24 maggio 2024

Le locandine: lettera aperta al Teatro di Roma

Roma, 24 maggio 2024

SALVIAMO LE LOCANDINE:
STORIA DEL TEATRO, IDENTITÀ DELL’ATTORE

Caro Presidente e caro Direttore,

        in occasione della conferenza stampa che annuncerà i cartelloni della prossima stagione delle sale che fanno parte dell’ente teatrale primario della città di Roma, mi preme portare a vostra conoscenza una piccola battaglia nella quale mi sono imbattuto personalmente e, fino a oggi, troppo solitariamente: quella che riguarda le locandine. Inutile ripetere che il teatro è un’arte che si scrive sull’acqua, o tutto al più sulla sabbia, e la locandina è storicamente considerata, al di là di qualche burocratico contratto e del prezioso archivio fotografico di Tommaso Le Pera, l’unico documento che attesti l’esistenza di uno spettacolo, dov’è specificato il luogo, il tempo delle recite, e gli attori e le maestranze che hanno partecipato all’opera. Da qualche anno, una pessima abitudine, che non saprei se attribuire a una cattiva educazione teatrale o a una superficiale inadempienza dei nostri teatri cittadini (e non solo), ha modificato il modo classico di nominare gli attori, raggruppandoli in uno sterile elenco privo di ogni elemento identificativo, privo cioè del corrispettivo ruolo che essi interpretano.

Non è il caso – chiarisco – dell’Argentina né delle altre sale gestite dal Teatro di Roma che continua, il più delle volte, ad associare a ogni interprete il nome del personaggio, cosicché chiunque può riconoscere, in quel determinato ruolo, il professionista che lo anima. Non pretendo certo di coinvolgere in maniera diretta un Teatro Nazionale in una vicenda che riguarda quasi tutte le sale (di gestione privata) grandi e piccole della Capitale, anche se temo che il problema possa essersi allargato all’Italia tutta. Confesso che non capisco perché mai nessun attore si sia ribellato o abbia portato alla ribalta questa nuova usanza che sembra essere un letale derivato dei titoli di testa o di coda di un film o di una trasmissione televisiva. Qualche improvvida mente potrà contestarmi che si tratta della stessa cosa: così come si usa fare per il grande o per il piccolo schermo si può fare anche per il teatro. Eh, no! Quelle son pellicole che restano, anzi che oggi, grazie a internet, sono quasi tutte a portata di clic, invece per gli spettacoli di palcoscenico non resta più nulla; e la storia è bruciata nel momento stesso in cui si chiude l’ultimo sipario.

Siccome la parola di molti attori popolari è sempre impegnata a portare avanti crociate che spesso riguardano altro e quasi mai la protezione della categoria, siccome le proteste degli attori meno famosi non suscitano clamori, siccome la mia voce solitaria non supererebbe la porta dell’ultimo camerino e nessuno mi ascolterebbe, mi rivolgo a voi che comunque rappresentate, per l’opinione pubblica, le cariche più alte del mondo del teatro della capitale, inteso come globale teatro cittadino e non solo come ente nazionale di uno stabile, affinché possiate essere voi i portavoce di questa – secondo me – fondamentale salvaguardia che ha quale scopi principali sia quello di restituire dignità al nome dell’attore (che, a causa della finzione scenica, vive davanti al pubblico sempre con un’identità differente, quella voluta dagli autori, magari addirittura straniere), sia quello di conservare un briciolo di storia degli spettacoli che passano per i nostri palcoscenici.

Portavoce significa rendere partecipi quelle autorità competenti, a cominciare dall’assessore Gotor, che ben conosce il valore storico di un evento (ma si potrebbe salire anche più in alto) che possano invitare tutte le sale teatrali di Roma a rispettare l’identità, e quindi la professionalità, dell’attore: non soltanto i grandi protagonisti come Leone Gala, Romolo Valli; Otello, Vittorio Gassman; Amleto, Giorgio Albertazzi ché naturalmente sappiamo chi furono; ma anche Ric che poi è diventato Umberto Orsini; anche quella cuoca che con Visconti era Ave Ninchi; anche quel Fred che si chiamava Gabriele Lavia. Insomma, la locandina è importante per scoprire le carriere degli attori, come sono cresciuti, chi sono diventati, da dove arrivano. Tutto questo si chiama storia del teatro ed è raccolta in una locandina (o una brochure) ben fatta.

Preso atto che la stampa dei programmi di sala è obbiettivamente diventata un salasso per le produzioni, visto che anche locandine se ne riproducono in poche copie, il discorso concreto si sposta sulle piccole brochure che vengono distribuite nel foyer. Quindi diamo per scontato che la locandina di una volta corrisponde all’odierna brochure. Giorni fa ho assistito a uno spettacolo dove i musicisti, in scena, erano nominati, appunto in brochure, accanto allo strumento che suonavano (quindi ciascuno era riconoscibile dalla platea); tutti poi potevano leggere ovviamente l’identità del costumista, dello scenografo, del datore luci, dell’assistente, ma gli attori erano elencati uno dopo l’altro seguendo un poco virtuoso elenco alfabetico. Allora bisogna pensare che sia un complotto contro gli attori che sono l’anima del teatro? Spero di no. E spero soprattutto di avervi sensibilizzato quanto basta per aiutare coloro senza i quali, lo sappiamo, il teatro non si può fare. Per loro, per quanto posso, mi batto.

Augurandovi buon lavoro,
con affetto vi saluto
Fausto Nicolini

Pour vous