ci vorrebbero tutti cretini e sottomessi.

L’opera nel 2023 ha vinto anche il concorso «Per chi crea», ma sappiamo benissimo che non andrà mai su un palcoscenico «per adulti», nella dannata ipotesi che esista un teatro esclusivo per maggiorenni. Si tratta di una commedia in cui sono evidenziati tutti i temi vissuti e le difficoltà incontrate dalle ultime generazioni: la sindrome per i mali incurabili, la clausura del Covid, l’abbandono degli affetti, la separazione dei genitori, il bullismo, la violenza sulle donne, l’integrazione, la ribellione, i disturbi ansiogeni, il senso di inadeguatezza… c’è tutto e di più, come in un manuale per adolescenti smarriti, con tanto di battuta moralistica a ogni chiusura di capitolo. Sembra che la bella e brava Costanza sia caduta in un tranello e che abbia scritto, con intelligenza e competenza, un testo sollecitato dalle esigenze di concorrere al premio: per vincere il tal concorso bisogna scrivere – non quel che l’animo sente di voler sviscerare – ma occorre toccare determinati argomenti che facciano breccia nel politicamente corretto, secondo bandi e schemi richiesti dagli organizzatori, filamenti di quei tentacoli cui si accennava all’inizio.

Cari professori, portate i ragazzi a teatro, spingeteli verso il teatro, che è il salotto dell’educazione, la piazza dell’istruzione, ma fategli sentire viva la loro intelligenza mostrandogli l’astuzia di Iago, fateli sognare con la leggerezza di Ariel, confondeteli con i dubbi di Amleto, turbateli con l’inquietudine di Macbeth, educateli all’amore con la follia di Otello e con la tenerezza di Romeo e di Giulietta, fateli ragionare con la logica di Leone Gala, divertiteli con l’ipocondria di Argante, raccontategli la donna moderna con la lungimiranza di Mirandolina e la passione della Figliastra. Spiegategli il teatro con la precisione di Hinkfuss e la sapienza del Padre. I nostri ragazzi meritano di più. E il teatro merita le loro fresche attenzioni. Per la cultura il Mic non serve a niente: rinnegate i suoi progetti pseudoculturali e pseudosociali. Ascoltate la lezione di Peter Stein: «Io non voglio vedere su un palcoscenico ciò che posso vedere per strada, o sul mio pc, io voglio vedere una cosa diversa, voglio essere trasportato in un sistema di pensiero differente, non in quello dell’oggi in cui sono immerso; io voglio che il teatro mi regali un’altra prospettiva».

Grazie, comunque, a Costanza di Quattro. Il mio abbraccio a Chiara, Andrea, Alberto ed Elena, che ce l’hanno messa tutta, e la mia solidarietà a tutti coloro che hanno partecipato all’operazione con impegno e professionalità. (fn)
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Fuori uso, di Costanza Di Quattro. Con Chiara Del Francia (Emma), Andrea Verticchio (Giovanni), Alberto Melone (Edoardo), Elena Piacenti (Disna). Regia di Luca Ferrini. Al teatro de’ Servi, matinée per le scuole

Foto: (da sin) Alberto Melone, Chiara Del Francia, Andrea Verticchio, Elena Piacenti (© ???)

 

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