PER LE SCUOLE SI GIOCA ALL’ENRICO IV CON FILENO E LA FIGLIASTRA
Chi va a teatro ogni sera, o quasi, da anni, difficilmente riesce a essere spettatore anche alle recite della mattina: sia per una questione d’orario, sia perché (rimescolo nei ricordi), soprattutto sono rappresentazioni assai rumorose, essendo frequentate solitamente da studenti in «gita» scolastica. Tuttavia, per Luigi Pirandello un’eccezione si fa. Attirato dal titolo, e in particolar modo dalla parola scrittojo, proprio con quella vocale addolcita, tipica di Pirandello, nonostante arrivassi da poche ore di sonno, sono andato a vedere lo spettacolo di Roberto Gandini, convinto di assistere a una commedia disturbata da una comitiva di studenti scalmanati.
Gandini, prima di cominciare, ha espresso due concetti fondamentali ai giovani spettatori: «il teatro si fa in due», spiegando che, per apprezzare e godere della recita, si deve creare un rapporto tra palcoscenico e platea, e che questo lo si crea soltanto ponendo attenzione; e che la simbiosi delle emozioni, quando riesce, «diventa una festa». Poi ha detto, con voce naturale e non registrata, proprio per iniziare a creare un rapporto autentico col pubblico, che si sarebbero dovuti spegnere i cellulari (ovviamente erano quasi tutti tra le mani dei ragazzi) e infine ha augurato una buona visione. Ebbene, appena le luci di sala si sono abbassate, dando inizio alla rappresentazione, il silenzio, la compostezza, l’educazione e il rispetto sono diventati valori imprescindibili per tutti. Chi va a teatro ogni sera, o quasi, da anni, difficilmente riesce a godere di un comportamento simile da parte di un pubblico adulto. Grazie per questo raro esempio di civiltà a tutti i ragazzi che stamattina erano al teatro India, alle docenti e a Roberto Gandini che da più di un trentennio si occupa di teatro per i più giovani. Meriterebbe un riconoscimento particolare.
Lo scrittojo di Pirandello, è un lavoro teatrale composto con le parole del Maestro, ma che Pirandello non ha mai scritto. Tuttavia, l’idea è ottima. Nasce da una delle più famose novelle dello scrittore siciliano: La tragedia di un personaggio, germe di alcune opere ben più famose. Comincia così: «È mia vecchia abitudine dare udienza, ogni domenica mattina, ai personaggi delle mie future novelle. Cinque ore, dalle otto alle tredici…». Chi conosce la casa di Pirandello in via Bosio, nei pressi di Villa Torlonia, sulla Nomentana, immediatamente può individuare la scrivania, il tavolino con la macchina da scrivere, la poltrona, la libreria sul fondo. Io ho immediatamente collegato la vera scena della camera di Pirandello, rispetto a quella ideata da Gandini per il palco e mi sono subito immedesimato in uno di quei personaggi che sono stati introdotti da Fantasìa, come il Maestro chiama il suo maggiordomo Fantàsio. In attesa già c’erano la signora Perella (che poi è diventata la moglie in L’uomo, la bestia e la virtù); la Figliastra (quella ribelle ragazza dei Sei personaggi in cerca d’autore); il ragionier Belluca (protagonista della novella Il treno ha fischiato…); e il dottor Fileno (il filosofo sfortunato della Tragedia di un personaggio).
Facciamo ad intenderci. Lo spettacolo è costruito per un pubblico scolastico e prevede un linguaggio ludico, attento ai temi sensibili dei nostri ragazzi, e recensirlo alla maniera degli allestimenti canonici sarebbe un grave errore. Benché Roberto Gandini e Roberto Scarpetti abbiano fatto un lavoro pregevolissimo che potrebbe essere definito come uno studio giocoso (far teatro è sempre un gioco, deve esserlo) sullo scrittore siciliano. Uno studio che ci regala una precisa idea di come Luigi Pirandello, arrivava a confezionare le sue opere partendo dall’idea di un personaggio – dal suo intimo dramma – fino a comporre una storia (una novella) che spesso poi diventava una commedia.
Oltre alle opere citate, ciascun personaggio si è prestato anche – secondo le indicazioni di cotanto autore – ad affrontare anche altre possibilità d’essere. Così Fileno ha provato a dar vita ad Enrico IV, la Figliastra quindi è diventata la marchesa Matilde, e la Perella sua figlia Frida. Poi Pirandello ha mostrato la scena, secondo la sua idea, spiegando i risvolti storici ed emotivi della tragedia. Ha illustrato la differenza tra comicità e umorismo. Ha perfino elaborato il concetto delle tre chiavi che ciascuno di noi ha sulla fronte calandosi nei panni del suo Ciampa (Il berretto a sonagli). Un excursus pirandelliano, ovviamente incompleto, ma sagace e fascinoso e teneramente giocoso, e attento.
Foto: Antonietta Bello e Francesca Astrei (© Achille Le Pera)